RUBRICA

Ius soli,  Ius sanguinis, Ius culturae

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di Sandro Renato Garau
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Tante le discussioni e anche la confusione che si sta creando sullo “ius soli, ius sanguinis, ius culturae” e gli argomenti che si portano a favore e contro. Il dritto è sicuramente che questi istituti non hanno niente a che vedere con gli sbarchi dei disperati clandestini ai quali assistiamo in questi giorni. Problema che tutti i continenti e molte nazioni, a tutte le latitudini, stanno vivendo e per il quale, prima si trova una soluzione e un linguaggio comune, meno persone continueranno ad essere ricattate, schiavizzate e moriranno attraversando deserti, mari e montagne alla ricerca di una vita dignitosa. Di cosa si discute quando si vuol parlare di “ius soli, ius sanguinis e ius culturae”? Lo “ius” per i latini, che non sempre erano italiani di nascita, alcuni erano africani, altri arabi, significa diritto, del suolo, del sangue, della cultura. In Italia la cittadinanza italiana è trasmessa secondo il principio dello “ius sanguinis” da genitore a figlio. Solo chi “ha il padre o la madre italiano, chi nasce in Italia da genitori ignoti, apolidi o che provengono da un paese dove non è prevista la trasmissione della cittadinanza, e chi è straniero ma viene adottato quando è ancora minorenne diventa automaticamente cittadino italiano”.  Lo “ius solis” prevede, invece, di acquisire la cittadinanza di un dato paese se si è nati sul suo territorio indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Lo “ius culturae” permette la possibilità di ottenere la cittadinanza a un minore straniero nato in un altro paese o arrivato entro una certa età, se ha frequentato regolarmente almeno uno (o più) cicli di studio o dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Bisogna dimostrare di avere un certo livello di “culturae”. In Italia sarebbero in molti quelli che acquisirebbero questo diritto, perché dalla nascita o dal loro arrivo hanno frequentato le scuole, dalle materne all’università, sono inseriti stabilmente nei processi produttivi a molti livelli, pagano le tasse e a tutti gli effetti contribuiscono alla crescita della nazione. Certo, alcuni pongono il problema che non sono di razza bianca.  Per fortuna nessuno ha mai potuto decidere di che colore nascere, dove nascere, lo status della famiglia che lo avrebbe accolto. Almeno in questo la democrazia è perfetta. Lo “ius soli” sta facendo discutere molto perché riguarda quelle persone che non possono accedere alla cittadinanza pur essendo nati, cresciuti e “studiati” in Italia.

In altre nazioni si è trovata la formula di uno “ius soli temperato” che richiede oltre la nascita sul territorio di uno Stato, che si soddisfi almeno un’altra condizione, per esempio che i genitori siano muniti di regolare permesso di soggiorno, oppure che almeno uno dei due risieda nel territorio dello stato da un numero minimo di anni, o altro.

Nella vecchia Europa, non ci si riferisce alla Comunità Europea, lo “ius soli temperato” si esprime in diverse forme, tendenti a far sì che diventi cittadino chi è nato, parla perfettamente la lingua, ha studiato, lavora e paga le tasse nella nazione che lo ospita. Esso è applicato da circa il 31% degli Stati, 8 circa. Si potrebbe dividere la vecchia Europa tra le nazioni che da Palos de la Frontera in Portogallo il 3 agosto 1492 hanno seguito Colombo nella scoperta delle Americhe, colonizzando il mondo conosciuto e chi non aveva le condizioni per farlo. Qualche esempio. In Portogallo, per ottenere la cittadinanza, basta che madre e padre dichiarino di volere essere cittadini portoghesi a condizione che uno dei due risieda in territorio portoghese da almeno 2 anni. Per un bambino nato in suolo spagnolo basta che si faccia richiesta di cittadinanza dopo un anno di residenza. In Gran Bretagna, l’unica condizione richiesta è che almeno uno dei genitori abbia un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. In Belgio la cittadinanza si ottiene automaticamente al compimento della maggiore età. In Olanda bisogna presentare richiesta e dimostrare di risiedere ininterrottamente nel territorio almeno dall’età di 4 anni. In Francia, si acquisiste il diritto di cittadinanza se il giovane risiede da almeno 5 anni, al momento del compimento della maggiore età. In Irlanda almeno uno dei genitori deve risiedere nel Paese da minimo 3 anni. In Germania i figli di stranieri diventano cittadini tedeschi se uno dei due genitori risieda legalmente nel paese da almeno 8 anni e abbia un permesso di soggiorno a tempo indeterminato da minimo 3 anni.

In Asia il 29% delle nazioni riconoscono uno “ius soli temperato”, l’Africa è al il 31%.

Nel continente americano, lo “ius soli assoluto”, e senza condizioni è adottato in modo automatico dall’83% delle Nazioni, tra questi Stati Uniti, Canada e quasi tutta l’America latina. Il residuo 14% delle nazioni ne ha adottata una versione ridotta. Il 3% non lo prevede.

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