di Giovanni Angelo Pinna
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C’è posto per le donne nel settore tecnologico? Può la donna occupare un ruolo importante, di successo, nel settore tecnologico, oggi chiave per lo sviluppo economico del Paese?
Un report del Plan International posiziona l’Italia tra i fanalini di coda, quart’ultima tra i paesi europei, oltre dieci posizioni sotto la media europea.
La formazione, il percorso di crescita in questo settore inizia fin da bambini e da subito si deve combattere con barriere culturali, stereotipi e pregiudizi di ogni genere e, solo alla fine di questo percorso, le donne più tenaci riescono a raggiungere quel successo anche a livello personale.
La tecnologia corre, ogni anno le offerte e possibilità di crescita in questo settore aumentano a dismisura, anche generando nuove forme di business, ma il “gender gap” non accenna a ridursi.
Le donne continuano ad avere possibilità limitate nell’accesso al digitale sia in termini educativi che di carriera e opportunità.
La Commissione europea riporta un dato che lascia spazio a molti pensieri: poco più di 20, su 1000, sono le laureate in un settore digitale/tecnologico e di queste solo meno del 30% riescono a trovare una occupazione.
Si calcola, ancora, che l’abbandono da parte delle donne, per mancanza di stimoli e opportunità di crescita, causi una perdita produttiva annua di oltre 15 miliardi di euro.
Nonostante l’imprenditorialità femminile abbia una maggiore probabilità di successo nel duro mondo del mercato, la disparità di genere, la diminuzione di investimenti e la sempre meno presente “leadership donna” continuano a crescere frenando le donne già nel proprio ambito familiare.
Eppure la storia insegna che è grazie anche alle donne se, oggi, possiamo sfruttare la tecnologia come quotidianamente viene fatto.
Dal coding (termine tecnico che identifica il “pensiero computazionale” o “programmazione informatica”) alla robotica, dal web alla multimedialità toccando qualsiasi sfaccettatura della creatività digitale/tecnologica, il passato ci dimostra che non poche sono le donne che hanno “fatto la storia” con le loro idee, a esempio: Florence Parpart brevettò il frigorifero moderno eliminando la vecchia ghiacciaia; Josephine Cochrane, stanca di vedere le donne “sottomesse a lavare i piatti”, nel 1886 inventò la prima lavastoviglie; Ada Lovelace viene ricordata dagli “addetti ai lavori” come la prima programmatrice e madre dell’odierno computer. Fu lei che, partecipando all’invenzione della macchina analitica, scrisse il primo algoritmo per generare la sequenza di Bernoulli, una successione di numeri importanti per la risoluzione di non pochi problemi.
Per combattere questo evidente e preoccupante gap, è necessario attuare vere e proprie politiche finalizzate ad abbattere questa disparità di genere, partendo dalle famiglie per poi arrivare nelle scuole e, solo alla fine, nell’ultimo gradino occupato dal mercato del lavoro è evidente il bisogno di riprogrammare alcune menti ancora oggi troppo chiuse sul “è un lavoro per soli uomini”.
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