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Carbonia Cultura

Addio a Modesto Melis, testimone dell’Olocausto

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Si è spento uno degli ultimi testimoni sopravvissuti alla terribile follia nazista. Modesto Melis, nato a Gairo l’11 aprile del 1920, per anni ha raccontato a studenti, associazioni e cittadini la sua esperienza trascorsa nel campo di concentramento austriaco di Mauthausen, dove è stato internato per un anno e mezzo come prigioniero politico, identificato con il triangolo rosso e barbaramente marchiato con il numero di matricola 82241. “Ero paracadutista, – raccontava –  ma sono stato arrestato a Firenze nel 1944. In seguito sono diventato un internato politico”.
Modesto Melis, partigiano e oppositore del regime fascista, in precedenza era riuscito a scappare, fino all’arresto all’età di 25 anni.  Tantissime sono le esperienze che ha raccontato Modesto Melis, anche nel gennaio del 2013 al liceo delle scienze umane e linguistico “Lussu” a San Gavino accompagnato da Andrea Piras, volontario dell’Auser di Carbonia.

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In questo lager nazista, l’ex prigioniero, che viveva a Carbonia, ha assistito a tante scene terribili che non potrà mai dimenticare.
L’impatto con il campo austriaco è stato terribile: “Ma—raccontava— mi sarebbe potuta andare peggio. Il mio compito era quello di montare le radio negli aerei, e il lavoro non era poi tanto difficile”. Le scene a cui ha assistito non potranno mai essere cancellate: “A una donna ebrea, un giorno, è stato strappato dalle braccia il bambino, che era molto piccolo, e scagliato con violenza sul reticolato percorso dall’elettricità. Ai prigionieri venivano staccati lembi di pelle tatuata, che venivano poi stirati ed esposti”. Al solo fatto di ricordare e rivivere quelle sensazioni nel suo volto scendono le  lacrime, segno che quello che ha passato non lo dimenticherà mai.  “Alle donne che aspettavano un bambino spesso — aveva raccontato con la voce rotta dall’emozione —veniva aperto il pancione prima della conclusione della gravidanza perché i soldati tedeschi facevano delle crudeli scommesse: volevano vedere se il nascituro era maschio o femmina”.

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La vita  di Modesto Melis è come quella di un film e viene raccontata a noi studenti senza veli o false morali. Una buona parte della sua esistenza  l’ha trascorsa nel Sulcis (viveva a Carbonia) dove ha lavorato nelle miniere, prima e dopo la seconda guerra mondiale. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si schiera con i partigiani. Viene arrestato nei primi mesi del 1944 e trasferito nel campo di concentramento di Mauthausen.
Prima della cattura era più volte sfuggito all’arresto. “Una volta – racconta – venni intercettato da due fascisti che mi fecero sedere sul sedile posteriore di una Balilla, dimenticandosi però di perquisirmi. Lungo il tragitto verso il comando nazista, in una strada deserta estrassi la pistola e sparai alla nuca ad entrambi; l’automobile si andò a bloccare su un muro, io scesi e frugai nelle loro tasche alla ricerca di soldi, trovai 140 lire che in quei tempi consentivano di mangiare per una settimana, poi scappai”.
A Gusen e Mauthausen, Modesto Melis assiste alle più atroci bestialità da parte degli aguzzini tedeschi. “Il figlio del comandante compì 15 anni – ricordava – e il padre, per regalo, gli mise in mano un mitra e gli fece fucilare alcuni prigionieri”. Rabbia che si accumula e si sfoga al momento della liberazione. Al ritorno in Italia l’attende una buona liquidazione come soldato e prigioniero di guerra. Dopo un breve periodo di riposo nella sua Gairo, torna a Carbonia e riprende il suo vecchio lavoro di minatore.
Negli ultimi anni, il signor Melis ha preso parte a diversi convegni e dibattiti, partecipati in maniera particolare dai giovani, per testimoniare la sua tragica esperienza.

Gian Luigi Pittau

RIPRODUZIONE RISERVATA
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