di Francesco Diana
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Visionando il rapporto CENSIS per l’anno 2018 sulla situazione sociale in Italia, abbiamo rilevato, fra l’altro, un notevole calo dei matrimoni religiosi (-36,6%) e un incremento di quelli civili (+ 14,1%). Tuttavia gli stessi matrimoni, nel loro complesso, hanno subito un calo pari al 17,4% per effetto del progressivo aumento delle “Unioni Civili” e delle “Coppie di Fatto”, andamento abbondantemente diffuso anche nei nostri paesi. Secondo le proiezioni del Censis, il matrimonio religioso dovrebbe addirittura scomparire del tutto a decorrere dal prossimo 2025.
I motivi che hanno portato le giovani generazioni a non stringere più formali vincoli duraturi, quali il matrimonio (quello religioso in particolare), risiedono in larga parte in valutazioni di ordine economico. La persistente crisi finanziaria, che ha portato anche alla grave disoccupazione giovanile, non consente di nutrire alcuna fiducia nel futuro e costituisce un freno alla costituzione della tradizionale unione di coppia. La sopraggiunta sfiducia nei confronti di un legame formale e duraturo quale il matrimonio, sarebbe soprattutto generata dagli effetti negativi prodotti in applicazione della legge sul divorzio, sia in termini economici e sia per le scorie di natura psicologica e sociale.
Perciò, mentre demandiamo agli esperti il compito di analizzare a fondo il fenomeno, dalle origini e fino alle proiezioni future, onde ipotizzare l’assetto della nostra società negli anni a venire noi, nel nostro piccolo, riteniamo interessante proporre al lettore le differenze sostanziali che sussistono fra il “Matrimonio”, “l’Unione Civile” e “la Coppia di Fatto”, in base alle leggi vigenti.
Chiariamo subito che:
- a) “Il Matrimonio”, “coppia di persone di diverso sesso”, riconosciuto dalla Costituzione italiana come “fondamento indispensabile per la costituzione della famiglia, fondata sull’eguaglianza civile e morale fra i coniugi”, nonchè dal Diritto Canonico come “il patto con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi, alla procreazione nonché educazione della prole”- Celebrato da un ufficiale di Stato Civile o da un Ministro del culto;
- b) “l’Unione Civile”, “coppia di persone dello stesso sesso”, istituita ai sensi della Legge 20 maggio 2016, n. 76, meglio nota come “Legge Cirinnà”, che riconosce ai contraenti diritti e doveri previsti dal matrimonio – Convalidata da contratto sottoscritto davanti a un ufficiale di Stato Civile;
- c) “la Coppia di Fatto”, definita come “coppia di persone maggiorenni dello stesso o di diverso sesso, conviventi di fatto, unite in modo stabile da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”, sempre secondo quanto sancito dalla Legge 20 maggio 2016, n. 76, meglio nota come “Legge Cirinnà” – Sancita da specifica dichiarazione di stabile convivenza depositata presso lo Stato Civile. Le coppie di fatto, quindi, sono composte da persone che convivono e che hanno deciso di non formalizzare la loro unione con il matrimonio e neanche registrandosi in comune al fine di dare luogo a una convivenza di fatto riconosciuta da parte della legge.
Ciò premesso, riteniamo opportuno chiarire che, salvo per ciò che concerne il cognome del partner o lo scioglimento del rapporto, Matrimonio e Unione Civile sono soggetti allo stesso regime legale, su cui non intendiamo dilungarci poichè di pubblico dominio.
In merito a quanto sopra, precisiamo che nel Matrimonio la moglie aggiunge al proprio il cognome del marito; che nell’Unione Civile è possibile scegliere un cognome comune fra i due membri, mentre nell’Unione di Fatto ciascuno mantiene il proprio cognome.
Per quanto concerne, invece, lo scioglimento del rapporto, mentre per il Matrimonio è prevista la separazione e il divorzio, sia giudiziale sia consensuale a norma delle vigenti leggi, per l’Unione Civile il rapporto si scioglie trascorsi tre mesi dalla prevista comunicazione di scioglimento all’ufficiale di stato civile. Per la Coppia di Fatto, infine, il rapporto può essere concluso dichiarando all’anagrafe la fine della convivenza in forma scritta con atto pubblico.
Ad differenza delle unioni precedenti, escluso il caso di malattia o ricovero del partner, dove uno dei membri di coppia ha diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni riguardanti l’altro partner o coniuge, o alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare del partner o del coniuge, o ancora nel risarcimento in caso di morte del partner, casi in cui vigono gli stessi regolamenti propri delle altre classi, il regime cui sono assoggettate le Coppie di Fatto, invece, differisce in modo sostanziale, prevedendo che:
1-la convivenza di fatto tra persone eterosessuali oppure dello stesso sesso, è attestata attraverso un’autocertificazione in carta libera, presentata al comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo e risulta solo nello stato di famiglia anagrafico;
2-la pensione diretta o quella di reversibilità non compete al Partner superstite, come pure il trattamento di fine rapporto, salvo che il defunto non abbia fatto in vita specifica destinazione testamentaria in favore del partner sopravvissuto;
3-il diritto di abitazione nella casa familiare in favore del partner superstite compete solo per un periodo limitato, in relazione alla durata del rapporto di convivenza;
4-ciascun componente della Coppia mantiene il proprio cognome;
5-si può scegliere il regime patrimoniale più congeniale, che sarà valido solo se contenuto nel contratto di convivenza stipulato con atto pubblico o mediante scrittura privata regolarmente autenticata;
6-il Partner superstite può accampare diritti successori solo se il “de cuius” l’ha previsto con regolare disposizione testamentaria;
7-la convivenza può essere interrotta in qualunque momento, previa dichiarazione scritta in forma pubblica, notificata all’ufficio anagrafe.
Quanto esposto predispone a una serie d’interrogativi, quali:
- a) è proprio vero che il progresso conduce sempre a finalità di segno positivo?
- b) che ne sarà della società del domani, posto che il dopo Covid porterà sicuramente a un regresso nei sistemi di vita attualmente in essere? Continuerà la tendenza all’individualismo e all’insofferenza nei confronti di qualsiasi regola, o si tornerà a privilegiare i sistemi del passato che, con le sue regole e i suoi vincoli, hanno caratterizzato la vita delle famiglie e dell’intera Società?
Proviamo a darci una risposta!
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