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EMOTIVAMENTE

La paura via web

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di  Alice Bandino*
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Abbiamo più volte ribadito quanto spesso la paura possa essere l’input per intensificare altre emozioni come la rabbia o il disgusto, altre volte può trasformarsi in emozioni positive e nutrire costrutti più profondi, come l’empatia o la resilienza. Ma oggi, cosa sta succedendo? Nello scorso numero, scritto il 5 Marzo, avevo paragonato la situazione restrittiva conseguente al Covid-19 a un terremoto (avendone avuto esperienza diretta nel 2009); due settimane dopo, lo scenario è ancora diverso e da “semplice influenza un po’ più forte”, siamo giunti alla classificazione OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di Pandemia.
Solo in Italia i contagiati son più di 33 mila, con circa 3450 morti (ad oggi).
Ma c’ è una notizia che aiuta e da speranza: il direttore generale dell’OMS, il biologo etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus esperto ricercatore contro la malaria, ha vantato il “modello sanitario italiano”, indicandolo agli altri Stati come esempio da seguire nel contrasto del Covid-19. Questo vuol dire principalmente una cosa, siamo in buone mani; i clinici italiani, in primis i rianimatori, son riconosciuti come all’avanguardia a livello mondiale; certo, il livello di saturazione delle terapie intensive è un problema da gestire ma lo sforzo che quotidianamente fanno i nostri sanitari va riconosciuto e ammirato e non possono le nostre paure metterlo in discussione.
Questa certezza dovrebbe bastare per seguire le disposizioni ufficiali e fare ognuno la nostra parte senza intralciare il lavoro di chi, silenziosamente, è in “trincea” contro questa pandemia; gli esperti a livello mondiale dichiarano che pur essendo l’incidenza di mortalità più bassa di altri virus della stessa famiglia, questo tipo di coronavirus ha un alto indice di contagiosità. Ogni giorno, dai siti istituzionali ai tanti social è questo il messaggio che passa “Restiamo a casa”, i sindaci escono dalle aule consiliari per andare a responsabilizzare i cittadini, invitandoli a rispettare le disposizioni, ma ciò non basta, le persone hanno paura e non tutti reagiamo in modo prestabilito nelle situazioni di pericolo dove la nostra sopravvivenza o quella dei nostri cari è messa in discussione.
Un evento catastrofico come una pandemia, a livello psicologico mette alla prova tutte le certezze di una vita e le persone già vulnerabili potrebbero essere più a rischio degli altri di rimanere invischiati in quella che in termine scientifico viene denominata dall’ OMS infodemia, ovvero l’abbondanza di notizie che condiziona il nostro modo di comprendere la realtà, condiziona la nostra mente, l’attenzione, l’elaborazione e la restituzione delle informazioni.
La moltitudine di siti, blog, fake-news sulle diverse piattaforme, causano un contagio emotivo virale, tanto che le persone vulnerabili fanno fatica a discriminare le notizie vere dalle false e dopo le settimane di clausura forzata iniziano a vedersi i primi segni di cedimento.
Come possiamo allora far fronte a questa infodemia che trasforma la paura in sospetto, in sorpresa, in rabbia, in ansia? Tutti abbiamo paura, sarebbe da incoscienti non averne: abbiamo paura del dopo, soprattutto di un’eventuale crisi economica, c’è chi lo esterna pubblicamente e chi cela la preoccupazione con altri atteggiamenti provando a rivolgere l’attenzione su altro; eppure non dobbiamo vergognarci, è normale avere paura in una situazione di pericolo così grande e se questa paura viene negata e non affrontata, prima o poi emotivamente si crolla. Chi sono le persone vulnerabili oggi? Probabilmente le persone già provate da altre patologie fisiche o psichiche; sicuramente chi abita nelle zone più colpite da questo virus; chi è collegato con le vittime perché parenti o operatori sanitari; chi sta sperimentando questa esperienza la solitudine. Fa paura sentirsi isolato e non sentirsi nei pensieri di nessuno, fa paura sapere che le vittime muoiono sole, lontane dagli affetti in una stanza asettica; sono impressionanti le immagini dei mezzi militari che trasportano le bare dei bergamaschi verso la cremazione; il web ci riporta tanti modi per ingannare questa solitudine: flash mob virtuali o sui balconi, musica, arte, video gastronomici, tutorial di ogni tipo, abbiamo bisogno di rumore, di chiasso che spezzi il silenzio che tanto spaventa; psicologicamente occorre ogni tanto un po’ di silenzio, ma quando si protrae per troppo tempo, il silenzio e la solitudine sanno di altro, ecco perché riusciamo a empatizzare col dolore delle vittime, perché ci spaventa la loro morte in solitudine, perché con il passare delle settimane e dei bollettini diffusi quelle morti diventano paura della nostra stessa morte. Abbiamo anche altre cause di disagio nate dalla frustrazione di stare a casa chiusi con chi non vorremmo stare, abbiamo la nostalgia delle persone con cui invece vorremmo stare; abbiamo affetti all’estero con cui non possiamo ricongiungerci; stiamo osservando che la paura spesso diventa angoscia se non addirittura terrore e ansia.
Come fare allora per contrastare le paure derivanti da questa infodemia? Gli esperti mondiali, soprattutto quelli cinesi che hanno già avuto a che fare con il virus, hanno si vantato il modello sanitario italiano ma son rimasti colpiti dalla quantità di persone che ancora girano per strada. Dovremmo sacrificarci maggiormente e uscire solo per lavoro e per i beni di prima necessità, per il bene di tutti; la noia non sempre aiuta, ma nutrire la creatività in modo proattivo ci permette di creare una grande quantità di alternative; chi ha bisogno, può avere il sostegno psicologico professionale via web, competenze informatiche permettendo; vanno tutelati i bambini che certamente rientrano tra i soggetti vulnerabili, bisogna rassicurarli e cercare di riprodurre una parvenza di normalità tra le mura domestiche, un grande aiuto viene dalla didattica in e-learning attuata e perfezionata con tempestività dal Ministero, tenere i contatti con compagni e maestre li rassicura, soprattutto se bombardati da immagini o notizie dell’emergenza. Pensiamo ai malati, agli anziani e a chi non ha nessuno, non lasciamoli soli (con le dovute precauzioni e con le videochiamate), perché come già detto, anche la solitudine è un disagio che può portare a conseguenze disastrose. E poi informiamoci davvero e cerchiamo di leggere notizie da fonti certe, evitiamo di diffondere bufale o messaggi complottistici, ribelliamoci contro chi vuole cavalcare questo momento per dividerci, non nutriamo le paure col pessimismo, affrontiamole, supereremo anche questo!

*psicologa

www.psygoalicebandino.it

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