di Giacomo Pitzalis
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Graphe.it ha pubblicato una nuova edizione del saggio Breve storia del romanzo poliziesco di Leonardo Sciascia, apparso per la prima volta nel 1975 su Epoca dove lo scrittore analizzò puntualmente il genere giallo, partendo dalle sue origini letterarie sino alle trasformazioni avvicendatesi nel tempo. A impreziosire ancora di più questa riproposizione dell’opera ci hanno pensato l’illustratore Giacomo Putzu e la scrittrice Eleonora Carta, chiamata a curarne la prefazione.
«Quando Roberto Russo, editore di Graphe.it, mi ha chiesto di scriverla, ho pensato fosse uno scherzo. È stato un autentico onore, non solo per l’indiscussa grandezza di Sciascia, ma anche perché è da sempre uno dei miei punti di riferimento per la scrittura, per la visione della letteratura e per l’impegno civile».
Dal suo avvento, il giallo si è sempre mosso partendo da alcuni elementi imprescindibili, come già delineato dall’autore di Racalmuto nel suo studio de I delitti della Rue Morgue, di Edgar Allan Poe.
«Nella sostanza il genere non è cambiato tantissimo rispetto agli anni Quaranta dell’Ottocento. Il punto di partenza è sempre lo stesso, ossia un crimine che altera lo status quo generando “disordine”, vi è poi un investigatore che cerca di porre rimedio al caos tramite la ricerca della verità e, infine, la soluzione del caso, che però, proprio come ci insegna Sciascia, non è più così irrinunciabile come nel giallo classico».
In merito all’evoluzione del genere, dagli esordi fino ai giorni nostri, Eleonora ha avuto modo di riflettere anche sulle contaminazioni attuali del genere, date dalla tv o dal cinema.
«Credo che le contaminazioni tra arti affini siano un fenomeno inevitabile e molto positivo. I libri guardano al cinema e il cinema trae ispirazione dai libri. In questa interazione i linguaggi si arricchiscono, andando a impreziosire anche il nostro immaginario. E se è vero che tra libri e cinema sceglierei comunque i libri, perché li considero un invito alla complessità e perché il lettore, a differenza dello spettatore, è chiamato a un maggiore impegno intellettuale, è anche vero che in una società dell’immagine come quella che viviamo, il risvolto visivo di una scena non può non condizionare lo scrittore come il lettore».
Infine, venendo invece al piano personale: quanto è stato Leonardo Sciascia a contaminare Eleonora Carta e i suoi libri?
«Molto. E sempre di più con il passare del tempo. Credo che il privilegio di scrivere, ed essere letti, porti con sé una grande responsabilità. E ritengo che il modo migliore di farne buon uso sia raccontare la società e offrire visioni alternative, stimolare la riflessione e l’osservazione critica, e in ultimo invitare all’azione. La storia ci insegna che i libri (oltre che una meravigliosa magia portatile) sono anche grandi motori di cambiamento».
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