di Francesco Diana
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Se consultassimo uno dei tanti dizionari Sardo-Italiano, scopriremo che il termine “Mammaluccu” è generalmente riferito a “persona stupida, goffa, tontu”, ma se lo stesso termine (con la “o” finale) lo ricercassimo nel vocabolario della lingua italiana, scopriremo che esso discende dall’arabo “mamlūk”, “schiavo comperato”, nome con cui furono chiamati gli appartenenti a quelle milizie turche e circasse, originariamente costituite da un corpo di schiavi convertiti all’islamismo, che acquistarono grande potere in Egitto ma che furono, alla fine, sconfitti da Napoleone I.
In senso figurativo viene anche indicato come “persona sciocca e goffa che non capisce niente”.
Infine il termine mammalucco, viene attribuito anche agli antichi tappeti egiziani, prodotti nei secoli 15° e 16° in manifatture della corte ottomana, appartenute in precedenza alla casta dei Mammalucchi (e detti anche tappeti di Damasco, in quanto a lungo si ritenne fossero tessuti nella città siriana). Questi hanno i genere decorazione di tipo geometrico, di solito costituita da un medaglione centrale a sagoma ottagonale, ai lati del quale sono spesso disposti due altri medaglioni; altri motivi geometrici orlano sia gli spazî del campo tra i medaglioni, sia l’interno dei medaglioni stessi, creando un effetto decorativo di notevole eleganza.
I colori più frequenti sono il rosso per il campo, il verde, il giallo e il blu per i disegni.
Ma, mentre il “mamalucu” nostrano, inteso come termine dispregiativo, lo conosciamo abbastanza bene c’intriga, al contrario, sapere qualcosa in più dei “Mamalucchi” che governarono l’Egitto a partire dal 1249.
Sfogliando le pagine della storia, scopriamo che, prima del XII secolo, l’esercito egiziano era formato da contadini poco addestrati alla guerra, da schiavi negri o da mercenari, sulla cui affidabilità e lealtà c’era poco da contare. Per questo motivo, intorno alla seconda metà del XII secolo, un tale (feroce) Saladino, da noi conosciuto come flagello dei crociati cristiani, creò un corpo speciale all’interno del proprio esercito, formato in parte da elementi provenienti dal mercato degli schiavi ed in parte da prigionieri turchi e circassi (popolo originario del Caucaso). Tale reparto si contraddistinse subito per le sue eccellenti prestazioni, al punto che intorno al XIII secolo, l’esercito egiziano risultava costituito per la maggior parte da Mammalucchi.
Avveniva che i ricchi egiziani dell’epoca, perché sostituissero i loro figli in caso di guerra, acquistavano al mercato degli schiavi dei giovinetti che venivano inseriti all’interno delle loro famiglie e trattati come membri della stessa. Frequentavano normalmente speciali collegi militari e, divenuti adulti, venivano assegnati alle truppe del Sultano, consegnando loro tutto l’equipaggiamento militare oltre ad un appezzamento di terreno destinato alla propria famiglia.
Di li a poco tutti i ruoli di responsabilità e di comando all’interno dell’esercito passarono inevitabilmente in mano ai Mamelucchi i quali, nel tempo, finirono col prestare maggiore fedeltà ai loro comandanti sul campo che agli originari padroni egiziani che li avevano prelevati al mercato degli schiavi.
Infatti, intorno alla metà del XIII secolo, avvenne che l’esercito, allestito in proposito dai sultani per difendere il proprio trono, divenne tanto forte da rovesciare proprio il sultanato che l’aveva creato.
Alla morte dell’ultimo sultano Malik al-Salih, avvenuta nel 1249, i Mamelucchi assassinarono il suo successore e nominarono uno di loro come successore.
Da quel momento in poi e per circa tre secoli, i troni dell’Egitto e della Siria restarono in mano a sultani mamelucchi fino a quando, nel 1517, vennero debellati dall’impero ottomano nella conquista dell’intero Egitto.
Il più grande guerriero dei Mamelucchi annoverato dalla storia, pare fosse un certo Baibars, condottiero che sconfisse i Mongoli nella battaglia di Ain Jalut nel 1260. Tale vittoria gli consentì di diventare sultano per un lungo periodo, caratterizzato da grandi conquiste civili e militari. Ciò nonostante che di lui si raccontasse di essere stato uno schiavo turco dagli occhi azzurri, a suo tempo venduto al mercato degli schiavi di Damasco per 500 pezzi d’argento.
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