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Economia & Lavoro

La protesta degli agricoltori, una battaglia sacrosanta

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Gli agricoltori giunti a Bruxelles hanno portato 1300 trattori in città. Loro erano in 2000. Ora la protesta continua sul territorio italiano. Aiutare chi mantiene curato, vivo, e produttivo il territorio è un preciso dovere delle istituzioni nazionali e comunitarie perché l’agricoltura è vita e va difesa sempre!
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di Fulvio Tocco
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Tra le parole d’ordine evidenziate sui frontali dei trattori messi in marcia dagli agricoltori per rivendicare una giusta attenzione da parte delle istituzioni ad ogni livello, quella che più mi ha colpito e stata “L’Agricoltura è vita”. Fu la parola d’ordine adoperata da Giuseppe Avolio quando si batteva, alla fine degli anni Settanta, per la ristrutturazione delle organizzazioni agricole e propose la convocazione di una “Costituente per l’unità nelle campagne”. All’epoca era ancora presente la questione della mezzadria, dei coloni e degli affittuari. Messa successivamente in ordine con la legge Legge 3 maggio 1982, n. 203 – Norme sui contratti agrari.

La protesta messa in atto dagli agricoltori ha come obiettivo proprio le istituzioni e le politiche comunitarie, in particolare l’agenda verde – il cosiddetto Green Deal – che dovrebbe portare alla neutralità climatica entro il 2050.  Per raggiungere lo scopo l’Europa chiede agli agricoltori di eliminare i pesticidi dannosi (dovrebbero essere dimezzati entro il 2030), di aumentare la rotazione delle colture, di introdurre nuove tecnologie, ridurre le emissioni e gli sprechi alimentari. Questo obbiettivo sacrosanto, però non può, in tempi brevi, pesare esclusivamente sulle spalle degli agricoltori che già svolgono un’insostituibile funzione di “custodi delle campagne” al servizio dell’eco sistema e dei cittadini. In corretta sintonia dell’Agenda 2030 che si propone infatti di “proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica”.

 

Che le campagne siano più salubri, curate e sorvegliate è interesse di tutta la società contemporanea. Il cibo interessa tutti. L’ambiente interessa tutti. La conservazione delle biodiversità ugualmente. Per questo gli agricoltori vanno sostenuti con aiuti straordinari. Ma la loro protesta va soprattutto studiata. Chiedono sostegni più equi, chiedono di calmierare i costi dei carburanti e dei concimi, di snellire la burocrazia e misure per regolare l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni produttivi. Temi che avrebbero dovuto affrontare, anticipandoli, coloro che hanno responsabilità di governo. Lo chiedono perché oggi c’è chi lavora troppo e sono gli agricoltori e chi sulle loro fatiche guadagna molto. Il dato è macroscopico, per esempio: il grano vien pagato mediamente a 0. 23 il Kg e rivenduto a 3,2 il Kg. Se si fosse fatta attenzione fin da quando fu approvato il Protocollo di Kioto ora non saremo a questo punto! Il tema ambientale è sempre più di attualità e lo è ormai da lontano 1995, quando fu siglato questo patto tra le varie nazioni che hanno preso parte alla conferenza in Giappone, precisamente nella città di Kyoto, che affrontava le problematiche relative al surriscaldamento globale nel dettaglio. Nel Medio Campidano avevamo fatto tesoro di quelli indirizzi coinvolgendo gli enti locali, le organizzazioni sociali e 1368 operatori agricoli (alla quinta annualità) per il Progetto agro-eco-ambientale “Vivere la Campagna”, per cui possiamo dire senza essere smentiti che il Protocollo di Kioto guardava molto in avanti e se condiviso a suo tempo ora non saremo ad ascoltare le dichiarazioni di coloro che a Bruxelles dicono che il Green Deal va cambiato. Se si partisse dal contenuto di quel cartello con la scritta “l’Agricoltura è vita” messo in evidenza da un agricoltore sul frontale del suo trattore il settore primario sarebbe ai primi posti della considerazione delle istituzioni e dei cittadini tutti, perché la cura della campagna e di chi la lavora, interessa veramente tutti appena si esce di casa la mattina. Invece ora le proteste hanno come obiettivo proprio le istituzioni europee e il cosiddetto Green Deal, il predetto programma di investimenti e sviluppo che dovrebbe portare, ripeto, alla neutralità climatica entro il 2050. Gli agricoltori ritengono che le misure sollecitate dall’Europa, senza contrappesi riequilibranti, avrebbero delle conseguenze negative sulla loro attività professionale e sollecitano degli interventi straordinari a loro sostegno. E non hanno tutti i torti.

 

APPROFONDIMENTO

 

Cosa chiede l’Europa

Fino a oggi il settore agricolo è stato uno di quelli che ha ridotto di meno le emissioni inquinanti che derivano dalle sue attività. Sia i governi che l’Unione hanno provato a imporre delle regole che potessero indirizzare il settore verso una maggiore sostenibilità ambientale. Per raggiungere l’obiettivo emissioni zero l’Europa ha chiesto per esempio di eliminare i pesticidi dannosi – con l’obiettivo intermedio di dimezzarne l’uso entro il 2030 – di aumentare la rotazione delle colture, di introdurre nuove tecnologie, ridurre le emissioni e gli sprechi alimentari.

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Cosa chiedono gli agricoltori

Gli agricoltori chiedono sussidi più equi, di calmierare i costi dei carburanti, di snellire la burocrazia, di prorogare l’ammissione sul mercato di carne sintetica (come ha chiesto anche l’Italia), e misure per regolare l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni produttivi. Altre lamentele riguardano i bassi margini di guadagno e la slealtà della concorrenza extra-europea che non deve rispettare quegli obblighi. Polonia e Romania lamentano in particolare anche l’alterazione del mercato per l’afflusso di prodotti a prezzi stracciati provenienti dall’Ucraina: l’Unione, nel giugno 2022, ha liberalizzato il commercio con il paese invaso dalla Russia.

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Le reazioni della politica

La Commissione UE ha proposto di sospendere il parametro che vincola gli agricoltori europei a lasciare incolto il 4% dei propri campi (in modo da stimolare la biodiversità) per ottenere i fondi comunitari. Il parametro è stato adottato nel 2023 e in realtà non è mai entrato in vigore: nel 2023 era già stato sospeso per venire incontro alle difficoltà degli agricoltori dovute alla crisi energetica e all’aumento delle spese di trasporto innescate dalla guerra in Ucraina. La Commissione di coltivare su quei terreni piante che hanno effetti particolarmente benefici sulla terra – piselli, fave o lenticchie – o colture a crescita rapida dall’impatto meno pesante sul territorio.

La proposta dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Unione Europea. L’UE spenderà per la PAC circa 387 miliardi di euro nel bilancio 2021-2027. I fondi della PAC (Politica Agricola Europea) sono il principale serbatoio di fondi per l’agricoltura dell’Unione Europea.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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ecco qualche nostra proposta….

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