di Marcello Atzeni
foto di Antonello Origa
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Nei giorni scorsi al Teatro Massimo di Cagliari, è andato in scena lo spettacolo “Casa di bambola”, uno dei testi più noti della drammaturgia europea. Henrik Ibsen, norvegese, scrisse il suo capolavoro quasi un secolo e mezzo fa. Un lavoro che visto da una certa angolatura occhieggia al movimento femminista. Pensava e scriveva dalla parte delle donne? Certo è che le donne escono da quella casa vincenti e anche incomprese. Gli uomini appaiono più materialisti e anche meno uniti fra loro. Ed escono sconfitti.
Il testo: Nora (Mia Rubini) è sposata con Torvald (Maurizio Mezzorani). Quando il marito si ammala, lei, chiede un prestito a Krogstad. E che ottiene, verosimilmente, per aver abitato il letto dello stesso Krogstad. Passano gli anni. Torvald, guarito, diviene direttore di banca. Una notizia che riempie di gioia i giovani coniugi. Ma nella casa di bambola piomba Krogstad, ricordando a Nora quanto gli deve e ricattandola: ha scoperto che la firma per avallare il prestito fu messa da lei. E non da suo padre, già defunto. Krogstad in odore di licenziamento, è bancario nella commerciale diretta da Torvald, ha in mano un’arma formidabile. Nora riceve la visita di Kristine Linde (Valentina Sulas), giovane vedova, senza un dollaro e senza un futuro. Farà assumere Linde nella banca di Torvald. Krogstad sa dell’assunzione, ripiomba da Nora e la minaccia. A cascata: Torvald licenzia Krogstad mandandogli una lettera tramite la cameriera Elly (Chiara Basso). Krogstad, furente, mette nella cassetta dei coniugi Torvald e Nora Helmer, una lettera dove racconta tutta la storia. Torvald aggredisce verbalmente Nora: meglio che non si occupi più dell’educazione dei loro figli. Ma c’è un’altra lettera in arrivo, sempre di Krogstad: rinuncia a ogni pretesa. Che è successo? “Semplice”, la vedova Kristine Linde, che fu sua amante, ora vedova, scaccia i dissidi dei tempi che furono: Linde, con il suo stipendio, procuratole dall’amica Nora, riabbraccia il suo vecchio amore, vedovo, e con il suo stipendio le offre solidità economica, di diventare sua moglie e madre dei figli di lui. Torvald, in un baleno, cambia umore e chiede scusa alla bambola. Già, Nora è sempre stata una bambola, prima in casa di suo padre, poi in casa del marito. Nora, va via, verso l’incerto destino, abbandonando una favola triste, scritta da altri.
Mia Rubini è una splendida bambola, che biondeggia tra le tavole del Massimo di Cagliari: donna bellissima, apparentemente stupidotta, in realtà pratica, intelligente e innamorata. Tanto da esporsi in tutti i modi per salvare il marito malato, che però, non recepisce appieno. La stessa Rubini, assieme a Cirina, cura l’adattamento del dramma ibseniano. Non corone, ma dollari, non 1800 ma 1950, non radio, ma un televisore enorme che fa da fondale e sul quale galoppano gli spot americani :orfani e vedovi di colori.
Nora/ Rubini fa coppia sul palco con Torvald/ Mezzorani. La partenza è diesel, poi si entra a pieno regime. Le note di Nat King Cole e di altri celebri cantanti d’oltreoceano, conferiscono all’opera un retrogusto quasi da Tennessee Williams. La Rubini e Mezzorani sono credibili e funzionali. Come lo sono anche Krogstad/ Cirina, una sorta di Uncle Scruggle e Linde/Sulas, aristocratica nell’incedere e dignitosa nella sua smisurata sfortuna. “Casa di bambola” funziona. Il pubblico gradisce non poco. Tra gli interpreti, anche Maria Grazia Bodio, un Anne Marie rasserenante e Antonio Siotto Pintor, Rank che regala finestre di finezza. Sul palco anche Ludovica ed Elia Tupputi, i figli dei coniugi Helmer nella finzione e di Mia Rubini nella vita. E un piccolo ruolo per Chiara Basso ( Elly), che completa con eleganza il cast. “Casa di bambola” è una produzione di Teatro Barbaro e Mia Lab. Importanti le collaborazioni della Cedac, dei Lions di Cagliari e dell’ente lirico.
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