di Lorenzo Di Biase
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10 giugno 1940, lunedì. Era un giorno di sole cocente con 31° a Milano e 26° a Roma.
Alle 15 gli altoparlanti posti agli angoli delle piazze iniziarono a funzionare:
«Stasera Benito Mussolini, alle ore 18, dal balcone di Palazzo Venezia, parlerà al popolo italiano». Era il richiamo all’Adunata Generale e tutto il popolo delle camicie nere doveva partecipare.
Questa era stata convocata solamente altre tre volte: in occasione dell’applicazione delle sanzioni all’Italia, per la conquista di Addis Abeba ed infine, per la dichiarazione dell’Impero.
Dopo le 16 la folla comincia a radunarsi nella piazza. Nel giro di poco tempo piazza Venezia si riempie all’inverosimile per ascoltare il Duce, figlio del fabbro di Predappio. Un numero impressionante di camicie nere invadeva l’enorme piazza che non riusciva a contenere tutti gli intervenuti, in prevalenza giovani fascisti, universitari del G.U.F., attivisti dei gruppi rionali fascisti e da militi. Tutti erano lì per ascoltare ed osannare il Duce per il quale rappresentava un vero successo, l’ennesimo! Alle 18 appena passate, il Duce vestito con l’uniforme di caporale d’onore della Milizia, appare sul balcone, ed appoggia le mani sul davanzale. Subito nella piazza scende il silenzio, tutti ammutoliscono all’istante ponendosi in posizione d’ascolto. La voce del Duce non si fece attendere e pronunciò il seguente discorso:
«Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria…l’ora delle decisioni irrevocabili…La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia».
L’urlo è incontenibile e prolungato. La folla, come in delirio, urla contenta il nome del Duce. Occorre diverso tempo affinché Mussolini possa proseguire il suo discorso ma oramai i giochi sono fatti e non sono ammessi rimorsi, rancori, tentennamenti o rimpianti. Il discorso del Duce prosegue per alcuni minuti per poi terminare così: “L’Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere! E vinceremo! Per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo.”
Infine, il richiamo agli italiani: “Popolo italiano! Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!” Gli ultimi applausi e la gente si ritirò ordinatamente.
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