di Mauro Marino
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A conclusione dell’iter parlamentare e dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale facciamo un po’ di chiarezza in ambito previdenziale sulle novità introdotte nella legge di bilancio e quali sono le modalità di accesso al pensionamento nell’anno 2023.
La novità principale, che va a modificare “Quota 102” che è scaduta il 31/12/2022, è costituita dalla “Quota 103” che consente l’uscita dal mondo del lavoro a coloro i quali raggiungono entro il 31 dicembre 2023 i 41 anni di contributi sommati ai 62 anni di età. Restano confermate le finestre d’uscita, che sono in pratica un “escamotage” introdotto dal legislatore per rimandare il pensionamento, che sono di tre mesi per il settore privato e di sei mesi per il settore pubblico. Per i lavoratori della scuola che godono di un’unica uscita al 1/9/2023 e che raggiungano i requisiti entro il 31/12/2023 essi devono presentare domanda di pensionamento entro il 28/2/2023. Questa “Quota 103” presenta però due limitazioni. La prima è che esiste un tetto di cinque volte il trattamento minimo (circa 2.100 euro nette al mese) fino al raggiungimento dei 67 anni di età e poi che, al pari di “Quota 100 e Quota 102” esiste il divieto di cumulare altri redditi fino a 67 anni ed eccezione di 5.000 euro annui derivanti da lavoro autonomo occasionale. Altra novità introdotta è che chi pur avendo raggiunto i requisiti di uscita con “Quota 103” e invece rinunciasse al pensionamento rimanendo nel mondo del lavoro può ottenere in busta paga un aumento del 9,16% mensile che però, fatto assolutamente inconcepibile, non determina un incremento dell’assegno previdenziale al successivo pensionamento.
Viene confermata per l’anno 2023 l’Ape Sociale che è un’indennità a carico dello Stato, con un importo massimo di 1.500 euro lorde mensili e senza tredicesima, che accompagna la persona fino al pensionamento effettivo e che viene concessa a soggetti che abbiano almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi che siano disoccupati, oppure abbiamo una invalidità almeno del 74%, o ancora assistano un familiare convivente in possesso della legge 104 art. 3 comma 3 (gravità). Altra possibilità per accedere all’Ape Sociale è data ai sessantatreenni con almeno 36 anni di contribuzione che svolgano lavori “gravosi” in base ad un elenco di “mestieri” determinato dal Ministero del Lavoro.
Opzione donna, valida anche questa per il solo anno 2023, destinata alle donne sia dipendenti che autonome che entro il 31/12/2022 abbiano maturato almeno 35 anni di contributi ed abbiamo almeno 60 anni di età con riduzione di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due ma che rientrino almeno in una delle categorie svantaggiate quali “caregiver” (assistere da almeno sei mesi un disabile grave convivente), avere un grado di invalidità almeno del 74%, oppure essere state licenziate o essere dipendenti da imprese in cui è stato dichiarato lo stato di crisi.
Queste le novità, non positive, introdotte nella legge di bilancio. Rimangono poi, in vigore, quelli che sono i criteri di uscita dal mondo del lavoro determinati dalla legge Fornero che sono il pensionamento ordinario a 67 anni di età e la pensione anticipata che si raggiunge con 42 anni e 10 mesi gli uomini e 41 e 10 mesi le donne a cui bisogna aggiungere i tre mesi di finestra.
Aggiungiamo, inoltre, che sempre nella legge di bilancio sono state modificate le norme relative alla perequazione automatica delle pensioni per gli anni 2023 e 2024 sostituendo le tre fasce esistenti ed aumentandole a sei. Per cui le nuove tabelle sono così determinate: fino 4 volte il TM trattamento minimo (2.100 euro lorde mensili) perequazione al 100% dell’inflazione, fino a 5 volte il TM (2.600 euro lorde) perequazione all’85%, fino a 6 volte il TM (3.152 euro lorde) perequazione al 53%, fino a 8 volte il TM (4.203 euro lorde) perequazione al 47%, fino 10 volte il TM (5.253 euro lorde) perequazione al 37% e oltre 10 volte il TM (oltre 5,253 euro lorde) perequazione al 32%. Per le pensioni minime, invece, c’è l’aumento fino a 574 euro mensili e se il pensionato ha oltre 75 anni la pensione minima viene alzata a 597 euro mensili. Ricordiamo, ancora, che l’Istat ha determinato che per l’anno 2022 l’inflazione è stata dell’8,1% su base annua per cui il Governo alla fine dell’anno 2023 dovrà corrispondere ai pensionati la differenza dello 0,8% mancante, in quanto gli aumenti fino ad ora erogati, sono stati corrisposti in base al tasso provvisorio determinato al 7,3%.
Questa mancata perequazione completa nei confronti dei pensionati che ricordiamolo sempre sono la categoria più fragile e quella che ha subito in maggior misura gli effetti devastanti del Covid, avrebbe potuto essere attuata in maniera diversa, concedendo l’indicizzazione piena a pensioni almeno fino a 2.200 nette mensili, e non stiamo certo parlando di pensioni d’oro, penalizzando maggiormente quelle superiori per ottenere il medesimo risparmio per l’Erario.
Quello che ci si augura per l’anno 2023 è che comincino immediatamente gli incontri del Governo con le parti sociali e le varie associazioni di categoria per trovare la “quadra” e attraverso un iter autonomo in Parlamento approvare entro l’estate quella legge previdenziale equa e strutturale che i cittadini italiani aspettano da troppi anni.
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