di Gianni Vacca
La festa di Sant’Antonio nonostante l’impegno degli organizzatori di mantenere sempre vive le tradizioni ha perso nel corso degli anni alcune peculiarità e connotazioni originarie.
Il comitato. Si inizia a parlare di comitato vero e proprio con finalità di questua e organizzazione solo dopo i primi decenni del ‘900. Fino ad allora secondo testimonianze tramandate oralmente la festa veniva garantita da una sorta di autotassazione volontaria che interessava però un numero molto ristretto di persone. Dopo tale data, anno per anno, si costituiva una sorta di comitato spontaneo presieduto dal cosiddetto “S’oberaju” che autorizzato dalle autorità ecclesiastiche si occupava della questua e di mandare avanti un programma civile.
Il salto di qualità si ebbe nel 1977 quando l’Associazione Pro Loco allora presieduta da Bruno Serpi prese l’impegno di organizzare la festa con l’ambizioso obiettivo di una sua valorizzazione anche a fini turistici.
“L’Ardia di Sant’Antonio”. Come racconta l’ormai scomparso Salvatore Porcu nell’“Antoi de Padua Santu” di Angelo Concas «a Santadi di lunedì durante la festa si svolgevano le corse dei cavalli…il primo premio consisteva in una somma di denaro di 80 lire… il percorso molto impegnativo in alcuni tratti stretto e irregolare era di circa 2 kilometri e partiva dai terreni Pili prossimi a Pistis per arrivare fino a Santadi. Si partiva in una ventina e si arrivava in tre o quattro».
Altra curiosità caduta ormai in disuso era la “Gara al tiro del gallo”, passatempo preferito dagli uomini fino alla metà del secolo scorso nei due giorni di permanenza Santadi . Narra il Vaquer : “Si lega esso per i piedi al manico d’uno spiedo che si conficca coll’altra estremità sul terreno. I cacciatori si dispongono in fila – a circa cinquanta metri di distanza – pronti a far fuoco contro il bipede designato. Devono tirare uno alla volta, dopo aver pagato cinque centesimi agli operai i quali serbano i soldi ricavati a pro del Santo… il povero gallo, vittima rassegnata, col capo all’ingiù, prima di venir colpito deve sentirsi fischiare più di una pallottola…” Resta fortemente radicata invece la tradizione di allestire il sacro rifugio de “ Sa tracca de is bagadius” e “Sa tracca de is coiaus” . Luogo di gossip volutamente non invalicabile, spesso messo in discussione dalla piacevole complicità di piccole o grandi storie d’amore spesso improvvisate ma straordinariamente inevitabili perché come ci ricorda la tradizione : “Po Sant’Antoi chi esti sposu ndi torrada storrau, chi esti bagadiu ndi torrada sposu”. Curiosi anche i nomi che i proprietari dei buoi danno ai loro animali. Ne citiamo alcuni, quelli più simpatici: “Penzaridda la ca è mellusu”, “Chi du provasa ti prasciri”, “Su sentiru non perdasa”, “Curregirì ca ses sennori” e “No ti pedronu la ca t’ingannasa”.
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