Nel teatro di Santa Eulalia è stato presentato il progetto “Io, Tu” organizzato dallo SPRAR (Sistema Per Richiedenti Asilo e Rifugiati) San Fulgenzio di Quartu Sant’Elena e patrocinato dalla fondazione Caritas San Saturino, sezione della Caritas diocesana di Cagliari.
Sono intervenuti don Marco Lai responsabile della Caritas Diocesana, Stefano Delunas sindaco di Quartu Sant’Elena, Stefania Russo coordinatrice dello SPRAR di Quartu Sant’Elena; e il regista Karim Galici coordinatore dello spettacolo teatrale “Io, Tu”. «La Sardegna deve recuperare la sua centralità nel mediterraneo per ricostruire un luogo d’incontro», ha detto don Marco Lai. «In questo progetto sono stati accolti 28 ragazzi africani, richiedenti asilo nella nostra terra per avere un futuro migliore. Ecco il senso del progetto “Io, Tu” togliere quelle barriere che dividono facendo si che i popoli si possano integrare l’un con l’altro, rimettendo al centro la persona umana».
Un importante tappa di questo progetto sarà lo spettacolo teatrale “Io, Tu”, curato dal regista Karim Galici,.che si terrà a giugno.
Quale tema ha scelto per lo spettacolo?
Il tema, come ha già rilevato da don Marco, è quello dell’inclusione, ma nel mio spettacolo ho voluto evidenziare questo tema attraverso le emozioni. Infatti lo spettacolo verterà principalmente sulle emozioni, sui quei segni convenzionali comuni a tutti, come il gioco, il pianto, il ridere, il toccarsi.
Essendo ragazzi di diversi paesi dell’Africa e dell’Asia come siete riusciti a interagire e parlare con loro?
Agli inizi non è stato facile creare interazione tra ragazzi che parlano lingue diverse e vengono da posti molto diversi dell’Africa e dell’Asia. Abbiamo iniziato con la scrittura creativa cercando di tirar fuori ricordi d’infanzia che in alcuni casi erano stati quasi rimossi a causa di traumi recenti. Ho utilizzato anche la tecnica del “sogno guidato” per tirare fuori emozioni che a volte cercano di nascondere per paura di perdere le proprie difese. La lingua che poteva sembrare inizialmente il problema principale non è stato un ostacolo insormontabile anche grazie al supporto di Nicoletta che traduceva in due lingue tutto quello che veniva detto, come sono stati di grande supporto Ivano, Yasmina e Annabelle in quanto avevano già sviluppato un rapporto con i ragazzi.
Secondo lei il teatro è stata l’arma vincente nei rapporti tra i ragazzi?
L’atto teatrale serve proprio a questo. Attraverso esercizi di grande fiducia io mi son fidato di loro e loro di me creandosi un rapporto molto forte di collaborazione reciproca e di amicizia che credo durerà nel tempo.
Ci può raccontare il “dietro le quinte”?
Nel retroscena è stato un continuo dare stimoli per la riuscita di questo primo step. Sono felice che più passava il tempo e più i ragazzi provavano a stimolare e aiutare quelli che erano rimasti indietro.
Quali saranno gli sviluppi futuri che porteranno i ragazzi allo spettacolo di giugno?
Approfondiremo le loro storie insieme alle tecniche teatrali per poterle raccontare al meglio. Attraverso un percorso multidisciplinare riusciranno a ricreare anche attraverso la scenografia e i costumi dei “mondi” che possano rappresentare le loro vite e inevitabilmente le loro culture.
Un’ultima curiosità, il video proiettato con i canti tipici africani da chi è stato realizzato?
Da Valentino Nioi con materiale ricercato nel web anche insieme ai ragazzi migranti. Abbiamo costituito un gruppo what’s App per permettere ai ragazzi di allestire video e immagini dei loro paesi.
Claudio Castaldi
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