All’interno del centro urbano vi è una piccola chiesa di cui pochissimi conoscono la sua storia e alcuni ne ignorano persino l’esistenza. Fra le cause di questa “poca notorietà” vi è, presumibilmente, il fatto che l’edificio si trova ubicato su alcuni terreni privati (in prossimità della via Sicilia) non facilmente visibili dalle vie più frequentate del paese. «Le prime notizie dell’esistenza di questa chiesa intitolata a santa Maria del Carmen o del Carmelo a seconda dei documenti – spiega Fabiola Onnis, archivista e consigliera comunale – le si trovano in un testamento del lontano 1758 appartenente a tale Giovanni Sisinnio Sechi, notaio lunamatronese sposato con Anna Mancosu, nobildonna dell’epoca. Nel documento emerge come questa chiesetta, pur essendo di proprietà della coppia, rientrasse fra i benefici parrocchiali ovvero in quelle rendite dei beni assegnati al “sacerdote addetto” in virtù del dovere ecclesiastico che esercitava nella comunità di allora. In un altro testamento, quello della moglie di Sechi, si evincono alcune raccomandazioni fra cui quella di celebrare ogni 16 luglio, nella chiesa, una festa in onore di santa Maria del Carmine con “missa parada” e processione. Per l’occasione, si auspicava, che venisse macellata una vacca e che la sua carne venisse distribuita ai poveri del paese».
L’edificio, oggi come allora, si presenta esposto a sud e a navata unica con tre nicchie sull’abside, queste tuttora esistenti. Il campanile, crollato da tempo, era a doppia vela; le sue campane, invece, sono ancora conservate presso la chiesa parrocchiale del paese. Vi era pure una sagrestia che comunicava con l’abitazione dei proprietari: ciò indica che, oltre che essere una cappella privata, la chiesetta venisse aperta anche al pubblico. Fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo l’edificio era ben noto e fruibile dai cittadini dell’epoca: «La contessina Priama, figlia del notaio Sechi e di Anna Mancosu, – continua a spiegare Fabiola Onnis – ereditò una cospicua somma dai genitori tale da mettere in pratica le loro volontà: pertanto, alla fine del ‘700, la chiesa venne dotata di tutti gli arredi e i paramenti necessari. Tale atto di devozione venne ampiamente appoggiato dal canonico prebendato di Lunamatrona, il decano Obino Meloni, e dall’allora vescovo di Ales, Michele Aymerich, che lo stesso anno ne rilasciò l’atto di concessione». Per alcuni decenni questa chiesa si ritagliò quindi il suo piccolo spazio all’interno della vita ecclesiastica della comunità; tuttavia, già durante le prime decadi del ‘800, la sua importanza iniziò a venir meno con un lento e progressivo abbandono. Il motivo è senz’altro da ricercarsi sulla scarsa solidità della struttura e al fatto che le raccomandazioni testamentarie dei coniugi Sechi e della contessa Priama di preservare l’edificio vennero disattese dopo pochi anni dalla loro morte. La questione ci viene ben illustrata dalla stessa Fabiola Onnis: «In una relazione su una visita pastorale del 1834 nel paese si legge come l’allora vescovo Antonio Raimondo Tore avesse esortato i benestanti del paese, a causa dell’alto rischio crollo riscontrato nell’edificio, affinché si attivassero per il suo restauro. Tuttavia, l’allora Vicario, Giomaria Mancosu, non riuscì a mettere in pratica alcuna misura di conservazione poiché, nonostante esistesse un chiaro lascito testamentario, i fondi di quel beneficio, amministrati dall’allora decano della cattedrale, erano già stati assorbiti dalle necessità prioritarie della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Non si hanno notizie certe su quando si verificarono i primi crolli, tuttavia è ben chiaro come la chiesa, dopo pochi decenni di “operosità religiosa”, venne lasciata in balìa sé stessa. Per qualche tempo nei lunamatronesi è rimasto il culto per la madonna del Carmelo pian piano sostituito da quello per altri santi oggetto della devozione religiosa. Di tanto in tanto, da parte di alcuni, emerge il timido desiderio di restituire alla comunità l’antico edificio che, ricordiamo, nacque privato e rimane privato». Gli attuali proprietari, per chi fosse interessato, si sono sempre mostrati disponibili nei confronti di chiunque abbia la curiosità di dare un’occhiata alla struttura che, nonostante le sue condizioni di fatiscenza, rimane certamente un pezzo di storia apprezzabile della comunità lunamatronese.
Simone Muscas
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