di Giovanni Contu
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“…un paese che si rassegna solamente a quello che vedono gli occhi e toccano le mani, è un paese morto”. (Salvatore Niffoi)
I capelli delle donne di Orolè sono color miele, lunghi con i boccoli, oppure molti corti, portati alla garcon e loro, come i capelli, crescono in fretta e diventano grandi, in un modo o nell’altro, molto presto. La gioventù è breve, al contrario delle giornate che trascorrono in un tempo dilatato all’infinito, dove il futuro è quasi sempre segnato dagli eventi che lo hanno preceduto, ma non per questo gli abitanti che lo animano rifiutano di viverlo fino in fondo.
Nell’ultima sua opera letteraria, lo scrittore di Orani ancora una volta colpisce nel segno con una storia di donne, gioventù, amicizie, tragedie e tradimenti. Il racconto, articolato in due parti – una autobiografica, asciutta ed essenziale e l’altra esposta attraverso la voce di un narratore che tutto conosce, svela misteri e scruta nell’intimità dei personaggi – si intreccia sul fondo di un microcosmo sociale formato da una miriade di paesini, in una provincia lontana da tutto tranne che dalle passioni umane, dove i protagonisti si affannano nella ricerca di una vita migliore, con il fardello di pesanti verità e insostenibili menzogne. Le vicende si dipanano in un orizzonte sempre più vasto e intricato dove l’inevitabile arrivo del progresso – e del benessere – non sempre si adatta ai valori atavici di un ambiente rurale. Tutto ciò che accade, in ragione di una forza misteriosa e primordiale, deve essere declinato sul mistero, su ciò che non si può dire, in un avvitamento su sé stessi, nel solco di un ciclo perenne dove il nuovo e il vecchio adoperano le stesse parole ma comunicano fra loro con difficoltà sempre maggiori. Pagine scritte con un linguaggio autentico e schietto, efficace, in un ritmo incalzante, nello stile tipico di Niffoi, per un volume che si legge tutto d’un fiato.
Le donne di Orolé, – pp. 167 – Giunti Editore, 2020
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