di Gian Luigi Pala
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Diciamola tutta subito: quella della Fluorsid di Macchiareddu del presidente Tomaso Giulini (presidente anche del Cagliari calcio) è stata una inchiesta anomala, per certi versi.
Per il numero dei coinvolti, per la gravità del reato di inquinamento, per il mancato coinvolgimento (diretto) dello stesso presidente in capo e poi, alla fine, per il valore della cifra patteggiata pari a ben 25 milioni di euro.
E questo per la necessità di bonificare il territorio inquinato dall’attività della fabbrica di Macchiareddu dove, secondo la Procura di Cagliari, fino al 2017, si è procurato “il deterioramento di acqua, suoli e acque con alterazione irreversibile o comunque difficilmente eliminabile dell’equilibrio dell’ecosistema”.
Non certo una quisquilia.
Pur caduta l’accusa di associazione a delinquere ed emerso come alcuni elementi contestati non hanno avuto riscontro perché le analisi chimiche non hanno accertato lo sversamento di sostanze pericolose nella laguna di Santa Gilla, il giudice delle udienze preliminari (Gup) Giampaolo Casula ha dato il via libera all’accordo raggiunto tra il pubblico ministero Marco Cocco e i difensori degli imputati.
Uno stuolo di avvocati: tra loro Luigi Concas, Massimo Delogu, Sandra Mura, Luca De Angelis, Carlo Amat, Fabrizio Belliasi, Andrea Casu, Nicola Marongiu, Andrea Zucca, Luigi Sanna, Rodolfo e Federico Melis, Guido Ledda e Guido Manca Bitti.
Insomma, un patteggiamento tra le parti che però non ha escluso le pene. Per dirigenti e dipendenti della società di Tomaso Giulini aggiunte alcune aziende collegate, si è tradotto in un anno, 11 mesi e 7 mila euro di multa mentre il patron del Cagliari è uscito indenne dall’indagine con una richiesta di archiviazione.
Non così per Pasquale Lavanga, ex presidente del Cda Fluorsid insieme al figlio Michele ex amministratore delegato, Loukas Plakopitis, responsabile commerciale dei sottoprodotti aziendali, Giuseppe Steriti, funzionario “qualità ambiente e sicurezza” dell’azienda, Mario Deiana, responsabile della logistica, Armando Bollani, proprietario della Ineco che operava per la Fluorsid, Sandro Cossu, responsabile sicurezza e ambiente, Alessio Farci, responsabile della produzione dei sottoprodotti, Marcello Pitzalis, operaio Ineco, Giancarlo Lecis, tecnico della Fluorsid, Simone Nonnis, dipendente di Bollani.
Tutti accusati a vario titolo di smaltimento illecito di rifiuti, inquinamento e disastro ambientale.
Neanche roba da poco.
Ma come si è arrivati al patteggiamento?
Tutto nasce dall’impegno preso dalla Fluorsid e da Bollani (entro un termine stabilito dal tribunale) di rimediare ai gravi danni procurati “dallo stoccaggio all’aperto, movimentazione e lavorazione di materie prime, sottoprodotti e rifiuti” così come “dalle polveri inquinanti” prodotte dalla Fluorsid e che il vento aveva “depositato nelle aree abitate così come nelle aree destinate all’agricoltura, all’allevamento e nelle acque della vicina laguna”.
In pratica l’azienda di Macchiareddu dovrà eliminare i cumuli di queste polveri lasciate all’aria aperta, adeguare gli impianti di produzione, evitare perdite e sversamenti di liquidi di lavorazione e insieme bonificare i terreni circostanti intrisi di sostanze venefiche.
Se si pensa che i tecnici incaricati dal tribunale di Cagliari hanno ipotizzato l’interessamento di un’area circoscritta da un compasso di 10 chilometri dalla fabbrica, facile immaginare come non sia difficile raggiungere la cifra di 25 milioni per questa bonifica.
A tutto questo si aggiunga come l’inchiesta sfociata nel maggio 2017 (con ben sette arresti avvenuti) il Pm Marco Cocco aveva indicato come in 40 ettari dislocati a Macchiareddu e Monastir fossero state “interrate e movimentate ingenti quantità di rifiuti industriali provenienti dalla Fluorsid compresa l’asportazione “illegale di grandi quantità di terreni contaminati” così da risparmiare sullo smaltimento.
La società di Giulini ha già messo a bilancio 22 milioni di euro per i lavori di bonifica e per rivisitare i sistemi di sicurezza mentre altri 2 milioni e rotti sono a carico di Armando Bollani.
Per l’avvocato della Fluorsid Guido Manca Bitti, “un patteggiamento non significa ammissione di responsabilità”.
Lo svolgimento delle opere di bonifica saranno ora seguite e verificate dalla Forestale che già aveva svolto le indagini e scoperto le irregolarità.
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