di Francesco Diana
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“Fissa il tuo cane negli occhi e prova ancora ad affermare che gli animali non hanno un’anima” (Victor Hugo)
Il citato aforisma offre lo spunto per tornare sul tema riguardante l’animale che da secoli è considerato il migliore amico dell’uomo. Lo facciamo nel momento in cui l’umanità intera soffre per effetto di un nemico invisibile di nome “Covid-19”, apportatore di sofferenze e lutti. Lo vogliamo fare principalmente perché riteniamo che la serenità che è capace di trasmetterci il nostro amico a quattro zampe sia superiore a quelle che potrebbe regalarci qualunque altro essere vivente, uomo compreso. Lo facciamo, infine, perché quanti soffrono il triste isolamento imposto dalle vigenti norme anti Covid, trovino adeguata compensazione nell’affetto incondizionato che ricevono quotidianamente dal loro amico convivente a quattro zampe o, in sua assenza, trovino conforto nei ricordi dei momenti vissuti in sua compagnia.
Non tutti gli anziani, purtroppo, costretti dagli eventi a vivere isolati, hanno l’opportunità e la fortuna di poter contare sulla compagnia del fedele amico! Ovviamente a nessuno è preclusa la possibilità di dotarsene, ma proprio per coloro i quali la reversibilità dell’affetto col proprio cane risulta particolarmente radicata, la sola prospettiva di doverli lasciare soli e abbandonati venendo a mancare, costituisce un pesante fattore limitante. Proprio a costoro vogliamo dedicare in modo particolare quanto in appresso, nella speranza che ciò possa compensare, almeno in parte, i loro disagi e le inevitabili sofferenze.
Partendo dai noti riferimenti scientifici, il cane e il lupo appartengono alla medesima specie animale “Canis-Lupus”, ma con la sostanziale differenza che, mentre il Lupo ha mantenuto la caratteristica naturale della Specie, mal adattandosi ai reiterati tentativi di domesticazione da parte dell’uomo, il cane avrebbe subito delle mutazioni genetiche tali che l’hanno portato a diventare il miglior amico dell’uomo.
Secondo una tesi scientifica abbastanza accreditata, il cane avrebbe subito consistenti mutamenti genetiche, assimilabili a quelle riscontrate in qualche caso sull’uomo, associate alla nota “Sindrome di Williams-Baurer”. Tale sindrome, conosciuta come disordine comportamentale dovuto alla mutazione del cromosoma 7, con perdita di materiale genetico, mentre nell’uomo costituisce una grave handicap, nella specie in riferimento avrebbe portato alla radicazione nel cane di caratteristiche comportamentali simili a quelle di un bambino, tali da indurlo a stringere un particolare rapporto di affetto e di amicizia con l’uomo. Quando tale rapporto è di tipo simbiotico, ciascuna delle parti avverte immediatamente i sentimenti dell’altro e assume spontaneamente gli atteggiamenti necessari a sancire il rapporto di reciproca amicizia.
Definito da Victor Hugo come “la virtù, che non potendo farsi uomo, si è fatta bestia”, il cane è talmente affezionato al proprio padrone che non si offende mai qualunque sia la punizione che lo stesso gli propina; sgridato o messo in punizione non serba risentimento alcuno nei suoi confronti ed è pronto a scodinzolare nuovamente quando ne avverte la vicinanza.
Quando vede il proprio padrone o anche se ne avverte in qualche modo il suo arrivo, ostenta felicità estrema anche nella speranza di ricevere in cambio una semplice carezza che qualche volta, purtroppo, non arriva a causa dei pensieri che spesso affollano la mente del suo amato padrone.
A differenza dell’uomo riesce a percepire lo stato d’animo del proprio padrone e assume gli atteggiamenti necessari a riportare serenità nell’animo dello stesso. Secondo diversi studi scientifici, proprio per questo motivo, è portato ad adeguare il proprio comportamento alla personalità dello stesso. Esso è in grado di ammortizzare la solitudine dei nostri giorni; se lo abbracci o semplicemente lo accarezzi lisciandogli il capo con la tua mano, t’infonde quel calore e quella gioia che nessun altro essere umano è in grado di assicurarti con la medesima intensità.
Tale atteggiamento lo tiene anche nei confronti dei familiari del suo amato padrone, belli o brutti, grandi o piccoli, ma mai in misura superiore al padrone stesso. Si sente amato da tutti e contraccambia col medesimo affetto, ma il padrone resta sempre al primo posto nella scala degli affetti.
Diceva Schopenhauer: “Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato”.
Il rapporto fra il cane e il proprio padrone, che dalle risultanze scientifiche risale addirittura al Neolitico, si è concretato nei secoli e permane ancora oggi.
Ciascuno di noi potrebbe riempire pagine intere nel raccontare situazioni di vita vissuta nel rapporto col proprio cane. Nella circostanza ci limiteremo solamente a invitare il lettore a riflettere sull’espressività del cane ritratto nella foto, per trovare adeguata risposta a quanto asserito in precedenza!
“Accarezzato da una mano amica e avendo di fronte il suo amato padrone che lo immortala, il suo sguardo esprime incontenibile gioia e un sentimento che, di riflesso, pervade anche l’animo di chi ha la fortuna di osservarlo, procurandogli altrettanta gioia e immensa serenità”.
Con ciò l’augurio che ciascuno di noi possa in tempi brevi scorrazzare liberamente fra i campi in compagnia del suo fedele amico o che possa riprendere regolarmente la vita di tutti i giorni e ritrovare ad accoglierlo, rientrando a casa dopo una giornata di lavoro, le festose manifestazioni del suo amico più fedele e sincero.
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