Durante i recenti lavori di realizzazione della rotonda alla confluenza tra la SS 126 e la provinciale per Montevecchio, molti guspinesi hanno sperato in cuor loro che si mettesse finalmente mano alla sistemazione e valorizzazione di uno dei monumenti simbolo della cittadina mineraria: sa bocia. Le attese sono andate deluse, sembra per l’opposizione dell’Assessorato ai Beni Architettonici della Regione Sarda, che considera il monumento un punto trigonometrico, e come tale inamovibile.
Esattamente 150 anni fa, il manufatto realizzato da abili scalpellini in granito locale, venne posizionato al termine dei lavori della strada che collegava il centro abitato di Guspini con lo stabilimento delle miniere di Montevecchio. Ideata e voluta da Giovanni Antonio Sanna concessionario delle miniere, la strada fu realizzata sotto la gerenza Guerrazzi col progetto degli ingegneri Chiotti e Asproni. Lunga metri 7892, larga quattro e costata 86683 lire, metteva direttamente in contatto l’abitato di Gennas/Montevecchio e i cantieri minerari di levante, alla periferia di Guspini con un tracciato ampio e regolare che permetteva di accorciare i tempi di trasporto del minerale, che aveva come meta finale il porto di Cagliari.
Proprio il continuo passaggio di centinaia di carri che attraversavano il paese da nord a sud (bisogna considerare che all’epoca non esistevano le attuali via Gramsci e via S. Maria), a tutte le ore del giorno e della notte, provocò grandi tensioni tra la popolazione, il Comune e i gerenti della miniera. Oltre alle urla, gli schiamazzi, le deiezioni dei buoi, il problema più grosso era dato dallo sconvolgimento continuo cui erano sottoposte le strade cittadine, poche delle quali selciate. Il Comune doveva necessariamente ricorrere alle roadie, mediante le quali tutti i cittadini erano obbligati a concorrere ai lavori per la manutenzione delle strade, con grave danno dei contadini che dovevano abbandonare i loro lavori agricoli.
La Direzione mineraria arrivò ad offrire 500 lire al comune in riparo dei danni procurati alle strade, provocando la risentita reazione degli amministratori locali. Nella seduta del C.C. del 18/06/1867 il Sindaco Giuseppe Locci ebbe a dire: … la tenuità dell’offerta ha più l’aspetto della moneta esosa che si butta al mendicante, e il Consiglio considerando che le spese per la manutenzione delle strade raggiungevano le 150.000 lire, … respinge unanimemente l’offerta che ha l’aspetto di una grettissima elemosina.
Il Gerente Francesco Maria Guerrazzi dolendosi per le accuse di grettezza, vietò l’utilizzo della nuova strada per le miniere a coloro che non lavoravano negli stabilimenti, costringendo i poveri contadini a far uso dei vecchi sentieri per recarsi nei propri possessi. Il Comune già irritato per il fatto che si preferivano i carratori gonnesi e villacidresi a quelli di Guspini, vietò il passaggio dei carri in determinate vie cittadine imponendo multe salate ai contravventori.
Non meno tribolata, fu la sistemazione del cippo oggi chiamato sa bocia. Il monumento fu innalzato all’inizio della strada per Montevecchio che forse era all’odierno incrocio tra le attuali via Carducci, via Marconi e via Boccaccio (ancora non era stata realizzata la strada per il nuovo cimitero). Ai primi del 1869 l’avvocato Sanna Sanna in nome della gerenza mineraria chiese l’autorizzazione … a collocare una colonna di granito con una iscrizione indicante che da quel punto incomincia la strada per le miniere di Montevecchio costrutta nel 1868. Nell’attesa della risposta il cippo stradale fu posizionato, suscitando la reazione degli amministratori comunali che nella seduta di Giunta del 22 Giugno 1869 ebbe a scrivere … quantunque si potrebbe applicare la contravvenzione a norma degli artt. 55 e 374 della L. 20/03/1869, in quanto questa colonna è collocata in terreno comunale senza autorizzazione alcuna, anzi per la iscrizione appostavi ferendo la giusta suscettività del consiglio e alla popolazione intera … la Giunta unanime delibera incaricando il sindaco intimare alla Amm.ne delle miniere di Montevecchio di rimuovere nel termine di 8 giorni la detta colonna dal sito in cui venne collocata, ed in difetto esperire qualsiasi inconveniente a termine delle vigenti leggi.
Gli animi si rasserenarono col ritorno di Giovanni Antonio Sanna al pieno controllo della miniera, e il cippo fu posizionato dove attualmente si trova una volta terminati i lavori della traversa stradale, cioè la Strada Decimomannu-Marrubiu che comportò la realizzazione ex novo delle attuali via S. Maria e via Gramsci.
Sembrerebbe però che il monumento avesse un aspetto diverso da quello attuale. Stando al racconto della signorina Barbarina Pintor sa bocia vera e propria venne realizzata e collocata da suo nonno Salvatore Pintor e da suo babbo Boricu , fabbri e picapedreris ai primi del novecento. In effetti, ad un esame visivo del monumento parrebbe che in origine il cippo fosse sormontato da un pinnacolo o da una croce, scalpellinato poi per creare l’alloggiamento per la sfera di granito. Lo stesso granito che costituisce la palla ha un aspetto diverso da quello del restante monumento, risultando di una grana differente, e meno eroso dagli agenti atmosferici.
Da subito l’area del cippo divenne crocevia obbligata per le molte centinaia di operai sia guspinesi sia provenienti dai paesi dell’interno, ma anche delle maestranze provenienti dal continente italiano ed europeo che si recavano a lavorare nelle viscere delle montagne metallifere. Ancor di più quando nell’area prospiciente fu creata la stazione di partenza e arrivo (con annessa officina) delle corriere (prima Tosi e poi Stoms) aziendali che raccoglievano gli operai per portarli ai loro cantieri di lavoro.
Per 120 anni sa bocia ha rappresentato un simbolo per la nostra cittadina, d’incontro, di ritrovo, di accoglienza verso tante persone sventurate che fuggivano da realtà più misere delle nostre. Tutti sono stati ben accetti, molti hanno messo su famiglia e i loro discendenti sono ormai guspinesi da più generazioni.
Ora Sa bocia giace triste e desolata come un masso inerte all’indifferenza della gente, quasi sepolta dal cordolo di cemento e l’asfalto, in continuo pericolo di essere travolta dagli autotreni, e guarda mestamente l’ancor più triste monumento ai minatori posto a poca distanza.
Sarebbe bello che si onorasse la memoria di Giovanni Antonio Sanna in occasione dei duecento anni dalla nascita rendendo più decoroso questo monumento simbolo della comunità guspinese che potrebbe diventare il miglior biglietto da visita per il nostro paese.
Marino Melis
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