di Albertina Piras
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L’articolo che segue nasce dall’incontro tra la visione acuta e dettagliata di un critico d’arte, il professor Giuseppe Marras, e l’affetto sincero di una persona che ha avuto il privilegio di conoscere personalmente Bruno Garau. La riflessione di Marras, che ha analizzato profondamente l’evoluzione stilistica e la ricchezza emotiva delle sue opere, si intreccia con l’esperienza diretta di chi ha avuto modo di apprezzare l’artista non solo attraverso i suoi quadri, ma anche nel suo spirito poliedrico e generoso.

Bruno Garau è stato un artista che ha saputo cogliere le sfumature più intime della vita quotidiana e della natura, restituendo attraverso i suoi lavori un’immagine di profondità, ma anche di luce, di silenzio e di calore umano. Le sue opere pittoriche non sono semplicemente rappresentazioni visive, ma veri e propri veicoli di emozioni, di storie che parlano al cuore, di una continua ricerca dell’essenza delle cose. È attraverso i colori, le pennellate, l’uso della luce e del vuoto che Bruno ha creato una poetica visiva che coinvolge non solo l’occhio dell’osservatore, ma anche la sua anima.
Ma ciò che lo distingueva, oltre alla sua incredibile sensibilità, era la capacità di unire diversi linguaggi e forme artistiche. Non si è limitato a dipingere, ma ha fatto di più: ha portato la musica dentro le sue opere. Con la sua chitarra e le sue doti poetiche, ha contribuito a costruire una forma di espressione artistica che affiancava la pittura a performance di grande valore emozionale.
Nell’ultimo periodo della sua vita, Bruno Garau ha condiviso, con i suoi amici di Villamar, non solo la sua attività artistica, ma anche momenti di convivialità e incontro.
La sua partecipazione è stata fondamentale nelle rassegne dedicate a Ersilia Caddeo alla quale ha dedicato i suoi “mutos de amore “, e alla drammatizzazione di testi della tradizione popolare, come “ Sa canzoni de su cantadori “ mostrando un coinvolgimento che andava oltre la sua arte visiva, arricchendo ogni evento con il suo spirito creativo e la sua passione per la cultura locale.
In un gruppo di artisti che si è spesso caratterizzato per la sua eterogeneità, Bruno si è rivelato una figura di grande coesione, in grado di valorizzare le specificità di ciascuno. La sua capacità di lasciare spazio agli altri, di dare spazio alle idee senza prevaricare, era un tratto distintivo della sua personalità. Come una guida discreta, Bruno sapeva esaltare le potenzialità degli altri, riconoscendo nei loro lavori una bellezza che andava oltre il convenzionale, capace di muovere emozioni profonde e di scoprire, nelle pieghe di ogni creazione, una verità universale.
Il critico d’arte Giuseppe Marras ha saputo cogliere e restituire queste sfumature più sottili del lavoro di Bruno. La sua analisi, oltre a esaminare le caratteristiche stilistiche e tecniche della sua pittura, ha sottolineato anche la capacità dell’artista di fondere tradizione e innovazione. Nonostante l’evoluzione che ha caratterizzato la sua carriera, Garau è sempre riuscito a mantenere un legame indissolubile con le radici della cultura sarda, con Sardara soprattutto, pur aprendosi a nuove forme di espressione, che lo hanno portato a sperimentare con materiali diversi e tecniche sempre più moderne, come l’acrilico. Tuttavia, è proprio nella sintesi tra il passato e il presente che l’arte di Bruno ha trovato la sua autentica dimensione. La sua pittura si è sempre mantenuta viva, fluida, capace di cambiare senza mai perdere la propria identità.
Quando il professor Marras parla delle opere di Bruno, si fa riferimento non solo alla qualità tecnica e compositiva, ma anche all’intensità emotiva che esse trasmettono. La sua pittura, che spesso richiama temi della natura e della vita quotidiana, ha una forte componente simbolica che si arricchisce di significati profondi. Ogni paesaggio, ogni figura, ogni dettaglio racchiude in sé un significato più ampio, che trascende la semplice rappresentazione visiva. E non è un caso che molte delle sue opere rimandano a una riflessione sull’uomo, sul passaggio del tempo e sull’immobilità della natura, come se Bruno riuscisse a percepire l’eterna interconnessione tra l’uomo e il paesaggio, tra l’umano e il divino.
Uno degli aspetti più affascinanti della sua produzione è proprio la capacità di evocare sensazioni di solitudine, ma al tempo stesso di serenità, come si può vedere in opere come quella che ritrae il lago Is Barrocus. Qui, Garau riesce a catturare la quiete di un paesaggio che diventa metafora di un tempo sospeso, lontano dalle frenesie della vita quotidiana, in cui l’uomo è solo spettatore di un mondo che continua a vivere senza di lui. La chiesa di San Sebastiano, solitaria e ruderale, diventa simbolo di questa permanenza, di questa resistenza del tempo, che rimane immutato nonostante il passaggio degli anni. La pittura di Bruno, in questo senso, è un invito a riflettere sulla nostra esistenza, sulla transitorietà del nostro passaggio sulla terra e sulla costante bellezza che ci circonda, sempre presente e sempre mutevole.
Il suo approccio all’arte, che mescolava simbolismo, naturalismo e una forte componente di introspezione, ha lasciato un’impronta indelebile nelle comunità artistiche che ha frequentato. La sua pittura non è mai stata autoreferenziale, ma sempre in dialogo con il mondo che lo circondava, capace di fare propri gli spazi naturali e urbani, trasformandoli in immagini che parlano al cuore dell’uomo. La serenità che traspare dalle sue opere è quella di chi ha saputo vivere in sintonia con l’ambiente, di chi ha guardato il mondo con occhi curiosi e aperti, di chi ha saputo apprezzare ogni dettaglio, ogni angolo, ogni raggio di luce.
Per chi come me ha avuto il privilegio di conoscerlo, la sua pittura è diventata un’occasione per riscoprire l’animo di un uomo che, con grande discrezione e umiltà, ha sempre saputo arricchire le vite di chi gli stava intorno. Bruno non si è mai limitato a essere un artista, ma è stato anche un compagno di viaggio, un amico che sapeva donare sorrisi, parole di conforto, e una genuina attenzione per gli altri. Le sue tele raccontano questo, raccontano l’uomo che ha vissuto con passione e senza paura, e che attraverso la sua arte ha voluto lasciare una traccia di sé nel mondo, una traccia che continua a vivere nelle sue opere, pronte a parlare ancora una volta a chi sa ascoltare.
Dopo la morte di Bruno Garau, Serenella Sanna ha voluto rendergli omaggio raccogliendo le sue opere in un catalogo che testimonia l’intero percorso creativo. Con questo gesto non solo ha preservato la memoria del suo straordinario talento, ma ha anche celebrato l’eredità di Bruno, offrendo a tutti l’opportunità di continuare a scoprire e ad apprezzare la sua arte e la sua visione. Con profonda cura e dedizione, Serenella ha portato avanti questo progetto, confermando il legame speciale che univa Bruno non solo a lei, ma anche ai suoi amici e alla sua arte.
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