di Valerio Carta
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La confraternita della Madonna del Rosario di Guspini è un’associazione di fedeli, nata con lo scopo di diffondere la fede, assistere la chiesa, fare opere di carità e misericordia. L’aggregazione è parte della comunità guspinese da 369 anni, ben prima dell’avvento dell’industria mineraria che ha segnato la storia recente del paese. Nei secoli sono avvenuti tanti cambiamenti, la confraternita ha attraversato tante difficoltà ma lo spirito e i valori fondanti della fratellanza sono rimasti immutati. A raccontare la storia della confraternita è Marino Melis, ex confratello dell’ordine e appassionato studioso.
Qual è il motivo per cui ha fatto ricerche storiche sulla confraternita?
«Sono stato membro della confraternita dalla sua recente ricostituzione. Non è stato facile reperire documentazioni attestanti oltre tre secoli di storia, ma presto ho capito l’importanza di far conoscere la “società guspinese” in un’altra epoca, quando la comunità era rurale e l’industria non esisteva. I documenti provengono dall’Archivio Diocesano di Ales, con i registri dei Quinque libris che documentano battesimi, cresime, matrimoni e decessi dal 1655 a oggi. Sempre ad Ales si trovano i registri finanziari della confraternita. Nell’archivio parrocchiale di San Nicolò ci sono faldoni storici su membri, elezioni, terre e beni».
Quando è nata la confraternita?
«Alcuni scritti attestano la presenza della confraternita a Guspini dal 1621, anche se non ufficialmente riconosciuta. Nel testamento di Bonaria Atzori, ad esempio, si chiedeva che le sue spoglie fossero portate in corteo dai membri della congregazione e sepolte per sette soldi. La fondazione ufficiale avvenne il 3 ottobre 1655 con il decreto del vescovo di Ales, mentre l’autorizzazione operativa arrivò il 20 aprile 1659 dal Padre Generale dei Domenicani di Roma. Il documento in pergamena è custodito nella chiesa di San Nicolò. L’ordine nacque dal bisogno di sostenere la comunità dopo essere stata devastata dalla peste. Nel 1675, un registro contava 784 confratelli e consorelle, mostrando l’ampia partecipazione dei fedeli».
Come era composto l’abito confraternale?
«I confratelli indossavano una veste particolare durante le funzioni, chiamata sacco o cappa, simile alla tunica di Gesù nella Passione. Dotata di cappuccio per esprimere umiltà e anonimato, la veste eliminava le differenze sociali. Era composta da una tunica bianca, mozzetta nera con bordo azzurro, cappuccio bianco ripiegato e un cordone con 7 nodi. Dai Quinque Libris della Parrocchia di S. Nicolò emerge che esistevano differenze: le donne, ad esempio, non avevano una veste propria, ma portavano una Croce Rossa cucita su una spalla».
Come era organizzata l’associazione?
« Un verbale del 19 ottobre 1695, scritto in spagnolo, documenta una riunione tenuta per eleggere le cariche del direttivo e ne descrive la composizione: il “priore”, carica più alta e diretto intermediario ai rapporti con la “chiesa”; il “clavario”, gestiva e rendicontava le risorse della confraternita, aiutato da due assistenti che supportavano anche il “priore”; i maestri dei giovani, formavano i confratelli novizi, mentre l’incaricato “andador ”disponeva e coordinava l’andatura delle processioni; due “enfermeros”, con il compito di assistere i malati; il rettore della “confradìa”, rettore della chiesa, era un sacerdote; il segretario, redigeva le convocazioni, i verbali delle riunioni e gli atti ufficiali della confraternita. L’elezione del priore avveniva annualmente, eccezionalmente veniva riconfermato. Terminata la carica di priorato, il confratello metteva a disposizione la sua preziosa esperienza da studioso, assumendo una diversa carica all’interno del direttivo».
Qual era lo scopo della confraternita?
«La parola Confraternita indica un’associazione pubblica di fedeli, che ha come scopo diffondere il culto, le opere di carità e penitenza. Nasce per aiutare la chiesa nell’attività di sostegno ai fedeli, assistendo i sacerdoti nelle celebrazioni liturgiche e in tutte le manifestazioni religiose, tra cui l’accompagnamento dei defunti. Il supporto alla chiesa avveniva in maniera spirituale e materiale. Nel tempo la confraternita ha contribuito significativamente alla realizzazione di opere murarie, tra cui la balaustra nella chiesa di San Nicolò, donata dall’associazione; ha impreziosito gli arredi sacri con l’acquisto di statue, crocifissi, quadri, candelabri e ornamenti. Come compenso per il sostegno ricevuto, la curia dava ai confratelli e alle rispettive famiglie, il diritto di sepoltura gratuito nella prima cappella sul lato destro della parrocchia».
Quali mezzi economici aveva per sostenere le iniziative?
«Al pari di un’azienda, era proprietaria di terreni, bestiame, praticava attività di conciatura, vendita di cuoio e pellami, produceva colture e faceva innumerevoli attività di produzione e scambio. Talvolta l’associazione prestava denaro e con i proventi riusciva a finanziare altre iniziative, svolgendo così un ruolo fondamentale all’interno della comunità. Tra le tante voci, il registro contabile comprendeva il compenso al sacerdote che celebrava la prima messa del mattino in “ringraziamento” alla confraternita».
Quando sono iniziati i cambiamenti?
«Dal 1811 e fino al 1934 sono state emanate delle leggi volte alla regolamentazione delle confraternite, in questo passaggio durato oltre un secolo, le confraternite hanno subito una riduzione delle loro funzioni, nell’aspetto sociale e legale».
A Roberto Carta, “priore” della confraternita, chiediamo di descrivere l’attività attuale?
«La confraternita è stata attiva fino al 1956. Trascorsi cinquant’anni è avvenuta la ricostituzione con l’intento di riprendere la missione originaria: offrire sostegno spirituale alla chiesa e alla comunità dei fedeli. Rispetto al passato, il numero dei confratelli è ridotto a un gruppo composto esclusivamente da uomini. Al momento della ricostituzione, i confratelli hanno eletto un direttivo ristretto, formato da un priore, un clavario, un segretario e due consiglieri. Successivamente è stato redatto uno statuto, simile a quello delle altre confraternite, per regolamentare la vita interna del gruppo. In rispetto alla tradizione passata, le attività dell’organizzazione si sono concentrate sull’assistenza alle funzioni religiose, come le liturgie e le processioni, sebbene le opere di assistenza sociale, un tempo molto più consistenti, siano ora ridotte a causa della mancanza di risorse. Durante la pandemia di Covid-19 è stata sospesa e mai ripristinata la tradizionale funzione di accompagnamento dei defunti».
Il Priore, parlando delle attuali attività, sottolinea «Su richiesta delle famiglie dei malati o dei defunti, porgiamo sostegno e conforto spirituale. La Settimana Santa, in particolare, è il momento in cui offriamo il massimo impegno nel sostegno alla chiesa».
Può descrivere la composizione attuale?
«Il gruppo è formato da otto confratelli e due aspiranti che dovrebbero prestare giuramento durante la celebrazione della Candelora. Prima della cerimonia sarà convocata una riunione per eleggere il nuovo priore, dopo la quale sarà proposto l’ingresso dei due nuovi membri. Il cerimoniale seguirà le norme stabilite dallo statuto che è stato redatto tenendo conto degli usi e delle esigenze della comunità a cui la confraternita offre il suo operato. Lo statuto della confraternita è stato riconosciuto e approvato ufficialmente dal Vescovo di Ales nel 2018, rappresenta un traguardo significativo per l’ordine, consolidando la sua identità e la sua funzione all’interno della comunità. Nonostante le difficoltà, la confraternita continua a mantenere viva la tradizione di servizio e devozione, rimanendo un punto di riferimento spirituale per i fedeli».
Alcune foto storiche sono state tratte dal libro “Guspini cronistoria e immagini” di Tarcisio Agus e Claretta Lampis – Edizioni Tre T di Gianni Trois.
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