di Dario Frau
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Il 17 febbraio di settantanove anni fa avvenne il bombardamento aereo americano a Gonnosfanadiga, tra le circa 120 vittime, moriva, colpita dalle schegge di una bomba, Evangela Serpi di Pabillonis.
Aveva 17 anni.

Per motivi di lavoro, come domestica, si trovava nella casa della famiglia di Ludovico Marras.
L’incursione dei bimotori B 25 Mitchell con il carico di bombe e spezzoni la sorprese, insieme alle altre vittime innocenti, nel pomeriggio di una splendida giornata di sole mentre era intenta ai lavori domestici.
Il fatto tragico colpì la famiglia (la mamma Maria Salis, il padre Severino e i fratelli Giovanni e Fiorenzo) e commosse il paese.
Anche Pabillonis, nello stesso giorno, subì a sua volta, un bombardamento nei pressi del cimitero (gli americani pensavano che dentro ci fosse una base militare tedesca) dove fu colpito a morte, un giovane che lavorava nei campi: Antonio Orgiu di 20 anni.
Gravemente ferito fu caricato su di un carro trainato da un cavallo e alcuni contadini lo portarono in paese, poi nell’ospedale di Santa Mariaquas a Sardara, e dopo, essendo assai grave, fu trasferito a Oristano, dove morì perché aveva perso molto sangue.

Si salvò, invece, benché ferito, Ignazio Melis, che per primo soccorse Antonio Orgiu.
Gli abitanti di Pabillonis conobbero in modo diretto cosa significava la guerra: ogni rombo d’aereo incuteva paura e terrore.
Per questo motivo, in paese, vennero predisposti diversi rifugi antiaereo, la maggior parte improvvisati con buche scavate nel terreno e ricoperti da tronchi, tavole di legno, canne e frasche, altri, chi aveva la disponibilità, con struttura più resistente, anche in cemento armato.
Tra questi, venne scoperto alcuni anni fa, il rifugio sotterraneo, (utilizzato nella seconda guerra mondiale), durante dei lavori edili, nel cortile di Francesco Troncia, un macellaio del paese. l commerciante che aveva acquistato l’area, comprendeva anche una casa nobiliare confinante con il palazzo dell’ex municipio realizzato ai primi del ‘900, ed era appartenuta nel passato, alla nobile famiglia dei Diana di Masullas.
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