Il 31 gennaio si celebra San Giovanni Bosco. L’avventura di don Giovanni Bosco (1815-1888) era iniziata a Torino nella primavera del 1846, quando, rivolto alla gioventù più povera ed emarginata, fondava a Valdocco l’oratorio intitolato a Francesco di Sales. Da lì, la sua opera si diffuse in tutta Italia e nel mondo. Dopo aver avviato la Società Salesiana nel 1859, don Giovanni Bosco istituì nel 1872 il ramo femminile della congregazione, le Figlie di Maria Ausiliatrice.
La prima presenza dei figli di don Bosco in Sardegna risale al 1898 quando a Lanusei nasce la prima casa salesiana con l’oratorio e il centro professionale. I salesiani arrivano a Cagliari soltanto il 13 ottobre 1913. Il 5 dicembre dello stesso anno, a Guspini, la Baronessa Rossi Meloni Maria e il marito, Barone Boy Antonio, con il rettore Mameli costituirono la fondazione “Asilo Nido di Santa Maria”, dotandola di una rendita annua di 30.000 lire; ne assume la direzione lo stesso don Pietro Mameli, parroco di San Nicolò, che ne redige anche lo Statuto e ne affida la gestione alle suore salesiane di Don Bosco che arrivano a Guspini il 26 ottobre 1914; il 22 novembre successivo l’asilo sarà riconosciuto come “ente morale”. All’atto dell’insediamento il parroco tenne un discorso, nel quale “considerava una grazia di Dio per i guspinesi la venuta delle salesiane e raccomandava la devozione a Maria Ausiliatrice. Illustrava poi il fine della nuova istituzione: accogliere e custodire gratuitamente i bambini poveri, provvedere alla loro educazione, dirigere la scuola materna, organizzare corsi di cucito e ricamo per le ragazze del paese e curare un oratorio ricreativo femminile”. Le suore salesiane, che negli anni operarono a Guspini, si resero meritevoli anche per l’assistenza economica e morale alle famiglie dei combattenti e degli orfani dei caduti nella Prima Guerra Mondiale, per l’educazione della gioventù e per l’istituzione dei cooperatori e cooperatrici salesiani”. In Sardegna, la crisi economica e sociale si era infatti aggravata con l’inizio della guerra, quando l’industria mineraria entrò in crisi. Una grande ondata di licenziamenti interessò la miniera di Montevecchio e la disoccupazione colpì anche gli altri settori dell’economia. Il calo della produzione agricola e l’aumento del costo della vita peggiorarono ulteriormente la situazione dell’Isola.
Il 28 ottobre 1922, con la “marcia su Roma”, Benito Mussolini riuscì a imporsi al governo. Inizialmente sospettosa, la Chiesa trovò gradualmente nel regime fascista un interlocutore affidabile. L’atteggiamento del fascismo, d’altra parte, fu ispirato a realismo politico, e il regime evitò di entrare in contrasto con il Vaticano. Non mancarono, tuttavia, momenti di tensione, che ebbero il loro apice nel 1928, quando il governo sciolse tutte le associazioni non fasciste, compresa l’Azione Cattolica, che, con le sue attività, era entrata in conflitto con l’Opera Nazionale Balilla. In una comunicazione del 1930, Mussolini scriveva: “Non bisogna imbottigliarsi nell’antireligiosità per non dare motivo ai cattolici di turbarsi. Finché i preti fanno tridui, processioni, non si può fare nulla. Un’altra cosa però è l’Azione Cattolica e lì è nostro dovere fronteggiare. In linea di massima: consentire, e mostrarsi deferenti anche, per tutto ciò che riguarda manifestazioni religiose processioni, tutto ciò che riguarda la salvezza delle anime. Li combattiamo invece senz’altro non appena tentano di sconfinare nel campo politico, sociale, sportivo”. Nel 1931 i rapporti tra la Chiesa e il regime si fecero più tesi. Nel maggio di quell’anno una violenta repressione fascista si scatenò contro l’Azione Cattolica. Alle proteste dei vescovi, Mussolini rispose chiudendo tutti i circoli cattolici. Ai primi di settembre si arrivò infine ad un accordo: l’Azione Cattolica si impegnava a perseguire solo obiettivi strettamente religiosi. I salesiani si erano trovati nel pieno del conflitto tra le organizzazioni giovanili e non erano mancate violenze contro gruppi di oratoriani. Si decise, comunque, di mantenere gli oratori aperti a tutti i ragazzi, anche quando si presentavano con le divise fasciste.
A Guspini, dopo lo scioglimento dell’amministrazione socialista che aveva vinto le elezioni del 1920, nel gennaio del 1923 si era insediato un commissario prefettizio. Le elezioni, più volte annunciate e rinviate, si tennero nell’agosto del 1925 in un clima di crescenti minacce e aggressioni da parte dei fascisti. Fu eletto sindaco il dott. Antonino Murgia, fino a quando nel 1927 lo stesso Murgia venne nominato podestà. Questi, divenuto direttore dell’ambulatorio provinciale antirabbico, si era definitivamente trasferito a Cagliari, disinteressandosi dell’attività amministrativa, e venne perciò revocato dall’incarico; il 4 febbraio 1928 fu quindi nominato un commissario prefettizio.
L’instabilità e le tensioni a livello locale impedivano di individuare in una persona del luogo una figura adeguata a svolgere il ruolo del podestà. Le difficolta non venivano soltanto dalle residue, episodiche – ma continue – manifestazioni di natura antifascista, né dal crescente malcontento popolare per il peggioramento delle condizioni di vita; erano causate soprattutto dai contrasti interni alla locale sezione fascista e all’amministrazione comunale che si sommavano a vecchi rancori e conflitti di paese. Il 5 giugno 1928, una nota della prefettura di Cagliari informa: “Ora la situazione di Guspini è effettivamente delicata a causa dei gruppi, in forte contestazione, che si son venuti a creare esclusivamente per motivi personalistici, beghe locali e vecchi rancori, che impediscono non soltanto il normale funzionamento dell’amministrazione, ma anche la risoluzione di parecchi problemi importanti, specialmente dal lato igienico”. Si alternarono, perciò, tra il 1928 e il 1931, una serie di commissari prefettizi fino a quando venne designato commissario il sig. Carlo Bianco, “proprietario di un ingente patrimonio immobiliare che risiede sul posto e dà affidamento di bene adempiere l’incarico”. Non senza strascichi e polemiche, il Bianco venne poi nominato podestà; scrive il prefetto di Cagliari il 4 dicembre 1931: “Il Sig. Bianco Carlo fu Giovanni, nominato commissario prefettizio di Guspini il 15 marzo 1931 ha dato durante questo periodo prova di buona amministrazione. Avendo egli, con l’esperienza commissariale, acquistato il titolo necessario, previ accordi col segretario federale, pregiosi proporlo per la nomina a podestà di Guspini. Risiede in Guspini, è coniugato con prole ed è iscritto al partito”. Neanche la sua nomina metterà, tuttavia, fine ai conflitti e ai contrasti tra i fascisti guspinesi, né sarà capace di rasserenare il clima politico e amministrativo.
In pieno regime fascista, quindi, quelle religiose erano le uniche manifestazioni popolari tollerate, e, spesso, anche queste rappresentavano agli occhi della dittatura un pericolo e una minaccia perché rischiavano di diventare occasione per dimostrazioni di natura sovversiva e antifascista. Una nota del questore inviata al podestà di Guspini il 1° agosto 1934, iniziava così: “Processioni Religiose. Spesso avvengono discussioni fra i signori Podestà e signori Parroci per quanto riguarda l’autorizzazione delle processioni religiose in quanto i signori Podestà non le consentirebbero se non in seguito al benestare della Questura”. La nota ammoniva al rigido rispetto dei regolamenti di pubblica sicurezza. Il richiamo era giustificato; ancora nel 1932, a più riprese, si terranno a Guspini “pacifiche manifestazioni” per protestare contro la disoccupazione e il caro delle tasse. “Lo spirito pubblico” – scriveva il prefetto – “risente della persistente crisi economica”. Continua: “Lo spirito pubblico è sempre depresso. I carichi fiscali danno motivo a lamentele per la incomprensione dei redditi delle singole persone da parte del Procuratore delle Imposte: ad ogni scadenza trimestrale è un affannarsi per mettere insieme l’importo delle imposte e taluno è stato costretto a svendere per procurarsi il fabbisogno”. E chiude: “L’ordine pubblico permane normale, né si prevede che possa essere turbato. Però è sempre incerta la situazione dei comuni della zona mineraria dipendente dal Gruppo Montevecchio, essendo questo quasi in istato di fallimento per cui abitualmente ritarda parecchio la corresponsione dei salari agli operai”.
Il 2 giugno 1929 papa Pio XI ha intanto beatificato don Bosco, e lo proclama santo il 1º aprile 1934, giorno di Pasqua. Quell’anno, le cerimonie per la canonizzazione – grandiose quelle di Roma e Torino – furono ampiamente abusate dal regime per accrescere il proprio consenso. Anche a Cagliari, si tennero grandi celebrazioni. Il 17 novembre 1934 il Teatro Civico ospitò la “celebrazione civile del Santo in Cagliari”, alla presenza di tutte le autorità civili e dell’intero episcopato sardo, con un discorso tenuto dall’accademico Francesco Orestano. Ne scrive anche L’Unione Sarda del 18 novembre 1934: “La speciale settimana delle solenni celebrazioni in onore del venerato Santo salesiano, don Giovanni Bosco, ha avuto ieri la sua cerimonia ufficiale, di alto e particolare significato, con la degna, magnifica esaltazione della mistica vita operosa e della grande ammirevole opera creata nel vasto mondo intero dalla bontà e dall’intelletto dell’umile e pio sacerdote di Valsalice. L’orazione commemorativa è stata tenuta dall’accademico d’Italia S. E. Francesco Orestano che ha parlato nel Teatro Civico”. Osserva L’Unione Sarda: “La raccolta ed elegante sala settencesca del Teatro Comunale è apparsa, ieri, gremita in tutti i vari ordini di posti: dalla platea ai palchi, alle ultime gallerie”. Anche le celebrazioni cagliaritane per la canonizzazione di Don Bosco diventarono per il fascismo un’occasione per celebrare la propria forza; scrive Il Corriere della Sera del 19 novembre 1934: “L’alto sentimento patriottico e il fervore di fede fascista del popolo italiano hanno avuto modo di esprimersi nella giornata di ieri in altre numerose cerimonie che sono culminate in ardenti manifestazioni al Duce e al Regime”. Conferma anche L’Unione Sarda: “Tutte le maggiori autorità cittadine sono intervenute alla conferenza. Abbiamo notato il Prefetto S.E. Del Nero, che era accompagnato dalla sua gentile consorte Donna Rita, l’on. Ettore Usai, il segretario federale avvocato Endrich, il Podestà Conte on. Cao di San Marco, il Comandante l’Artiglieria della Sardegna Generale Rosano, il Preside della provincia avv. Piga, l’avvocato di Stato Comm. Loi, il Rettore Magnifico dell’Università prof. Aresu, il Viceprefetto Barone Cadelo, il Vice Podestà Generale Sanna e numerosi altri”. Anche la Chiesa sarda era tutta presente: “Abbiamo notato in prima fila tutti gli eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi della Sardegna convenuti a Cagliari per l’occasione. Con a capo l’Arcivescovo di Cagliari S.E. Mons. Piovella”. Infine, la famiglia salesiana: “con a capo il Rev. Don Stefano Trione in rappresentanza del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Arturo Caria, Direttore dell’Istituto di Cagliari Don Festini, Ispettore delle Case salesiane, Don Pinci, Direttore dell’Istituto di Lanusei Don Anedda, Don Reale. Erano anche presenti il Prelato domestico di Sua Santità il Pontefice Mons. De Donno e il Rev. Mons. Domenico Ettore. La rappresentanza salesiana comprendeva, infine, un folto gruppo delle suore di San Francesco di Sales, le Presidenze dell’Associazione Cooperatori e Cooperatrici e dell’Unione ex allievi, e le squadre dei convittori dell’Istituto di Cagliari”.
L’Unione Sarda del 20 novembre 1934 racconta della giornata di chiusura delle celebrazioni salesiane: “Domenica si sono concluse le celebrazioni cagliaritane in onore di San Giovanni Bosco. L’eccezionale settimana, dopo la lunga serie delle speciali cerimonie, tutte rivolte alla glorificazione ed all’esaltazione dell’Apostolo, richiamando attorno all’attività salesiana la compiaciuta attenzione della cittadinanza”. La domenica fu interamente dedicata alle celebrazioni religiose: “La mattina è stata dedicata, per intero, a particolari funzioni: in tutte le parrocchie si sono susseguite numerose Messe. Ma la funzione più solenne si è avuta alla Primaziale. La funzione in Duomo è durata oltre un’ora, nella suggestività ed imponenza del cerimoniale di rito, terminando verso mezzogiorno”. Dopo l’inaugurazione del monumento nel cortile dell’Oratorio, le celebrazioni si chiusero con il passaggio del simulacro del Santo attraverso le vie di Cagliari. La processione riuscì “imponente e grandiosa”; riferisce L’Unione: “La giornata che nelle ore della mattina aveva minacciato tempo burrascoso, facendo cadere anche qualche breve scroscio di pioggia, è andata nel pomeriggio rischiarando, offrendo un cielo sgombro di nuvole e dovizioso di sole. Dimodoché, la processione, favorita anche dal meriggio mite e luminoso, ha potuto svolgersi nel modo più ordinato recando dalla Primaziale alla Chiesa il venerato simulacro”. E continua: “la processione si è mossa alle 15,30 precise. Dopo la prima benedizione Eucaristica, essa si è snodata ampia ed ordinata. Per via Lamarmora, via Mazzini, Piazza Martiri, essa dal Castello ha raggiunto la Marina, portandosi per il viale regina Margherita, alla via Roma. Quindi, dopo aver percorso il bel lungomare, particolarmente animato nella serata festiva, il religioso corteo ha proseguito per il Largo Carlo Felice dove, all‘altezza della Piazza Yenne, ha compiuto una breve sosta per la seconda Benedizione, impartita da S. E. l’Arcivescovo. Lasciato il Largo, la processione, per Corso Vittorio Emanuele, via Porto Scalas e Via Azuni ha raggiunto poi la Chiesa di Sant’Anna. Qui, dall’alto della scalinata, mentre tutto il vastissimo tratto nereggiava di folla, Mons. Piovella ha impartito l’ultima Benedizione, tra il più devoto raccoglimento degli astanti e il canto degli inni sacri da parte delle schiere di giovani. La processione ha avuto termine verso le 18”.
A Guspini, le prime celebrazioni in onore di San Giovanni Bosco si tennero nel gennaio del 1935. Il nulla osta, che fu richiesto all’ufficiale di pubblica sicurezza di Guspini da suor Teresa Palmacci, fu concesso dal podestà Bianco il 23 gennaio 1935. Le manifestazioni ebbero inizio il 27 gennaio successivo, nel cinema Teatro Pusceddu, con “la solenne inaugurazione della festa con discorso dell’avv. Paolo Pinna, presidente dell’Azione Cattolica diocesana di Cagliari”. Alle 16,30 era prevista la processione con il trasporto del Simulacro del Santo dall’Asilo alla Chiesa Parrocchiale. Alle 17 si sarebbe tenuta la predica del prof. don Arturo Caria, e, infine, la giornata si sarebbe chiusa all’asilo con un corso di esercizi spirituali per la gioventù femminile dell’Azione Cattolica. Le manifestazioni delle giornate successive si svilupparono per temi. Il 28 si tenne la Giornata dei Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, con la predica del prof. Don Reale e la benedizione della reliquia del Santo, per chiudersi al Cinema Teatro con la conferenza su Giovanni Bosco e le sue opere; il 29, la Giornata dei Fanciulli, con la messa del vescovo e le cresime, per chiudere la giornata ancora al Cinema Teatro; il 30, la Giornata delle ex allieve, con, tra le altre, una esposizione nella chiesa parrocchiale dedicata agli oggetti donati in omaggio a Gesù Redentore in occasione dell’anno Santo. Il 31, i festeggiamenti si chiudono con la Giornata della Gloria di Don Bosco Santo, la giornata più importante e anche quella conclusiva delle prime celebrazioni guspinesi in onore a san Giovanni Bosco, con la messa pontificale con omelia del Mons. Vescovo e accompagnamento orchestrale e vocale del coro della Chiesa “Cantorum” del collegio salesiani di Cagliari. Alle 15,30, l’appuntamento è in Piazza di Chiesa per la solenne processione, che sarebbe iniziata alle ore 16, alla presenza del vescovo e di tutte le associazioni civili e religiose locali. Alle 17 la Benedizione e quindi il rientro del Simulacro del Santo dalla Parrocchia all’Asilo.
Nel campo dell’educazione giovanile il fascismo si mostrò intransigente e integralista, particolarmente nei confronti della più temibile organizzazione concorrente, cioè l’Azione Cattolica. Pur valorizzando il cattolicesimo e la religione come strumento dell’organizzazione del consenso, il regime entrò diverse volte in conflitto con la Chiesa per rivendicare il monopolio dell’educazione della gioventù. Non rinunciò, tuttavia, a servirsene per consolidare il proprio consenso. Le manifestazioni per la canonizzazione di don Bosco risultarono inevitabilmente un amalgama di questi avvenimenti.
[1] “Don Bosco, i Salesiani, l’Italia in 150 anni di storia”, a cura del COS-FAP, Roma, 2010, 2 Ibidem, p. 16; 3 Ibidem; 4Alessandro Atzeri, “Salesiani, l’impegno secolare nella scuola”, L’Avvenire. https://donboscoitalia.it/i-salesiani-in-sardegna-limpegno-secolare-nella-scuola-raccontato-su-avvenire/; 5 Ibidem; 6Edmondo Locci, “Guspini, Storia religiosa e civile di un popolo”, p.142, L’Alvure, Oristano, 1992; 7Ibidem, p.143; 8 Ibidem, p.143; 9 Ibidem, p.143; 10 Maria Concetta Ventura, “Il “volto” di don Bosco nella Stampa italiana non Salesiana nel 1888, 1929, 1934”, in “Percezione della figura di don Bosco all’esterno dell’Opera Salesiana dal 1879 al 1965”, di LOPARCO Grazia – ZIMNI Stanisław (edd.), ACSSA – Studi, 2016: 11 Emilio Gentile, “Fascismo. Storia e interpretazione”, p. 210, Laterza, Bari, 2002: 12 Maria Concetta Ventura, “Il “volto” di don Bosco nella Stampa italiana non Salesiana nel 1888, 1929, 1934”, in “Percezione della figura di don Bosco all’esterno dell’Opera Salesiana dal 1879 al 1965”, di LOPARCO Grazia – ZIMNI Stanisław (edd.), ACSSA – Studi, 2016; 13 Maria Concetta Ventura, “Il “volto” di don Bosco nella Stampa italiana non Salesiana nel 1888, 1929, 1934”, in “Percezione della figura di don Bosco all’esterno dell’Opera Salesiana dal 1879 al 1965”, di LOPARCO Grazia – ZIMNI Stanisław (edd.), ACSSA – Studi, 2016; 14Archivio Ministero dell’Interno, 15Archivio Ministero dell’Interno; 16Archivio Ministero dell’Interno; 17 Archivio Ministero dell’Interno, 4 dicembre 1931: 18 Manlio Birgaglia, “L’antifascismo in Sardegna”, p. XX; 19Archivio Comune di Guspini; 20 Ibidem; 21 Ibidem; 22 Pietro Stella, “La canonizzazione di don Bosco tra fascismo e universalismo”, p.359, in “Don Bosco nella storia della cultura popolare”, a cura di F. Traniello, Torino, SEI, 1987; 23 “Il Santo don Bosco – Discorso letto nella celebrazione civile del Santo in Cagliari – Teatro Civico”, Francesco Orestano: 24 Unione Sarda, 18 novembre 1934; 25 Corriere della Sera, 19 novembre 1934: 26 Unione Sarda, 18 novembre 1934; 27 Unione Sarda, 20 novembre 1934; 28 Ibidem, p. 26: 29 Pietro Stella, “La canonizzazione di don Bosco tra fascismo e universalismo”, p. 360.
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