di Giovanni Contu
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Molte ipotesi prendono forma per riprendere le attività artistico canore; si pensa agli spazi aperti. Tuttavia, come sostiene Giuseppe Altea, direttore del coro Carrales, «per quanto l’idea del fare musica immersi nella natura possa essere stimolante e decisamente rilassante, vi è da dire che negli spazi aperti il suono si disperde molto più facilmente; inoltre, la difficoltà nel dover cantare distanti l’uno dall’altro, sovrastati dal chiasso del traffico o quello dei passanti costituisce certamente un altro elemento non trascurabile».
Sulla base delle diverse proposte, per i gruppi attivi in una dimensione locale, ci sarebbe la possibilità di utilizzare le chiese, tanto per le prove quanto per le manifestazioni in pubblico. «Tuttavia, anche in questo caso – prosegue Giuseppe Altea – si profilano importanti incognite; gli orari, non compatibili fra disponibilità dei coristi che provano in tarda serata quando di solito, non vi è possibilità di permanenza. Nel caso poi del repertorio sacro, nessuna difficoltà relativa al luogo; compatibilità che verrebbe meno con le opere profane, che potrebbero apparire non consone in una chiesa. Nella città di Cagliari vi sono chiese sconsacrate, ma anche in questo caso le concrete possibilità di utilizzo sarebbero tutte da verificare».
«Nell’ipotesi delle palestre – aggiunge il nostro interlocutore – scartata la scelta dell’amplificazione, innaturale nella limpidezza del canto corale – l’esecuzione sarebbe impraticabile a causa dell’assorbimento sonoro. Vi è da aggiungere che per cantare in sicurezza, si dovrebbe utilizzare la mascherina; e a quel punto il suono non verrebbe emesso correttamente, i coristi dovrebbero seguire il labiale del maestro, cosa impossibile con lo sguardo occluso dalla protezione respiratoria. Non vedo in questo momento così particolare e critico alcune prospettive per cominciare subito; sia per il canto che per le diverse forme di cultura espressiva sonora, parlata e cantata».
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