di Andrea Lanterna
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Guido Guidi arriva in Sardegna la prima volta nel maggio del 1974. L’occasione è il suo viaggio di nozze, peculiare sin dall’inizio: a scendere da Cesena verso Civitavecchia per andare a Olbia a bordo di una Fiat 127 sono lui, la moglie Marta e l’amico Maurizio Predasso.

Guido Guidi, all’epoca tecnico per un laboratorio di fotografia universitario, non è ancora il famoso fotografo che sarebbe diventato negli anni seguenti, ma scatta una serie di immagini che ritraggono luoghi e persone attraverso tutta l’isola, passando per Arzachena, Orgosolo, Carloforte, la Maddalena. Negli anni seguenti Guidi è tornato più volte sull’isola, pubblicando anche “A Seneghe” con Mariangela Gualtieri nel 2011, ma le foto del viaggio di nozze “a tre” restano inedite.
È solo nel 2019, in occasione della mostra “In Sardegna: 1974, 2011” curata da Irina Zucca Alessandrelli e allestita al museo MAN di Nuoro che queste fotografie vengono infine pubblicate dalla casa editrice Mack di Londra.
La mostra affianca alle foto del 1974, in bianco e nero, quelle a colori scattate nel 2011 per conto dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna accompagnato anche dal fotografo statunitense John Gossage, a cui fa da cicerone.
Le due serie di immagini mostrano aspetti diversi ma affini dell’isola a distanza di più di 30 anni di distanza tra loro attraverso lo sguardo di un fotografo che, sempre di più nel corso degli anni, è stato capace di allontanarsi dalle rappresentazioni più scontate. Non ci sono cartoline tra le pagine di “In Sardegna: 1974, 2011” quanto sprazzi della vita degli abitanti in rapporto agli spazi che abitano: di Orgosolo non ci sono i murales, ma muri scrostati dal vento e dal sole. Lo sguardo di Guidi, sempre attento al mondo rurale e periferico, trova in Sardegna il modo di mostrare al lettore sia un catalogo degli spazi meno appariscenti dell’isola.
Antonello Frongia, in uno dei testi che accompagna il libro, afferma: «Forse nessuno aveva mai posato lo sguardo con tanto rispetto su questi lembi di muro a Oschiri, Seneghe o Decimomannu e quando compare una figura umana, che sia defilata o il soggetto della fotografia, questa appare in continuità con il luogo. In questa attenzione dello sguardo si può trarre il valore più profondo del libro, che ci lascia con il dubbio di dove sia il confine nel rapporto di controllo tra lo spazio e chi lo abita».
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