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Attualità

Fluminimaggiore, tre tesori in tremila metri

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di Maurizio Onidi
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Sono esattamente tremila metri quelli che distanziano la quercia secolare dalle grotte de “Su Mannau” con lo straordinario intermezzo del tempio romano di Antas.

Un bagno di storia, di cultura e di archeologia mineraria racchiuso in un bosco di lecci, sugherete, lentischi e tanto altro ancora.

Facilmente raggiungibile dopo una mattinata passata ad ammirare le bellezze della costa sud-occidentale dell’isola, da Piscinas, Scivu, Capo Pecora a Cala Domestica, il panettone di Pan di Zucchero, Porto Flavia e Buggerru tanto per lustrarsi gli occhi.

Il pomeriggio é da godere percorrendo i tornanti che da Fluminimaggiore portano a Iglesias, immergendosi in mezzo a una valle dominata dal monte Conca s’Omu, si può ammirare il suggestivo tempio di Antas e i resti del luogo del culto romano, risalente al III sec. dopo Cristo, unico del suo genere in Sardegna.
La perfetta organizzazione e la straordinaria competenza e gentilezza del personale fa sì che la visita dell’area archeologica sia resa ancora più semplice e interessante. Una breve passeggiata e siamo di fronte a uno straordinario esemplare di quercia secolare da sughero che pare ti voglia accogliere nel suo grembo.

Percorrere la “Strada Romana” l’antico sentiero delle genti nuragiche che porta alla grotta di “Su Mannau” nel silenzio e con i profumi che la natura regala, rende meno impegnativo il percorso di duemilacinquecento metri che collega l’area archeologica alla grotta dell’orco Mannau.

All’ingresso si rimane colpiti dalla maestosità della ‘sala archeologica’ luogo sacro prenuragico e nuragico dove vi si praticava il culto delle acque, come testimoniano il ritrovamento di resti di lucerne a olio e navicelle votive. Il complesso carsico, risalente a oltre 500 milioni di anni fa, ancora in attività si sviluppa per quasi dieci chilometri nella viscere della montagna.

 

La visita alla grotta é di quelle che ti regala qualcosa di diverso dalle altre grotte, sarà per i laghetti d’acqua limpida, per l’imponenza e la profondità dei pozzi e delle sale, per quello straordinario pilastro di sette metri formato da una stalattite collegata a una stalagmite o forse per il maestoso salone degli Abeti, alto quaranta metri con il pavimento adorno di cristalli?

Chissà.

Terminata la visita si torna al quotidiano con una esperienza in più e forse con la consapevolezza che questo maledetto virus se da una parte ci ha rivoluzionato il modo di vivere anche le vacanze, dall’altro ci consente di fermarci un attimo a pensare e valorizzare le nostre eccellenze sfatando il proverbio che “l’erba del vicino Non é sempre più verde”.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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