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ATTUALITÀ

Corsi e ricorsi della nostra società, dall’analfabetismo funzionale a quello digitale e informatico

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di Francesco Diana
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Francesco Diana

 Come i più anziani ricorderanno, ancora intorno agli anni 50’ in Italia, come si può rilevare dai dati ISTAT, il grado di analfabetismo totale della popolazione residente raggiungeva ancora la percentuale del 12,90%, con maggiore incidenza per le donne (15,20%) rispetto agli uomini (10,50%). Ancora più grave la situazione in Sardegna, dove la percentuale degli analfabeti era di circa il 22%. Se poi a questi si sommavano gli alfabeti dichiarati ma privi del titolo di studio (coloro i quali sapevano leggere e scrivere anche se stentatamente), la percentuale saliva addirittura al 49,37%. Circa il 50% della popolazione, quindi, si trovava in una situazione definita come “analfabetismo funzionale”. Tale definizione, secondo l’Unesco, identifica «la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità» Tale premessa ci consente di capire meglio la posizione di “sudditanza psicologica” vissuta da gran parte della popolazione dell’epoca nei confronti dei cosi definiti “letterati”, scaturita poi, anche per ragioni di natura politica, in azioni di rivalsa da parte delle generazioni successive nei confronti degli incolpevoli intermediari dell’epoca.

Era l’epoca in cui, analfabeti e alfabeti privi del titolo di studio, dovevano necessariamente rivolgersi ai “letterati di turno”, non solo per leggere le missive a loro dirette, ma soprattutto per comprenderne i contenuti, specie se provenienti dalla pubblica amministrazione. Era l’epoca in cui, con la classica premessa di rito: “mi fais sa caridàdi”, era chiesto al letterato il favore di leggere la missiva del figlio emigrato o militare o, ancora di più, d’interpretare il senso della missiva proveniente dalla pubblica amministrazione. Mentre la lettura della lettera del congiunto poteva essere affidata a un amico alfabeta, quella di stampo commerciale proveniente dalla pubblica amministrazione non poteva che essere affidata al “letterato” di turno, compensato con un sentito “grazie”, spesso associato a un dono in natura (carne, frutta, formaggio o altro) o a eventuali prestazioni manuali di varia natura. La successiva risposta, qualora richiesta, risultava essere in genere espressione della mediazione fra il parere del “letterato” e le intenzioni dell’interessato. Caratteristiche anche le richieste riguardanti l’invio di solleciti vari o diktat di circostanza ai quali, fedeli al principio “verba volant scripta manet”, veniva assegnato grande valore: “mi faìdi una pùnta dé billèttu a su tali, aìcci impàrada!”.

Abbastanza interessanti erano i primi “approcci” indiretti fra gli innamorati dell’epoca, affidati in genere alle esternazioni segrete contenute in una fitta corrispondenza bilaterale che, benché prodotta direttamente da ciascuna delle parti, poteva in ogni caso prescindere dalla necessaria consulenza di un “letterato” fidato, per impreziosirla con frasi particolarmente romantiche capaci di intenerire il cuore del destinatario. In molti casi, allo scopo di prevenire eventuali pettegolezzi di quartiere, la corrispondenza veniva da entrambi indirizzata ad amici fidati che, di seguito, provvedevano a recapitarla manualmente agli interessati.

Particolarmente traumatica era, in caso di malaugurata interruzione del rapporto, la reciproca restituzione della corrispondenza.

Col trascorrere degli anni e con l’evento del boom economico, anche il livello culturale della popolazione crebbe enormemente, grazie soprattutto alle incentivazioni messe in atto dalla politica nazionale per consentire a tutti libero accesso all’istruzione, eliminando il gap esistente fra le diverse classi sociali.

Ciò ha portato a una generale elevazione del livello culturale della popolazione, anche se ciò ha portato in molti casi a un’inconsueta azione di rivalsa politico-sociale delle giovani generazioni nei confronti delle élite dell’epoca, rea di aver gestito a proprio favore la subalternità culturale delle classi sociali meno abbienti. La conseguenza di tutto ciò ha portato, in molti casi, a presuntuosi atteggiamenti di superiorità intellettuale nei confronti del proprio simile ma, incomprensibilmente, a un’inconscia subalternità nei confronti del potere politico.

Oggi, con il conseguimento di soddisfacenti livelli eguaglianza socio-culturale, che peraltro risultano ancora inferiori rispetto a quelli raggiunti in molte altre nazioni d’Europa e del mondo, ci troveremo ancora a operare in condizioni di assoluta disuguaglianza a causa delle repentine mutazioni che il dopo Covid imporrà.

Ancora non siamo in grado di prevedere nel concreto il futuro che ci aspetta ma, certamente, siamo finora in grado di ipotizzare che la via maestra sarà quella della progressiva e totale informatizzazione dei servizi pubblici, compresa la telemedicina.

L’evoluzione dettata dagli eventi, sarà abbastanza veloce da creare le medesime situazioni di sudditanza operativa descritte in riferimento all’analfabetismo degli anni 50’.

Superata la fase di analfabetismo funzionale, ci troveremo a dover operare, all’improvviso, in condizioni di analfabetismo informatico e digitale, intendendo per analfabetismo informatico l’incapacità delle persone di operare mediante un computer, di leggere, scrivere e valutare criticamente informazioni reperite su Internet. Tale grado di analfabetismo, se escludiamo quello digitale, dominio assoluto delle giovani leve fin dagli albori della vita, condurrà inevitabilmente a situazioni di subalternità ben più marcate di quelle originate a suo tempo dall’analfabetismo culturale. Lasciando ai bravi specialisti l’onere di predisporre i relativi programmi (fortunatamente ne abbiamo parecchi), non sarà altrettanto facile operare all’interno di detti programmi, anche per chi dispone di una discreta conoscenza del linguaggio. Certamente i giovani saranno quelli che, prima degli anziani, riusciranno a operare con una certa facilità; ma quanti, per età ed esperienza, saranno in grado di assicurare sufficienti condizioni di “alfabetismo informatico e funzionale”?

L’urgenza di adottare l’informatizzazione dei servizi imposta dal dopo Covid, determinerà ancora una volta una sorta di subalternità, non solo fra il cittadino medio e gli operatori informatici, ma soprattutto fra l’informatico stesso e i superiori livelli funzionali, sia pubblici sia privati.

Quale sarà il corretto rapporto? Certamente non ci sarà più l’esortazione nostrana di “mi fàisi sa caridàdi”, che potrà eventualmente riemergere nel rapporto fra privati, ma la rigorosa applicazione di norme e il rispetto dei rispettivi ruoli, che garantiscano la rigorosa tutela della privacy.

Quale sarà il supporto del quale potrà godere il cittadino medio nell’immediato, in attesa che le nuove generazioni assurgano a posizioni funzionali e dirigenziali adeguate?

La speranza è che non sia sempre lui, a dover subire le conseguenze di questa nuova forma di alfabetismo informatico e funzionale, venendosi a trovarsi, ancora una volta, in condizioni di subalternità nei confronti dell’Informatico di turno o della struttura di supporto, all’uopo preposta dal Governo in carica.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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