Attualità

24 febbraio, Cagliari in piazza per dire No alla guerra

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di Antonio Obinu
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È già passato un anno dall’inizio dello scoppio dall’invasione russa in Ucraina, una guerra combattuta con l’uso delle tecnologie più moderne ma sul terreno stragi, massacri e combattimenti corpo a corpo ci hanno portato indietro al secondo conflitto mondiale.

Le stime ufficiali secondo un conteggio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani (Ohchr), fonte la Stampa, parla di circa 7200 civili uccisi e 11.756 feriti. Si tratta di numeri tutti da confermare, così come i caduti in battaglia: 140 mila le perdite russe, circa 13 mila quelle ucraine. Sono purtroppo cifre approssimative non sempre verificabili che testimoniano, ammesso se ce ne sia ancora bisogno, la durezza di tutte le guerre a prescindere dalle tecnologie ed armi utilizzate.

Per gridare il loro No alla guerra, nello scorso fine settimana in tutta Italia migliaia di persone sono scese in piazza “insieme per la pace” allo scopo di stimolare i governi a fermare questa carneficina insensata. Il 24 febbraio a Cagliari in Piazza Costituzione/Ravot alcune centinaia di persone hanno manifestato contro la guerra; sono intervenuti: Fausto Durante, Segretario generale CGIL Sardegna; Fabrizio de Santis, ANPI Coordinamento Europe for Peace; Paolo Pisu, presidente della Tavola sarda della pace; esponenti di associazioni, movimenti e organizzazioni studentesche, i volontari di Emergency. Comun denominatore di tutti gli interventi la preoccupazione che questa escalation arrivi al punto di non ritorno con l’utilizzo di armi nucleari.

A margine della manifestazione abbiamo sentito il parere di Francesca D’Agostino della FLC CGIL di Cagliari.

Secondo lei in che modo questa guerra sta incidendo nella nostra vita di tutti i giorni?
«È una domanda importante che si dovrebbero porre soprattutto coloro che appoggiano questa guerra nei modi più svariati, senza curarsi delle gravi conseguenze per i loro popoli. Innanzitutto dobbiamo porci il problema della povertà che deriva dalle speculazioni che le grandi multinazionali operano sui beni indispensabili da cui traggono notevoli extraprofitti, depauperando le risorse dei lavoratori. Viviamo una situazione in cui anche chi ha un contratto a tempo indeterminato sperimenta una condizione di povertà ormai diffusa. A tutto ciò si aggiunge la paura, il senso di incertezza e di precarietà della propria vita. I sondaggi dicono che il popolo italiano ha manifestato da subito contrarietà alla guerra, intuendone uno sviluppo cruento e pericoloso per tutta l’Europa e il mondo, ma è ugualmente prevalsa l’idea che l’invio di armi in Ucraina, ovvero la cobelligeranza, fosse la soluzione “buona e giusta”. Le manifestazioni per la Pace che si stanno svolgendo in Italia ed in Europa proprio oggi, dimostrano ampiamente il volere del popolo italiano ed europeo».

Chi potrebbe svolgere un ruolo di mediatore tra russi e ucraini, costringendoli ad un tavolo di pace?
«
Fra le cause di questa guerra annoveriamo il capitalismo smodato che fonda la sua economia sull’investimento nell’industria delle armi; chiediamo all’Europa, parte in causa, di porre fine alle discussioni sulla produzione delle armi divenendo concretamente portatrice dei valori della pace, anche attraverso l’intermediazione fra i blocchi contrapposti. Questa guerra ha avuto inizio molto prima di un anno fa, ma l’Europa è stata cieca. Come sempre è in gioco l’ambizione del dominio economico e politico di due blocchi contrapposti. Se non ammettiamo questi fatti non ci sarà possibilità di costruire processi di intermediazione utili per porre fine a questo conflitto».

Quali sono i suoi timori maggiori se dovesse continuare ancora per mesi o anni il conflitto?

«L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, è un principio tuttora valido soprattutto perché la mentalità con cui si affronta questa guerra è vecchia, ma la situazione è completamente nuova. Le armi sviluppate sono potenti al punto da causare la distruzione della vita nel Pianeta senza realizzare vinti o vincitori ma consegnando la vittoria ai detentori di armi atomiche ed alle potenze finanziarie che governano il mercato. Tutti auspichiamo una evoluzione diversa, ma in ogni caso al termine del conflitto avremo solo macerie e rovine perché in guerra non esistono vinti e vincitori, ma si è sempre e solo tutti sconfitti».

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