di Maurizio Onidi
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Ancora un importante riconoscimento per Valentina Vacca, astrofisica arburese, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Cagliari, che il 2 ottobre nell’Osservatorio astrofisico di Arcetri è stata dichiarata vincitrice della seconda edizione del Premio Gianni Tofani per giovani ricercatrici e ricercatori. La giovane astrofisica si è aggiudicata l’importante riconoscimento con il progetto “Defrost: Detecting Excess in Faraday Rotation thrOugh Sofisticated analysis Techniques”.
«Il progetto si basa sull’interpretazione delle misure prodotte con lo Square Kilometre Array e i suoi precursori, al fine di fare luce su come i campi magnetici cosmologici si siano formati ed evoluti» dichiara Valentina Vacca che con molta soddisfazione precisa «Provo ancora tanta emozione e sono molto onorata di questo premio dedicato alla memoria di una figura di grande spessore dell’Istituto nazionale di Astrofisica e dell’astronomia internazionale, scomparso prematuramente nel 2015».
Valentina Vacca ha già al suo attivo diverse scoperte come quella dello scorso anno condotto con i suoi colleghi ricercatori Federica Govoni e Matteo Murgia dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, con lo studio per ampliare la conoscenza sull’origine e l’evoluzione del magnetismo cosmico che ha rivelato per la prima volta un segnale polarizzato nel gas intergalattico dell’ammasso di galassie Abel 523 che si estende su scale mai osservate prima, circa ottanta volte la dimensione della Via Lattea.
«Molte delle galassie che popolano il nostro Universo si presentano in gruppi che includono fino a centinaia o persino migliaia di galassie e che prendono il nome di ammassi» dichiarava l’astrofisica al nostro giornale in occasione della scoperta «Gli ammassi di galassie sono gli oggetti più grandi nell’Universo ad essere legati dalla forza di gravità e le loro proprietà fisiche possono essere investigate grazie ad osservazioni a diverse lunghezze d’onda, tra cui quelle ottiche X e radio. Le onde radio rivelano talvolta che esistono, fra le galassie dell’ammasso, un debole campo magnetico e un gas di particelle che si muovono con velocità prossime a quella della luce. Lo studio di questo campo magnetico è estremamente importante nel panorama internazionale della ricerca radioastronomica, in quanto ci può dare informazioni sulla storia dei campi magnetici osservati su larga scala nell’Universo, di cui ancora poco sappiamo. Per questa ragione, il suo studio costituisce uno degli obiettivi scientifici chiave degli odierni strumenti. Se il campo magnetico dell’ammasso è ordinato su scale molto estese, osserviamo anche un’emissione cosiddetta polarizzata, estremamente utile per ampliare la nostra conoscenza sull’origine e l’evoluzione del magnetismo cosmico in quanto riflette le proprietà del campo magnetico stesso. Con l’obiettivo di studiare il campo magnetico, io ed alcuni colleghi dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, Federica Govoni e Matteo Murgia, abbiamo deciso di osservare l’ammasso di galassie denominato Abell 523. Si tratta di un ammasso di galassie invisibile a occhio nudo che si trova a circa 1,6 miliardi di anni luce dal Sistema solare ed è situato in cielo tra la costellazione di Orione e quella del Toro. Avevamo già osservato questo ammasso in passato con il Sardinia Radio Telescope (SRT). Di recente abbiamo deciso di osservarlo anche con il Jansky Very Large Array (VLA), una rete di radiotelescopi costruita nel New Mexico, USA, che ho avuto il piacere di visitare un paio di volte. Sorprendentemente, queste osservazioni hanno rivelato la presenza in questo ammasso di un’emissione polarizzata con un’estensione complessiva pari a ben 80 galassie come la Via Lattea, cioè circa 8 milioni di anni luce. Un’emissione di questo tipo così estesa non era mai stata osservata prima. Questa scoperta ha dato luogo ad una pubblicazione che ha coinvolto oltre che l’Istituto Nazionale di Astrofisica, ente per cui lavoro, anche numerose università italiane ed enti di ricerca internazionali».
A cosa sta lavorando?
«Ancora ricerche per capire meglio il funzionamento e la determinazione delle proprietà dei campi magnetici nella struttura su larga scala dell’universo, con l’obiettivo di conoscere come si sono formati ed evoluti. Questa è una dei più grandi interrogativi della radioastronomia»
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