di Giovanni Angelo Pinna
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Il cyberbullismo è quella forma di bullismo che viene posta in essere attraverso uno o più canali telematici, il più delle volte attraverso internet. Non si tratta di una nuova manifestazione di un qualche fenomeno prima inesistente ma il trasferimento “nel digitale” di quelle che prima erano le azioni violente e intimidatorie esercitate, di persona senza alcun mezzo di tramite, dal bullo o gruppi di bulli sulla vittima.
Molestie verbali, aggressioni fisiche, persecuzioni (il più delle volte nascenti in ambiente scolastico) per poi spostarsi “altrove”.
Un lato sicuramente negativo che la tecnologia mostrerà al mondo è proprio questo: offrire un canale nel quale i bulli possono aggredire le loro vittime, il più delle volte senza “metterci la faccia e in quasi totale anonimato”.
Una tecnologia che consente di infiltrarsi nelle case della vittima, di strappare informazioni per poi usarle quale strumento di aggressione vera e propria.
Quali armi usano questi bulli? Si va dal più elementare messaggio fino al contenuto più complesso come i video, passando per immagini, anche animate, o singole registrazioni audio.
Quali mezzi sfruttano? Qualsiasi canale che permetta la diffusione di contenuti (i social network sono solo la punta della piramide perché i più evidenti).
Lo scopo del bullo o del gruppo di bulli è quello di provocare danni alla loro vittima, il più delle volte identificata proprio in quella persona che mostra incapacità di difendersi, a volte perché “troppo buona verso il prossimo” ma anche, non di rado, verso persone portatrici di disabilità.
Le differenze principali tra bullismo e cyberbullismo sono proprio l’anonimato e la percezione di invisibilità sul quale i bulli fanno affidamento, che il materiale usato viene trasmesso/diffuso in tutto il mondo e che le comunicazioni aggressive non si limitano nel tempo ma possono “rimanere vive” 24 ore su 24, 365 giorni l’anno.
Ma è realmente possibile essere totalmente anonimi sul Web? È realmente possibile eliminare tutti i contenuti che finiscono sul web togliendone ogni traccia?
Senza parlare degli strumenti tecnologici oggi esistenti, quelli che riescono a garantire un certo livello di anonimato in rete, ma considerando i maggiori canali usati dai bulli per “sferrare i loro attacchi” la risposta alla domanda “riescono a essere totalmente anonimi?” ha sicuramente un carattere negativo.
Il bullo, il più delle volte, si “limita” ad affidarsi a un account con nomi di fantasia, quasi sempre con foto rubate da altri profili o con immagini di un qualche personaggio scaricati dal web credendo che ciò sia sufficiente per garantire quell’anonimato trascurando però, sia per sua ignoranza ma anche per eccesso di sicurezza, tutte le “regole basilari del web”.
Quando si visita un sito web, un qualsiasi sito, la prima informazione che viene trasmessa ai server sul quale “gira” quel software è proprio l’IP associato alla connessione a internet usata per accedere al portale. Unitamente all’IP, a meno di utilizzare altri strumenti”, vengono passate tante altre informazioni senza che la persona venga avvisata ogni volta: il provider (l’azienda) che offre quella connessione a internet, la geolocalizzazione (più o meno precisa), il software usato per navigare il portale, l’hardware usato e così via. Queste informazioni però, da sole, non permettono di identificare il bullo.
Unendole a quelle rilasciate durante la registrazione, però, si può già ottenere un “profilo” un po’ più preciso (comunque non sempre sufficiente per identificare la persona che ha commesso quel reato). Infatti, quando ci si registra: si deve rilasciare quantomeno un indirizzo email al quale, solitamente, viene inviato un codice o stringa di conferma della registrazione. Questa azione, per alcuni portali e social, viene ulteriormente protetta e “resa veritiera” richiedendo anche un numero di telefono mobile.
A questo punto, si potrebbe pensare che “è sufficiente chiedere alla azienda o persona titolare di quel sito i dati relativi a questa registrazione”, ma così non è.
Capita spesso, specialmente sul web, di trovare account registrati con le così dette mail temporanee: si tratta di caselle usate per raggiungere quel solo scopo e che possono essere sia email “create al volo” oppure classiche email “ad esempio gmail” poi cancellate una volta confermata la registrazione e diffuso il messaggio.
Un’altra domanda che spesso si è soliti farsi, in queste situazioni è quella che vede chiedersi: è possibile cancellare definitivamente i contenuti che finiscono nel web?
Purtroppo no! Non esiste sistema, a oggi, che permetta di affermare “questo contenuto è stato totalmente eliminato”, tantomeno quando finisce sul web.
Una volta che il contenuto finisce su internet questo viene subito replicato in diversi server: non vi è mai un unico posto dove risiede quella informazione. Senza considerare, poi, le difficoltà a ottenere accesso a quelle informazioni, anche per fare valere il solo diritto all’oblio (assenza di informazioni di contatto per raggiungere il titolare del portale è solo un esempio), pur riuscendo a eliminare un messaggio, video o immagine da un server non vi è la certezza che questo sia sparito dal web. Non è possibile affermare questo perché, oltre alla “replicabilità dei dati” vi è anche l’aspetto “backup dei dati” (le così note copie di sicurezza) ma anche l’esistenza di tutti quei canali non raggiungibili tramite la digitazione di un qualche indirizzo di un qualche sito web.
Ma anche qui, ipotizzando che si riesca a eliminarlo definitivamente dal web “visibile”, non vi è la certezza che quella informazione/contenuto non si trovi in quel famoso stato di “dormiente”. Un file, messaggio ecc potrebbe essere custodito in qualche smartphone perché inviato tramite WhatsApp e dimenticato perché nel tempo si sono ricevute migliaia di altre foto, video ecc. Potrebbe trovarsi come contenuto “non visibile a tutti” in un qualche canale social, potrebbe trovarsi anche in un server non ancora sottoposto a indicizzazione e le cui informazioni siano state già rese raggiungibili dal pubblico e “convertite” in un dato visibile.
È possibile combattere il cyberbullismo? Sicuramente si! La prima difesa è quella della sensibilizzazione, dell’insegnamento del rispetto verso il prossimo. Esistono tante altre difese: dal parlarne subito con l’amico/a con il quale ci si confida tutto ma anche con i propri genitori. Il non chiudersi, ma denunciare subito l’accaduto, è sicuramente un passo molto difficile da fare ma necessario per poter combattere questo mostro.
Giovanni Angelo Pinna
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