di Gianpiero Mura
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Il secolo XIV in Sardegna fu segnato da continue e sanguinose guerre tra il Giudicato d’Arborea e il Regno d’Aragona. Tra le figure di maggior spicco dell’epoca, un posto di primo piano va senz’altro assegnato alla Giudicessa Eleonora d’Arboréa.
Il trattato di pace del 1388, firmato da lei e dal Re Giovanni I d’Aragona dopo lunghe e laboriose trattative, è uno degli atti più importanti del suo regno in qualità di Reggente.
Fu la corona d’Aragona a dettare le condizioni, in una situazione non certo facile per la giudicessa, essendo il marito Brancaleone Doria tenuto in ostaggio dagli iberici per indurla alla firma. Tra le condizioni, gli aragonesi vollero che venissero anche allegate le ratifiche da parte dei rappresentanti dei villaggi e delle città, compresi quelli incorporati in su Rennu de Arbarée a seguito delle battaglie condotte dal Giudice Mariano IV.
Per quanto riguarda il villaggio di Forru (Collinas), si legge quanto segue: “…Item a JOANNE Pisedu ville de Forru Comita Pipia Laorencio Bina Joanne Bina Joanne Cossu Lupo de Cannas Joanne de Aceni Petro Castai Francisco Crispu Nicolao de Orru Nicolao de Ischanu et Petro Mannu habitatoribus ville proxime dicte…”(1)
La prima cosa che salta subito agli occhi scorrendo i nomi, è che sono tanti: dodici in tutto, compreso il Majori Piseddu. Ciò porta a pensare che alcuni convocati provenissero da Angiaria (Villa Clara) e da Bididriu (Bidderbi), che, all’epoca, erano due villaggi (ville antiche, come le definisce J. Aleo) presenti nel territorio di Forru, a cui sovrintendeva il “Majori de Villa” di questo villaggio, coadiuvato da alcuni giurati locali (jurados de logu). Un così alto numero di convocati non può essere infatti attribuibile solo a Forru, se pensiamo che Mogoro, a esempio, per restare tra i villaggi vicini, ne aveva inviato in totale undici, compreso il Majori, Ales sette e Villanovaforru quattro. Una plausibile ripartizione, pertanto, potrebbe essere stata la seguente: sei giurati più il Majori a Forru, tre ad Angiaria (Villa Clara) e due a Bididriu (Bidderbi). Da quanto esposto, si deduce pertanto che il territorio di Forru all’epoca era densamente popolato, molto più di quanto avremmo potuto immaginare, a dispetto delle continue guerre e le ricorrenti ondate di peste. E abbiamo conferma, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che nel 1388 i due villaggi scomparsi esistevano ancora e che quindi, in accordo con quanto raccontavano i vecchi di Forru, essi vennero definitivamente abbandonati nella prima metà del secolo XVI a seguito delle scorrerie dei Turcus e Morus, capitanati dal sanguinario Khayr al-Din, detto Barbarossa.
Un’altra cosa da notare sono i nomi propri, che, se si eccettua Comita(2), sono tutti agionimi(3), i quali fanno pensare che i suddetti convocati provenissero da famiglie con un certo grado di istruzione, impartita loro dai religiosi presenti nei tre villaggi. Va ricordato, al riguardo, che all’epoca la Chiesa possedeva grandi estensioni fondiarie, legate ad abbazie, parrocchie, monasteri o case monastero. Risultano totalmente assenti, infatti, sebbene presenti tra i convocati di altri villaggi, i nomi solitamente in uso presso le classi meno abbienti(4), come Fuliadu, Furadu, Molentinu, Molenteddu, Margiani e altri. Da notare, ancora, un certo numero di cognomi di origine latina: Piseddu (dal latino pisum), Bina (dal latino Binus, diminutivo di albino, persona di carnagione chiara), Crispu (dal latino crispus, crespo, riccio, o dal suo diminutivo crispinus), Mannu (dal latino magnus, grande). Al riguardo ci piace pensare che qualcuno di loro provenisse dalla città romana scomparsa di Villa Clara. Infine, quattro cognomi hanno il “de” davanti, che non deve intendersi come un indizio di nobile casato, in quanto indicava la località di provenienza degli avi: Cannas (Toponimo presente in alcuni villaggi del Parte Montis e in tutta la Sardegna. Nel Condaghe di Silki si cita anche un villaggio con questo nome), Atzeni (Esisteva un villaggio così chiamato vicino a Baressa, uno ad Arbus, etc.), Orru (Toponimo del cagliaritano) e Iscanu (Nome in sardo di Scano Montiferro). Di tutti i cognomi riportati nell’estratto del verbale, solo un paio sono ancora in uso a Forru.
- 1) Pasquale Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, Torino1861, pag. 841 (Nota: il cognome Aceni è l’odierno Atzeni, Castai è l’odierno Casti, Ischanu è l’odierno Scanu)
- 2) Dal latino Comes, Comitis (compagno, ma anche conte). Nel Medioevo in Sardegna si iniziò a usarlo anche come nome proprio di persona (Cumida). Nel Giudicato d’Arborea troviamo tre Giudici con questo nome.
- 3) Compreso Lupo, nome in voga nel Medioevo, riferito a San Lupo di Troyes 383-478.
- 4) Tra questi, i pastori e i servi. Questi ultimi venivano chiamati Serbidoris se erano al servizio di laici benestanti, o Serbidoris de Cresia se, invece, erano al servizio della Chiesa. A Forru vi era anche un’altra categoria di servi, i “Fantilla”, al servizio di padroni di condizione non agiata. Questo vocabolo, giunto in Sardegna con la dominazione pisana, deriva da “fante”, il cui significato originario era infatti “servo”. Al giorno d’oggi con quel significato vive solo al femminile (“fantesca”).


























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