di Giampiero Mura
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Non è ben chiaro il motivo che aveva spinto il filosofo, nonché politico e scrittore Giovanni Battista Tuveri, nato a Forru nel 1815 e morto a Collinas (sic) nel 1887, a far cambiare arbitrariamente il vecchio nome del villaggio, antico di millenni, contro la volontà dei suoi abitanti. Non convince per niente la scusa che aveva addotto, dei disguidi postali dovuti alla confusione che avveniva col vicino villaggio di Villanovaforru, considerato che all’epoca non vi era poi quel gran traffico di corrispondenza, essendo l’analfabetismo in Sardegna superiore al novanta per cento della popolazione. Pare, invece, stando a quanto sussurrava la vox populi del suo villaggio, che egli provasse una sorta di imbarazzo nel pronunciare quel nome davanti al Parlamento di Torino, alle orecchie dei cui deputati doveva apparire ridicolo. La cosa è del tutto verosimile se pensiamo che, ancora nella seconda metà del secolo scorso, non appena i sardi emigrati -e non solo- aprivano bocca, i piemontesi, dall’alto del loro presunto livello di civiltà superiore, li ridicolizzavano e screditavano, epitetandoli come “Mau-Mau”, nome di una tribù di selvaggi del Kenya.
Di contro, il canonico Giovanni Spano, la cui avversione ideologica nei confronti del Tuveri è cosa nota, aveva giudicato “strano” e “il suo battesimo non è stato di tanto buon gusto” il nome Collinas. Non gli era piaciuto quell’ibrido italiano sardizzato, doveva suonare male alle orecchie di un sardo dell’epoca.
Vittorio Angius, invece, a proposito del toponimo Forru, scrisse: “Il nome che ottenne questo luogo è più verisimile sia una voce sarda, della quale massime i meridionali si valgono in senso traslato a significare siffatta concavità dove d’estate sia un calore bruciante, quasi il vampo di un forno.”(1) Davvero singolare questa sua affermazione, dalla quale si evince che, nel tentativo di svelare le origini del toponimo, aveva fatto ampio ricorso alla fantasia, andando “a orecchio”.
Meglio di questo illustre intellettuale dell’Ottocento ha visto invece, in tempi più recenti, l’Accademico Massimo Pittau, linguista e glottologo di chiara fama, che, citando l’Angius, così scrive a proposito del toponimo Forru: “…quasi certamente questo non faceva alcun riferimento al clima del villaggio, ma semplicemente derivava da qualche forno o fornace di calce oppure di manufatti di terracotta…” (2). Non si può che convenire su questa spiegazione, dal momento che all’interno dell’insediamento nuragico situato sulla cima di Genna ‘e Maria, la collina più alta che sovrasta il paese, vi era un forno. Pertanto, considerato che il villaggio esisteva ancor prima della conquista romana, si potrebbe a buon motivo pensare che il termine Forru (Fornus) altro non sia che la sovrapposizione latina al vecchio nome in lingua protosarda del paese. Non sarebbe il primo caso a Forru, nel suo contado e in tutta la Sardegna. Sicuramente questo toponimo illustre plurimillenario meriterebbe maggiore considerazione, anche per rispetto delle generazioni che, attraverso i millenni, si sono succedute in questo angolo di mondo.
(1) “Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati si S.M. Il re di Sardegna”, V. Angius G. Casalis, G. Maspero, 1833,
(2) Massimo Pittau, “Toponimi della Sardegna meridionale, significato e origine”, 2011, Editrice Democratica Sarda (EDES) Sassari.
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