della dottoressa Alice Bandino*
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Tra Guerra e Covid-19, un altro argomento molto diffuso in sempre più ambiti educativi e/o professionali è il ruolo delle emozioni per il benessere dei cittadini, in questa fase di resilienza e ripresa, come dibattuto spesso anche in questa rubrica “Emotiva_Mente” che dal 2015 si occupa di Emozioni e di Intelligenza Socio Emotiva a 360°.
Non è la prima volta che nella storia della Società moderna si richiedono applicazioni dell’intelligenza emotiva (e socio-emotiva) alle comunità territoriali, alle agenzie lavorative, alle società che si trovano in un periodo di forte stress e nello specifico di d-stress, quello nocivo, quello che “congela” il cambiamento che impedisce di vedere soluzioni; che si fossilizza in emozioni e sentimenti negativi che minano il benessere globale del singolo e della Società stessa in cui questi singoli agiscono e vivono.
Negli U.S.A., tra gli anni ’80 e ’90, i bisogni sociali stavano diventando sempre più complessi e di difficile gestione e le conseguenze andavano riflettendosi anche sul benessere percepito da comunità intere: aumento di tassi di criminalità violenta, di lotta tra bande, di divari in crescita tra classi sociali, scontri con le forze dell’ordine, micro criminalità e criminalità organizzata in aumento, abuso di sostanze vecchie e nuove , abbandono e dispersione scolastica, disoccupazione, crisi sanitarie ed economiche parevano stringere gli U.S.A. in una morsa incontrollata.
Economia, Politica e Scienze Sociali si unirono alla ricerca dei cambiamenti utili e necessari per far fronte a questo processo volto all’inclusione dei bisogni sociali e al raggiungimento del benessere percepito da tutti i cittadini di ogni classe sociale.
Un cambiamento di natura socio-economica necessario per andare oltre il paradigma votato alla competizione, all’annullamento dell’umano dove in benessere dell’azienda era il Profit ultimo di ogni minuto di lavoro dei dipendenti, se possibile incentivati da benefit collegati alla produzione. I diritti venivano continuamente messi in discussione e parole come Mobbing, Overflow e Burn-out iniziarono a diffondersi tra sedi sindacali e associazioni di cittadini.
In sintesi vennero commissionate valutazioni dei territori, delle società e delle comunità nelle quali si intendeva intervenire; si co-progettò su diversi livelli e in rete (i cosidetti stakeholders, le parti interessate al cambiamento), uno degli esperti più famosi di quel cambiamento è lo psicologo americano D. Goleman che continua a esportare i suoi progetti in tutto il mondo; lui, conosciuto dal grande pubblico che ancora oggi resta affascinato dai suoi libri e dai suoi studi sull’Intelligenza Emotiva.
Tutti i suoi lavori si basano sulle ipotesi e le evidenze dei miglioramenti sui singoli e sui gruppi che si ottengono insegnando le competenze emotive intra e inter personali; si parte dalle potenzialità dei territori per garantire la ripresa e aumentare il benessere che non è solo economico ma anche bio-psico-sociale. Si parte dalle basi, dall’alfabetizzazione emotiva, il lessico emotivo; si passa poi a un livello successivo sulle competenze superiori, la regolazione delle emozioni, la gestione, la modulazione. I professionisti delle emozioni son poi preparati anche sulla psicofisiologia delle emozioni, la psicosomatica, tutto ciò che riguarda la non piena consapevolezza delle nostre emozioni che non trovando sbocco naturale, insidiano altri canali, provocando nelle persone vere e proprie patologie che possono migliorare se si imparano a regolare efficacemente. E anche nei rapporti interpersonali possono esserci dei disagi che a lungo andare minano le relazioni; soprusi, molestie, discriminazioni non fanno bene al benessere dei dipendenti e a lungo termine anche il benessere dell’azienda o dell’associazione che chiede un intervento professionale di formazione del personale per prevenire o agire su atti di bullismo tra colleghi o superiori o inferiori.
Se immaginiamo le comunità territoriali come Aziende, potremmo azzardare che il benessere globale diventa il “profit” e che per raggiungerlo è necessario che ognuno faccia la sua parte consapevole delle proprie competenze, delle proprie emozioni e del ruolo che ognuno di noi ha nella propria vita, nella propria società e nei luoghi dove vive e agisce; impariamo a modularle in base alle situazioni, all’età emotiva coerente con l’età anagrafica; anche in presenza di patologia è possibile trovare canali comunicativi alternativi che ci permettano di condividere adeguatamente le nostre emozioni, per non venirne travolti.
È necessario che ognuno di noi lavori sulle proprie emozioni per imparare a vivere con gli altri in questa nuova fase di ripresa!
*psicologa
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