di Marino Melis
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Sardara, antichissimo centro, conserva nel suo tessuto urbano importanti testimonianze e pregevoli monumenti di epoca nuragica, medioevale e spagnola.
Si può dire che l’abitato si è sviluppato e integrato armonicamente attorno al pozzo sacro di S. Anastasia, l’omonima chiesa di impianto bizantino, la chiesa romanico-gotica di San Gregorio, la parrocchiale della Beata Vergine Assunta, e la chiesa seicentesca di Sant’Antonio. Le grandi trasformazioni viarie post unitarie non interessarono il centro storico, il nuovo asse stradale di via Oristano favorì l’espandersi dell’abitato verso la pianura, ragion per cui il vecchio agglomerato si è potuto conservare ottimamente.
L’abitato di Sardara situato al margine del Campidano è adagiato su basse colline basaltiche ad un’altezza media di 150 metri sul livello del mare, riflette il tipico tessuto di area collinare presente tra Campidano e Marmilla.
Stradine strette e contorte che convergono verso slarghi dove sorgono le chiese, le case addossate con corti di ridotte dimensioni su cui si aprono magnifici portali, veramente monumentali.
La presenza a Sardara di diverse famiglie appartenenti alla piccola nobiltà sarda (Diana, Orrù, Lilliu Serpi), che risiedevano stabilmente in paese in dimore di pregio con avanzate soluzioni architettoniche, spinse all’emulazione nei primi dell’ottocento la nascente borghesìa rurale del paese. Tra queste il palazzo Orrù, costruito nella seconda metà del settecento, ricalca i modelli dei palazzi cittadini di Cagliari, con imponente portale a tutto sesto in trachite di Sanluri rivestito da un sottile intonaco, con chiave con soggetto antropomorfo/mascherone (che poteva avere un duplice significato, di benvenuto e di protezione). Questo portale dovette servire da modello per la nascente borghesia rurale che per darsi un tono prese ad erigere i portali di accesso alle loro dimore. È attestata anche qui fino a qualche decennio fa la presenza del modello rettangolare architravato in legno e chiusura con geca a costallas , ma purtroppo non se ne è salvato uno.
Come pure non sono presenti portali in ladiri, perché il mattone crudo a Sardara ha sempre avuto un uso marginale rispetto alla pietra, utilizzato più che altro per il piano rialzato. La tipologia di portale più antico presente maggiormente nel centro storico è quello realizzato con una trachite locale detta perda de monti, dura e resistente ma duttile da lavorare. La struttura poggia su piedritti dello stesso materiale, e presenta sia lastre che conci sbozzati e legati da malta e calce, ad una altezza di circa due metri sono posizionate due mensole da cui si dipartono gli archi aggettanti costituiti da lastre di pietra rettangolari anche di diverso spessore (10/15 cm), convergenti verso il centro dell’arco. L’arco presenta spesso delle imperfezioni, a volte è più schiacciato da un lato, e la curva non sempre regolare.
La chiave di volta non è mai presente, e anche le dimensioni sono abbastanza modeste, raggiungendo rare volte i tre metri. Sono pure presenti alcuni portaleddus di dimensioni ridotte pertinenti forse a poveri massai e braccianti che non possedevano il carro. La copertura è più spesso ad una falda, inclinata verso la corte interna. Di questa tipologia se ne contano una trentina di cui solo due con arco a sesto policentrico. Cronologicamente questo tipo di portali potrebbero ascriversi ai primi decenni dell’ottocento, viste le notevoli similitudini col portale del rettore Carta a Guspini datato 1810.
Successivamente il portale divenne sempre più maestoso e monumentale a partire dalla seconda metà dell’ottocento, quando si cominciò ad utilizzare la trachite proveniente dalle cave di Sanluri, Villanova Forru, e Serrenti. La pietra ben squadrata e lavorata (sarà un caso, ma anche qui come Guspini, Arbus e Gonnos si cominciò a lavorare finemente la pietra solo dopo l’apertura delle miniere), con conci regolari, permetteva ardite soluzioni architettoniche, impreziosita da fregi, scanalature, modanature. Ricalca a grandi linee il modello precedente, con dimensioni maggiori raggiungendo e superando spesso i quattro metri d’altezza; è presente nella maggior parte dei casi la chiave di volta che porta scolpite le iniziali del proprietario, o l’anno di costruzione, o i simboli del mestiere professato dal proprietario, o altro fregio.
La copertura è di norma a una falda costituita da un ordito di canne e tegole legate da calce. A volte è costruito a filo strada con grossi mullonis alla base a fungere da paracarri, altre volte è rientrato con piedritti strombati per favorire l’entrata e l’uscita del carro. Si trovano una quarantina di questi portali, quasi tutti con arco a tutto sesto.
Riferibili alla prima metà del 900 e fino agli anni 50, sono poi una quarantina di portali realizzati in mattoni cotti. I piedritti sono sempre in conci di trachite, su cui si innestano gli archi a tutto sesto in laterizi, la chiave di volta è molto rara, quando si trova è in trachite o basalto. Sono meno alti e slanciati di quelli in conci di pietra, la copertura è a una falda è sono situati prevalentemente nelle zone di nuova espansione urbanistica rispetto al centro storico. A volte si trovano anche archi misti, prima trachite alla base della mensola e a chiudere l’arco i mattoni cotti.
I portali intonacati sono una quindicina, ascrivibili al modello in conci di trachite. Una particolarità di Sardara sono i portali in bugnato o finto bugnato (in tutto una decina), ma dove si raggiunge il massimo della maestria nel lavorare la pietra è nei maestosi portali in basalto scuro, liscio o bugnato. Proveniente da una cava vicino al paese la dura pietra vulcanica, veniva modellata da un abile scalpellino locale, che riusciva a ricavare preziosi intarsi sulla chiave di volta indicanti l’anno di costruzione, o un attrezzo inerente l’attività del proprietario; si contano sei portali in basalto.
Molto rari sono invece a Sardara i portali architravati in cemento armato, costruiti in numero massiccio nella vicina S.Gavino, e relativi all’ultima fase di costruzione dei portali (1940/60 circa), esistenti solo in una mezza dozzina di esemplari. Complessivamente Sardara può vantare il maggior numero di portali tra i paesi del Monreale, circa 150 compresi quelli restaurati o costruiti ex novo che sono circa una ventina (la perizia e l’utilizzo di materiali e tecniche antiche con cui sono realizzati, rende difficile a volte individuare un portale nuovo da uno vecchio).
Di particolare interesse ci sembra un portale pedonale in conci di trachite assimilabile ai tipici modelli catalani, presenti in gran numero anche ad Alghero. Una tradizione locale parla del trafugamento del materiale direttamente dal castello di Monreale, ma potrebbe anche trattarsi dei resti di un edificio risalente alla prima epoca aragonese, visto che nei pressi insisteva l’abitazione del nobile Don Tancredi Orrù.
Dopo gli anni ’60 anche a Sardara non si costruirono più portali, ma sulla spinta dei virtuosi progetti di sistemazione e valorizzazione del centro storico avviati dalle amministrazioni comunali a partire dagli anni ’90 del novecento, molti privati hanno ripreso ad innalzare portali. Grazie a un disciplinare molto severo e attento a salvaguardare le caratteristiche storico – architettoniche, sui materiali da utilizzare, i colori, le malte, e un attento lavoro di armonizzazione del tutto, Sardara può oggi vantare uno dei migliori e caratteristici borghi storici di tutta la Sardegna. Non a caso può fregiarsi di alcuni riconoscimenti a livello nazionale, e può e deve rappresentare un esempio per gli altri comuni del Monreale, che meno hanno recepito misure e strumenti per valorizzare il proprio patrimonio architettonico.
I portali che come abbiamo visto in questo breve studio, sono presenti in tutti i nostri paesi, con caratteristiche peculiari in ogni centro, possono a ben ragione rappresentare non più uno status sociale di una classe sociale come avveniva una volta, ma una intera comunità comunicando l’amore per la tradizione, per la propria identità storica, per una cultura di terra e pietra, e costituire anche un volano di sviluppo turistico e artigianale. Più che i portali virtuali, apriamo i nostri bellissimi portali in ladiri, granito, trachite e basalto, e facciamo si che ci si possa riconnettere con la loro funzione storica di aperture, di comunicazione, di passaggio, di trasmissione di saperi, tradizioni, bellezza, armonia.
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