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L'ISOLA IN CUCINA

Culurgiones de patatas e menta a su pibioni

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di Roberto Loddi
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“Storia e influenza sociale della patata”: è il titolo del libro stampato alcuni decenni fa dalla tipografia dell’università di Cambridge. Un’affascinante e coinvolgente storia ricca di lotte e drammatiche storie a dimostrazione dell’importanza vitale della patata. I primi a coltivare la patata pare siano stati gli Incas in Perù, i quali le stivavano insieme a enormi quantitativi d’oro sui galeoni spagnoli di Bizzarro che facevano rientro in patria. Questa è la narrazione sull’introduzione della patata sul fronte spagnolo, mentre gli inglesi da parte loro propongono una genesi molto differente. Questi infatti sostengono che gli spagnoli snobbarono il tubero considerandolo poco convincente in cucina, mentre secondo gli inglesi a causa del drammatico naufragio dell’invincibile Armada, per mano del comandante Francis Drake nel mare d’Irlanda, gli spagnoli scoprirono le virtù del prezioso tubero che risolse i non pochi problemi di carestia che all’epoca erano molto frequenti.
Anche i tedeschi sono d’accordo con la versione degli inglesi, lo testimonia il fatto che nel 1853 a Offenburg nel Baden eressero una statua dedicata appunto a Drake, con una dedica che riportava: “milioni di persone che lavorano la terra benedicono la sua immortale memoria”. Peccato che i nazisti nella seconda guerra mondiale abbiano distrutto la statua. Ma tra storia e leggenda emerge sempre una verità e quella più attendibile pare sia quella dei francesi, che in merito alla diffusione e all’uso della patata possono sicuramente vantare autorevoli primati. Infatti ai tempi di Luigi XVI la patata da subito non aveva riscontrato simpatia presso i gourmet più rinomati. Ma… l’agronomo e farmacista militare Antoine Augustin Parmentier, che veniva da una lunga prigionia in Westfalia durante la quale si cibò per tutta la sua permanenza con le patate, finì per scoprire i pregi e le virtù di questo straordinario ortaggio. Cercò da subito di divulgarne ai francesi le meravigliose caratteristiche dietetiche, trovando anche i consensi del Re e del filosofo Voltaire. Però, per convincere il popolo, Parmentier dovette escogitare una singolare trovata: i campi coltivati a patate furono presidiati a vista da un numero incalcolabile di guardie, precauzione messa in atto soltanto di giorno, mentre di notte i campi rimanevano totalmente incustoditi, dando alle canaglie l’opportunità di rubare i tuberi, pensando ad un bottino estremamente prezioso che poi rivendevano a prezzi naturalmente disonesti. Il farmacista per diffondere poi l’uso del tubero anche presso famiglie più agiate omaggiò mazzi di fiori di patate al Re, e alle signore che li usavano per adornare i cappelli. L’era della patata era iniziata, avviando un lungo e fortunato destino.
Da fonti attendibili pare che in Italia a diffonderla sia stato Alessandro Volta a seguito di un viaggio in Francia nel 1777.
Numerose sono le varietà di patate che si distinguono dal colore, della buccia e dalla polpa. Per esempio in Sardegna, già dalla fine del settecento, primi ottocento iniziarono le coltivazioni di patate, anche se in all’inizio ci furono titubanze, in quanto i contadini non conoscendo l’ortaggio, lo guardavano con sospettosa diffidenza. Oggi la Sardegna vanta importanti varietà e produzioni, a partire da quelle coltivate sugli altipiani del nuorese, conosciute come “patate di montagna”, che grazie al clima mite e temperato offrono un prodotto fresco reperibile sui mercati dell’Isola tutto l’anno.  Non da meno sono quelle dei territori del Gavoese, chiamate “tonde di Gavoi”, quelle di Fonni, di Ovodda e Sadali, quelle del Medio Campidano, dette “pataiò”. Importanti coltivazioni si trovano anche nei territori di Quartu Sant’Elena, nella pianura di Arborea e Valledoria, centro agricolo e turistico in provincia di Sassari, mentre nelle campagne di Scano Montiferro si producono le cultivar viola, una qualità di patata molto antica, che regala profumi e sapori in unici.
A San Gavino Monreale, centro del Medio Campidano, conosciuto come “la città dell’oro rosso di Sardegna”, per la sua importante produzione di Zafferano, tzaffanau, a cui è stato riconosciuto il Presidio Slow Food, si trovano le cultivar di patate da semina “spunta di Brunico” e “desirèe”.
La patata è un alimento energetico, ricco di amidi e di potassio, nutriente e di facile digestione. Prima di cucinarle è bene distinguere quelle vecchie da quelle nuove. Le prime si riconoscono dall’aspetto più polveroso e sono indicate nelle preparazioni di purè e gnocchi, le seconde si riconoscono dalla buccia più umida e sottile e sono consigliate per essere fritte o arrostite. Oltre alle preparazioni già citate, con le patate si possono fare deliziose creme, vellutate e minestre, sformati e soufflé, impasti per polpette, polpettoni, crocchette, torte salate, pane e focacce, coccoi a prena, con la pecora bollita o pecora a cappotto, ma anche semplicemente cotte nel caminetto sotto la cenere, cinisu, frarìa. In pasticceria le patate sono presenti anche nelle zeppole di carnevale, tzippulas, capzinus, frittelle simili ai frati fritti, piatti di fantasia e ripieni per ravioli, come, is culurgionis de patatas e menta a su pibioni, i ravioli di patate e menta con la punta affusolata. Arrosto, oppur lessata, benedetta la patata!

Ingredientis:

per la pasta: g 500 di granito, g 500 di farina di semola rimacinata di grano sardo, sale, acqua q.b. per il ripieno: kg 2 di patate lessate con la pelle, 14 foglie di menta fresca, un mazzetto di maggiorana, g 150 di pecorino semi stagionato grattugiato, 1 spicchio di aglio, g 100 di olio extravergine d’oliva, g 300 di, viscidu, cas’ e vida, o, casu ’e fittas, formaggio salato e conservato in salamoia, per il condimento: 1 bella cipolla di, Zeppara (zona della Marmilla), 1 mazzetto di prezzemolo, kg 1 di polpa di pomodori freschi ridotta a poltiglia, 1 spicchio d’aglio, un ciuffo di basilico, vino bianco secco, pinoli tostati, g 60 di formaggio di capra grattugiato, olio extravergine d’oliva, sale, noce moscata e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

disponi le due farine miscelate a fontana sul ripiano della madia ed al centro unisci una presa di sale e tanta acqua bollente quanta ne occorre per ottenere un impasto liscio e malleabile, che porrai coperto con un canovaccio da cucina a riposare per mezz’ora. Intanto riduci a poltiglia le patate precedentemente lessate e spellate ed al composto unisci la menta tritata con la maggiorana, il pecorino, l’aglio ridotto a poltiglia, l’olio in dotazione, il, viscidu, precedentemente ben lavato per eliminare il sapore della salamoia e tritato, una presa di sale, una grattata di noce moscata  e una generosa macinata di pepe, quindi amalgama insieme tutti gli ingredienti e il ricavato tienilo da parte (per ottenere un sapore più gustoso, il ripieno andrebbe preparato il giorno prima). Terminata questa operazione, tira a sfoglie sottile l’impasto tenuto da parte e con l’aiuto di uno stampo rotondo (va bene anche un bicchiere) di circa otto centimetri di diametro, ritaglia cinque o sei dischi di pasta alla volta per evitare che si asciughino troppo, quindi su ogni disco posto tra il dito pollice e quello indice di una mano, accomodaci una quantità di ripieno grande quanto una noce, dopodiché con il pollice dell’altra mano spingi leggermente il lembo finale della pasta all’interno del ripieno, poi con la pressione del dito indice e il pollice pizzica insieme i bordi, prosegui in questo modo fino a ottenere la cucitura ricamata a forma di spiga alla chiusura dei ravioli, concludendo con, su pibioni, la punta affusolata. Terminata questa complessa operazione, lessa, is culurgiones, in abbondante acqua salata a bollore e dopo che vengono a galla, dai ai ravioli ancora un minuto di cottura. Una volta al dente, scolali direttamente in un recipiente contenete il condimento che avrai preparato precedentemente nel seguente modo: trita la cipolla con il prezzemolo e il battuto ottenuto fallo rosolare in un capace tegame di terracotta, cassarolla, in un giro di olio e una spruzzata di vino. Evaporato, unisci la polpa di pomodori, l’aglio, il basilico, una presa di sale, (a piacere una presa di zafferano San Gavino) una macinata di pepe e prosegui la cottura dolcemente per almeno tre quarti d’ora. A questo punto, servi immediatamente, is culurgiones, in piatti individuali con parte del suo condimento spolverati con il formaggio di capra, un cucchiaino di pinoli tostati e un’ulteriore macinata di pepe. Vino consigliato: Cannonau Istiga di Arbus, dal sapore asciutto e morbido, caldo, con ottima struttura, persistente, giustamente tannico e armonico, secco, dal tipico retrogusto amarognolo.

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