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Cultura

Le preghiere ufficiali della chiesa in lingua sarda e quelle popolari contro le cogas

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di Gian Piero Mura
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In Sardegna abbiamo due tipi di preghiere, che nei secoli sono state tramandate oralmente: quelle ufficiali della Chiesa e quelle, invece, che sono espressione della religiosità popolare. Tra le prime possiamo annoverare le seguenti, promulgate nel 1695 da don Francisco de Sobrecasas, arcivescovo di Cagliari dal 1689/1698 (1):

BABU NOSTU  Babu nostu, chi ses in celu, siat santificadu su nomini tuu, bengiat a nosu su regnu tuu, siat fatta sa voluntadi tua, cumenti in celu e aici in terra, su pani nostu de ognia dì dainosiddu oi, e perdonanos is peccadus nostus, cumenti nosaterus perdonaus a is depidoris nostus, e no nos lassis arruiri in sa tentatzioni, ma libera nos de mali. Amen.

DEUS TI SALVIT MARIA   Deus ti salvit Maria prena de Gratzia, su Segnori est cun tegu, benedita tui inter totu is feminas, e benedetu su frutu de sa entri tua Jesus. Santa Maria, Mama de Deus, prega po nosaterus peccadoris, immoi e in s’ora de sa morti nosta. Amen.

CREDU   Creu in Deus Babu onnipotenti, creadori de su celu e de sa terra, e in Jesu Cristu Fillu suu, unicu Segnori nostu. Chi est conceptu de su Spiritu santu. Nadu de santa Maria Vergini. Passionadu sutta Pontziu Piladu. Crucificadu, mortu e sutterradu; caladu a su Inferru e a su terzu dii resuscitedi de inter is mortus, arcedi a is celus e seidi a sa destera de Deus Babu omnipotenti. De inì at a beniri a juigari is bius e is mortus. Creu in su Spiritu santu e in sa santa Cresia Catolica, sa comunioni de is Santus, sa remissioni de is peccadus, sa resurretzioni de sa carri, sa vida eterna. Amen.

DEUS TI SALVIT REGINA   Deus ti salvit Regina, Mama de misericordia, vida e dultzura e isperantza nosta. Deus ti salvit, a ti lamaus is bandidus fillus de Eva, a ti suspiraus gemendi e prangendi in custa valli de lagrimas. Hea aduncas advocada nosta, bolta a nosu cuddus ogus tuus misericordiosus e apusti custu desterru, amostanos a Iesu, frutu beneditu de su ventri tuu, o misericordiosa, o piadosa, o dulci sempiri Virgini Maria. Amen.

Tra le preghiere contenute nelle “Constituciones Synodales” di don Francisco de Sobrecasas, – un vero e proprio catechismo in lingua sarda- il “Deus ti salvet Maria” (traduzione fedele dell’incipit dell’Ave Maria in spagnolo “Dios te salve Maria”) sarà quella destinata ad avere vita più lunga, dal momento che, dopo 327 anni, viene ancora cantata tale e quale durante le processioni solenni.

Ben più numerose e antiche di queste, e più coerenti con la lingua correntemente parlata quotidianamente, sono invece le preghiere nate dalla religiosità popolare, alcune delle quali ascrivibili al Medioevo. Oggi ci soffermeremo su quelle recitate dai nostri nonni per tener lontani i demoni e le cogas, iniziando con il “Santu Sisinni Sinnai”, un’invocazione al valoroso Santu Sisinni (San Sisinnio) di Leni, (villaggio scomparso nel contado di Villacidro) che lottò con il demonio e lo sconfisse:

SANTU SISINNI SINNAI (versione di Forru)  Santu Sisinni sinnai:/solu andu a mi croccai,/solu solu a mi dromì,/a nemus depu timì./M’incumandu a Deus,/s’amima a Deus incumandu;/candu istu e candu andu,/candu andu e candu istu,/m’incumandu a Cristu,/a Cristu e a Deu(s),/a Juanni e a Matteu,/a Matteu e a Juanni/e a Santu Miali./A Santu Miali in testa,/de s’anima mia podésta,/podésta ‘e s’anima mia,/in su sonnu e in sa ‘ia,/in sa ‘ia e in su sonnu./In su lettu miu mi dromu./In su lettu miu dromiu,/un angiulu ddoi tenia:/s’angiulu Gabrieli/benit a mi castiai,/a mi castiai benit,/po chi s’aremigu no m’ingannit,/ni a de dì, ni a de notti,/ni in s’ora de sa morti.//

Questa pregadoria non presenta difficoltà di comprensione per i sardi d’oggi, se si eccettuano i vocaboli “Sinnai” e “podésta”.  Il primo sta per “prendete nota”, mentre il secondo, derivante dal nominativo latino “potestas”, vale fondamentalmente “potenza”, “potere”, “forza”. Podésta è qui riferito a Santu Miali (San Michele Arcangelo), il gloriosissimo, potente e forte Principe della Milizia Celeste, primo tra i Santi dopo la Vergine Maria, invocato nei momenti di pericolo. Oltre che nella lingua sarda, questo termine lo troviamo in quella provenzale e nell’italiano antico. Attualmente nel sardo lo usiamo per esprimere forza: “fai una cosa a podestu” significa “fai una cosa amarolla”. In questa pregadoria lo tradurrei “che ha potere (conferitogli da Dio) di custodire l’anima mia” (di tener lontano il demonio). Pertanto, “Podésta ‘e s’anima mia” sta per “Custode dell’anima mia”.

Nel Medioevo, a Forru e in tutto il Parte Montis, le cogas erano temutissime a tal punto che il nome più diffuso imposto alla nascita ai bambini era Fuliadu. Il giorno stesso in cui nasceva un bimbo a cui si dava questo nome, nonne e zie si recavano presso le case del vicinato a pedì un poco di lino filato: nessuno si sottraeva alla richiesta, sapendo che serviva per tener lontane le cogas. Una volta racimolato quel tanto che ritenevano sufficiente per il rito da compiere, si sedevano al telaio e tessevano un telo per realizzare un camicino. Con questo, poi, vestivano il bambino e lo andavano a deporre in una buca scavata in su muntonarxiu, con la certezza che le cogas, vedendo il neonato gettato via nell’immondezzaio, vestito con del tessuto elemosinato, non lo avrebbero toccato. Era infatti convinzione diffusa che le cogas non andassero a molestare e a mordere le persone più misere.  Il camicino indossato il giorno della nascita veniva poi conservato e cucito nelle vesti del ragazzo quando doveva partire per la guerra, po chi no dd’essit toccau ferru (2). Una volta andato in disuso questo rito i neonati non ancora battezzati, vittime predilette delle cogas assieme alle gestanti, venivano protetti apponendo sulle loro culle e sulle loro vesti delle sebegias e delle pungas. Talvolta si mettevano all’ingresso delle stanze dove dormivano anche dei treppiedi rovesciati, due spiedi incrociati, una scopa o delle falci. Oggi, invece, vengono usati più comunemente gli scrapularius e i rosari.

La paura per le cogas si manifestava soprattutto nelle sere d’inverno, quando si andava a letto al buio con sa lantia in mano. Era pertanto consuetudine recitare in continuazione, oltre al “Santu Sisinni sinnai”, anche quest’altra pregadoria:

SU LETTU MIU EST DE CUATTURU CANTUS  (Il mio letto ha quattro angoli). Su lettu miu est de cuatturu cantus/e ‘nci dromint cuatturu santus:/duus a peis e duus a conca/e Nosta Sennora a su costau,/narendimì: dromi coidosu.//

In casi estremi, invece, quando si notava, soprattutto al risveglio mattutino, un livido in qualche parte del corpo, per esorcizzare la paura si ricorreva a questa invocazione:

SANTU SISINNI SINNAI   Santu Sisinni sinnai:/sciu ca me’ in custa domu/’nc’est una coga/cun sa peddi groga./De Gesucristu sa Lei/dda tengiat foras de mei./Dogna Martiri dogna Santu/chi no potzat a tot’annu/intrai in domu e cristianu.//

E a questi brebus:

BREBUS CONTRA IS COGAS   Ispicu: ti biu e no ti cicu;/isopu: ti biu e no ti tocu;/abueu: no ti tocu deu.//

Per comprendere meglio questi brebus, bisogna tener presente che era convinzione che alcune erbe aromatiche e la scilla marittima (sa cibudda ‘e mraxiani) avessero il potere si tener lontane le cogas. Per questo motivo qui vengono citati s’ispicu, s’isopu e s’abueu (la lavanda, l’issopo officinale e la menta poleggio).

 

(1) La scoperta del testo, avvenuta nel 1981, la dobbiamo al Prof. Luigi Spanu. Vedasi al riguardo la pubblicazione su S’Ischiglia, nel numero di Ottobre del 1983.

(2) In Sardegna la propagginazione in su muntonarxiu, avveniva anche per il rito dell’argia, una volta accertato che la responsabile dell’intossicazione era bagadia, coiada o fiuda. A Forru, invece, dopo queste operazioni preliminari, avveniva l’incubazione nel forno. Si accendeva un piccolo fuoco con dei rami di sermentu al centro e, una volta che la fiamma veniva meno, gli uomini di casa vi introducevano, a podestu, l’intossicato. Questi doveva quindi girare attorno alle braci, mentre una donna, in piedi davanti alla bocca del forno, vi gettava unu nuu de una pertia de sermentu che teneva in mano, al termine di ogni giro. Uno degli ultimi ad essere stato sottoposto a questa terapia fu uno dei miei zii, nei primi anni cinquanta del secolo scorso.

 

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