di Maurizio Onidi

«L’attuale situazione sanitaria, dovuta alla pandemia da Covid, ha penalizzato ulteriormente le donne aggravando il loro ruolo nella famiglia, costringendole spesso a rinunciare all’agognato lavoro e alla loro autonomia e indipendenza». precisano gli organizzatori, «Il diritto al lavoro è un diritto sancito dalla Costituzione ma per molte donne, dati statistici, rimane un diritto negato. Le donne che hanno un lavoro devono affrontare, molto spesso, una marea di ostacoli e condizioni contrattuali che poco hanno che fare con la dignità e il rispetto».
«Questo film offre molti spunti di riflessione e la nostra proposta vuole essere d’aiuto a riprendere in mano la nostra battaglia per i diritti, la dignità e il rispetto» puntualizzano ancora gli organizzatori nel sottolineare come “Nome di Donna” «Sia un film importante e da vedere assolutamente, che ci invita a riflettere su quante donne abbiano accettato, per decenni come dato di fatto, una cultura della sopraffazione a cui ci si può ribellare e che si contrasta spezzando un silenzio che ha tutto l’amaro sapore di una complice omertà».
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