di Gian Paolo Pusceddu
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“Indovinami, Indovino,
tu che leggi nel destino:
l’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà?”
“Trovo stampato nei miei libroni
che avrà di certo quattro stagioni,
dodici mesi, ciascuno al suo posto,
un Carnevale e un Ferragosto
e il giorno dopo del lunedì
sarà sempre un martedì.
Di più per ora scritto non trovo
nel destino dell’anno nuovo:
per il resto anche quest’anno
sarà come gli uomini lo faranno!” (Gianni Rodari)
Si conclude un anno che di certo non dimenticheremo. Un anno in cui tutti quanti ci siamo dovuti confrontare (e lo stiamo ancora facendo) con una pandemia globale che non molla la presa e ci sta cambiando la visione del futuro. Tutti ci chiediamo come sarà il 2021. Sono molte le rinunce che abbiamo fatto durante il 2020. Nella mappa delle previsioni economiche dell’Unione europea per il 2020 e il 2021 l’Italia è il paese colorato con maggiore intensità. Primato nefasto: secondo la Ue a fine anno l’Italia registrerà un calo del prodotto interno lordo dell’11,2%, un crollo verticale mai censito dalle statistiche dell’Istat e che annienta il precedente record del -6,6% del 2009. Allo schianto del 2020 seguirà un rimbalzo poco vivace nel 2021, quando si prevede una crescita del 6,1% con il prodotto interno lordo che resterà ben lontano dai valori del 2019. Insomma il paese è in ginocchio. E uscirne non sarà facile. Ma dobbiamo ripartire. Andare oltre le logiche contingenti e di pura emergenza, causata anche dal Covid. Per farlo occorre modificare gli obiettivi e le priorità dell’intervento pubblico, i parametri concreti in cui si sostanzia la partecipazione democratica, i contesti dell’attività imprenditoriale, le condizioni e le prospettive del lavoro. Serve una rivoluzione culturale, non per la cultura, ma della cultura. Partire cioè dalla diffusione della conoscenza e dei valori della nostra tradizione culturale e della nostra identità per superare il naufragio delle idee e delle risorse creative. Una rivoluzione che riconosca la centralità della persona come cittadino, lavoratore, imprenditore rispetto all’espropriazione causata dalla cattiva politica e dall’indifferenza.
Si tratta di un percorso coraggioso, lungo ma ineludibile per ritrovare i fondamenti di un programma di rilancio economico e di riequilibrio delle opportunità. Un percorso per ridare ai giovani, non solo ai talenti, e alle fasce sociali più deboli una prospettiva di realizzazione nella realtà sociale e produttiva.
La crisi ci spinge a resistere insieme ed è proprio di fronte a questo tracollo che dobbiamo essere forti, in primo luogo delle nostre convinzioni, in secondo luogo della nostra intelligenza e del nostro cuore, ma soprattutto facendo tesoro delle esperienze realizzate che ci indicano la via giusta da percorrere.
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