di Gianni Vacca
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Il recupero della ex colonia “Casa al mare Francesco Sartori” si arricchisce di nuove puntate, di nuovi attori e vecchie comparse. Il copione è perfetto: politici che fanno i tecnici , tecnici che diventano politici, vertici di associazioni o enti che prima pongono veti e divieti poi diventano progettisti. Una sola categoria rimane fedele al suo “curriculum vitae”: i disoccupati vittime ancora una volta di questa incomprensibile farsa. Vengano signori, vengano. E intanto quella struttura, al netto dei ricordi e delle povere vittime che hanno pagato con la propria vita il duro lavoro in miniera, assomiglia sempre più a un autentico ecomostro: prigioniero del passato, privo di presente e futuro. Una prospettiva che taglia gambe e speranze a chi nel progetto presentato da Renato Soru, vede un primo step verso la possibile rinascita di un territorio in stato di povertà assoluta. Dovremo abituarci, o forse no. L’ultima puntata di questa telenovela è il diniego arrivato da parte del Comune di Arbus che paradossalmente , sordo e cieco al tentativo di sopravvivenza del territorio, a mo’ de “ s’accabadora” ha giudicato il progetto inammissibile. Tutti fermi al palo. Compresa la classe politica che “ a babbo morto” si fa viva da “minimo sindacale” solo attraverso un poco convinto comunicato. Filosofia dello “sfascio” sempre più difficile da capire e accettare. Amen e così sia.
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