Maestra Dina Pisu è conosciuta a Serrenti per la passione che per quarantadue anni ha messo nel suo lavoro di insegnante. La pensione è sicuramente meritata. Col suo racconto, possiamo ripercorrere la sua storia e vedere “dall’interno”, questo lavoro che, come dice Enrico Galiano: “è il mestiere più bello del mondo”. La sua carriera è iniziata nel 1976.
È soddisfatta del suo lavoro?
Le gratificazioni dai bambini le ho avute. Di solito, alla fine di ogni anno, i bambini ci scrivono lettere ed una in particolare mi ha fatto commuovere, perché diceva che ero importante per lui. Una grande soddisfazione per un lavoro che ho scelto fin dalle medie quando ricevevo le lettere da mia nonna e avevo soddisfazione nel correggerle gli errori con una penna rossa.
Il momento più brutto e quello più bello della sua carriera?
L’unico brutto, che quasi non ricordavo, è stato nel ‘79, quando è successa una disgrazia ad un bambino di quarta elementare. È l’unico anno in cui ho insegnato fuori da Serrenti. Non c’è un momento bello in assoluto, ogni anno c’è qualcosa di nuovo. I momenti belli sono quelli in cui gioisco con i bambini. La gioia del bambino è la mia gioia, nel vedere che capiscono, che imparano.
Ha sempre lavorato con i bambini, ha mai pensato di insegnare anche ai ragazzi più grandi?
No, non ci ho mai pensato, il mio desiderio è stato sempre insegnare alle elementari. Si, mi ero anche iscritta all’università, in facoltà di filosofia, ma ho lasciato per fare il concorso da insegnante. Poi, una volta passata di ruolo, ho comprato tanti libri per avere qualche dritta su come farlo, perché a scuola non ti insegnano ad “insegnare”.
Cosa ne pensa del ruolo dell’insegnante nella società di oggi?
Alla scuola primaria non noto molte differenze. Ho cercato sempre di fare il mio dovere e di coinvolgere i genitori. Molto spesso chiedevo ai genitori che erano musicisti o artisti di darci una mano nelle manifestazioni o nelle recite dei bambini. Basta chiedere, i genitori sono sempre disponibili. Se li coinvolgi, li fai capire il tuo scopo, non si creano screzi. Non ci sono mai piaciuti i pettegolezzi, abbiamo sempre detto ai genitori di venire a parlare direttamente con noi. Con tutti i fatti che succedono, posso dire che emerge una mancanza di rispetto verso l’insegnante. Non viene riconosciuto il suo ruolo importante nella crescita dei propri figli. I genitori dovrebbero, almeno di fronte ai loro bambini, non criticare gli insegnanti, tutto al più, se ci dovesse essere qualche problema, dovrebbero parlare direttamente con loro. Prima il maestro aveva un’autorità, un’importanza che ora ha perso.
Prima ha parlato di alcuni libri acquistati per i professori, come l’hanno presa?
Io ho dato l’input, qualcuno l’ha seguito qualcun’altro no, l’importante è seminare. In ogni caso sono stati presi dei libri di carattere didattico, di aiuto per gli insegnanti.
E della scuola, invece, qual è secondo lei il suo ruolo oggi?
Nella scuola di oggi si vogliono fare delle belle cose con pochi soldi. Ad esempio il registro elettronico: a scuola non può essere usato per via della mancanza della connessione e l’insegnante deve compilalo a casa. In pratica la scuola ha un nuovo servizio, al passo coi tempi, ma non può usarlo perché non ha l’adeguato supporto.
Quanto è cambiato il rapporto scuola-famiglia da quando ha iniziato ad insegnare?
Nella mia esperienza non vedo cambiamenti. Ma per quanto sento dai giornali, televisioni o internet, il rapporto scuola-famiglia ha vari problemi soprattutto nelle superiori e parte nelle medie. Credo che ciò accada perché i genitori non sanno dare il giusto valore alle esperienze dei propri figli. Se l’esperienza è una sgridata di un professore, un brutto voto o una piccola frustrazione, loro la devono far vivere ai propri ragazzi, perché si vive anche non con “tutto si”, “tutto bello” ma anche con dei no. Un tempo quando il ragazzino riferiva un’ingiustizia ai genitori, questi andavano prima dal professore a verificare il fatto e se era il caso rimproveravano il ragazzo. Adesso il punto di vista del figlio è l’unico che i genitori considerano.
Secondo lei anche i professori hanno una colpa in tutto questo?
Non tutti i professori sono perfetti anzi, nessuno lo è. Per me l’insegnamento è una missione. In tutte le professioni ci sono persone che probabilmente hanno sbagliato lavoro. Non vedeo cambiamenti nel rapporto scuola-genitori.
Ci sono differenze invece tra i bambini di ieri e quelli di oggi?
I bambini di adesso sono più fragili rispetto ai no, alle frustrazioni, Non sono abituati a queste piccole cose, anche perché sono difesi più del dovuto. La fragilità emotiva è il comune denominatore a tutti loro. Hanno difficoltà a concentrarsi a lungo su una certa attività. Lo vedo molto anche con i giochi, come con il Tangram, ci vuole pazienza, dopo 10 minuti i bambini si stancano, vogliono già sapere la soluzione.
Separazione dei genitori, secondo lei quanto ne risentono i bambini?
Ho avuto due casi di bambini separati, per i miei alunni questa separazione non ha rilevato traumi evidenti, una bambina era preoccupata prima che avvenisse, poi dopo l’accaduto non ci sono state gravi manifestazioni di sofferenza. Anche con il fratellino che ho avuto in seguito, era normale dire “oggi vado con papà” o “oggi vado con mamma”. Per un altro caso, nel mio ruolo da secondo collaboratore del dirigente, sono dovuta intervenire in quanto mi è stato chiesto da parte dei docenti come dovevano comportarsi in determinate situazioni, quando sia la madre che il padre volevano prendere il figlio, per sentito dire so che il bambino era a disagio. Sono contentissima che i miei ex alunni continuino a chiamarmi maestra. Se mi chiamano Dina non mi piace, e sottovoce gli dico “Maestra Dina”, allora sorridono. Questa è la soddisfazione più grande insieme al fatto che si ricordino di me con gioia. Quando incontro le mamme chiedo sempre dei loro figli, perché non ho mai dimenticato i miei “bambini”, anche se ora sono diventati grandi. Ora che sono in pensione farò a tempo la nonna, se arriverà qualche altro nipotino servirà il mio aiuto. Mi dedicherò alla lettura per piacere e forse farò anche qualche viaggio.
Emanuele Corongiu
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