di Giovanni Angelo Pinna
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Agricoltori prossimi al licenziamento, senza possibilità di futuro se non reinventandosi un lavoro oppure garantendosi quella piccola nicchia di mercato limitata ai vicini di casa, senza comunque poter sperare di competere con altre realtà più importanti ed all’avanguardia, allevatori costretti a chiudere le aziende poiché la tecnologia non solo permette alle aziende più attente di competere meglio nel mercato ma anche di offrire un miglior prezzo abbattendo ed ottimizzando all’estremo i costi per arrivare al prodotto finale (la carne lavorata o il capo vivo).
Da generazione a generazione è stata tramandata l’arte di coltivare un orto o di allevare bestiame: piccolo o grande che fosse, i passaggi riguardano la cura del terreno, la semina, l’irrigazione, la raccolta e poi la vendita; poco differenti le regole da seguire per un buon allevatore. Ma questo è il passato ed il presente!
Il futuro non è roseo per gli addetti al settore agricolo e zootecnico: da quando si è iniziata a registrare una flessione negativa nella ricerca ed individuazione di braccianti da assumere, nella dura lotta alla concorrenza, anche causata dai prezzi sproporzionati derivanti dall’importazione in Italia di prodotti dall’estero senza controlli (a differenza di quelli innumerevoli ai quali agricoltori e allevatori italiani devono sottostare) e nell’innalzamento dei costi di produzione, le aziende hanno iniziato a cercare la migliore ancora di salvezza e, questa, è stata individuata anche per “l’arte della terra” nei robot.
Alla fine dello scorso anno, con la partecipazione delle principali aziende di produzione di tecnologie e robot legati alla raccolta di frutti nelle maggiori fiere, sono state presentate soluzioni, già attuabili passando così dalla fantascienza alla realtà, capaci non solo di raccogliere e cogliere la frutta una volta raggiunto il perfetto grado di maturazione per la vendita (cosa oggi impossibile anche per l’agricoltore più esperto) ma anche di seguire con estrema attenzione la salute della pianta così da ottimizzare la produzione e, in molti casi, aumentandone la capacità produttiva.
Anche qui il paragone, come per “i robot da pizzeria” di cui parlammo mesi addietro, è stato fatto rispetto alla manodopera classica: le differenze evidenziate? Una manodopera di vecchio stampo costa molto più per l’imprenditore, non lavora ininterrottamente come un robot, non è così precisa e “ha bisogno di ferie”. Per il settore agricolo, poi: non ama lavorare sotto il sole cocente preferendo lo sdraio al mare né con condizioni meteo avverse.
Un altro fattore che genera interesse è quello che riguarda l’abbattimento dei rischi per quanto concerne la sicurezza sul lavoro, specialmente con capi allevati di una certa stazza e con attività quotidiane stressanti per il lavoratore, sia fisicamente che psicologicamente poiché ripetitive.
Non si parla più di zappa, carriola, forconi, forbici da potare, sacchi, cassette e tanta buona volontà: siamo già nell’era dell’agricoltura 4.0
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