Da sempre, il luminoso scintillio delle stelle del cielo e la pallida luna che ogni notte mostra una faccia diversa, affascinano a catturano gli sguardi degli esseri umani. A loro, sin dall’alba dei tempi, si rivolgono preghiere, desideri e strofe, sognando fortuna e felicità. Spinti dal desiderio di capire, raggiungere, toccare quei puntini luminosi, gli uomini non hanno mai smesso di osservare l’universo. Per poterlo guardare meglio, hanno inventato attrezzi sempre più potenti che potessero individuare nuove stelle e nuovi mondi. Oggi, i moderni telescopi che catturano le piccole luci provenienti dallo spazio più profondo, continuano a sondare l’ignoto e, astronomi ed astrofili, sbirciando con potenti lenti le meraviglie dell’universo, ancora cercano di rispondere ad una delle domande più vecchie che l’uomo si sia mai posto: “Siamo soli nell’universo?”. La risposta, forse non arriverà mai ma, intanto, i bellissimi scatti fatti dalla Terra dagli appassionati del Cielo, immortalano spettacolari attimi di vita del nostro misterioso universo. Anche da Serramanna…
Samuele Pinna, 36 anni, Ingegnere Industriale a tempo pieno, scruta e fotografa il cielo per passione ed i suoi “scatti stellari” fanno spesso bella mostra sulle pagine di importanti riviste di astronomia. «Osservo il mondo con la stessa curiosità che mi ha contraddistinto sin da quando ero bambino,» racconta Samuele «curiosità che coltivo costantemente con le passioni dell’astronomia, della fotografia e dell’informatica, spesso fondendole assieme».
Samuele, che ha accettato di rispondere ad alcune domande, ci racconta un po’ del suo amore per il firmamento.
Come si è appassionato alle stelle?
Sono sempre stato curioso, lo sono ancora oggi e lo ero soprattutto da bambino. Non mi sono mai fermato all’apparenza delle cose e anzi, ho sempre voluto conoscere più a fondo il “perché” delle cose. Tale curiosità mi ha portato a divorare qualsiasi testo mi passasse tra le mani, fosse esso di narrativa, di storia e via dicendo. Ma c’era un filone che mi appassionava più di tutti gli altri e che me li faceva accantonare: le scienze. Ricordo di aver consumato, a furia di sfogliarli, i volumi azzurri dell’enciclopedia “Scoprire” della Fabbri Editore che i miei genitori comprarono con tanti sacrifici a fine anni ’80 proprio per alimentare questa mia curiosità. I miei preferiti erano quelli in cui si parlava del nostro sistema solare e, più in generale, dell’universo. Negli anni del liceo scientifico potei approfondire parecchi argomenti inerenti alla “geografia astronomica” ma non potei spingermi oltre i classici argomenti del “programma” e né tantomeno potei affrontare dal punto di vista pratico tale passione. A fine anni ’90 Internet era ancora agli albori e perciò non mi fu possibile documentarmi da autodidatta.
Quando ha comprato il primo telescopio?
Poco prima di laurearmi entrai per caso in un negozio di ottica dove faceva bella mostra di sé un telescopio altazimutale computerizzato con a bordo il classico Newton da 114mm di diametro e 1000mm di focale. Fu quello il mio regalo di laurea. Era il 2010 e finalmente pensavo di poter riprendere in mano un interesse che mi aveva accompagnato sin da bambino. Non fu così inizialmente a causa di vari impegni lavorativi che mi portarono lontano da casa per qualche anno. Dopo aver studiato a fondo la materia, nel 2013 iniziai ad effettuare le prime osservazioni dal balcone di casa.
Quali sono state le prime osservazioni che ha fatto?
Il primo oggetto che osservai fu ovvimente la luna. Era grande, addirittura accecante da quanto risultava luminosa dall’oculare del telescopio. Ricordo lo stupore del primo Saturno osservato e dei suoi anelli. Era così minuscolo ma allo stesso tempo così bello. Seguì Giove ed il fascino dei quattro satelliti medicei.
Come è arrivato a fotografare i suoi soggetti luminosi?
Molto spesso le aspettative di visione di un astronomo si scontrano con la realtà dei fatti non appena si poggia la vista sull’oculare del telescopio. Purtroppo, per motivi fisiologici umani che non starò qui a spiegare, è impossibile apprezzare tutti quei colori e quei contrasti che osserviamo nelle fotografie presenti nei testi scientifici e tutto ciò che possiamo in realtà intuire e apprezzare con strumenti amatoriali si limita spesso a più o meno accentuate sfumature di bianco. Questo aspetto normalmente rappresenta uno scoglio insormontabile per la quasi totalità delle persone che si avvicinano ad un telescopio con la conseguenza che lo stesso strumento viene riposto all’interno della propria scatola e conservato in soffitta. Anche io ho dovuto affrontare questo periodo che differentemente dalla maggior parte dei casi non ha fatto altro che stimolare ulteriormente la mia curiosità e voglia di comprendere come poter “vedere” ciò che in realtà non potevo apprezzare in visuale. Nacque così la volontà di informarmi sulle tecniche di acquisizione ed elaborazione delle fotografie astronomiche, la cosiddetta “astrofotografia”. Mi getto a capofitto sulla materia nel tempo libero a disposizione: studio da autodidatta, leggo blog e post di astroamatori esperti in materia ed inizio così a comprendere dove apportare migliorie alla strumentazione in mio possesso, come acquisire le immagini e soprattutto come elaborarle: con l’avvento della fotografia digitale infatti, un buon risultato finale è dato per un 50% dalla bontà del materiale scattato (i raw) e per il rimanente 50% dalla post produzione al PC. I primi risultati, che conservo tutt’oggi, non sono niente di che ma in quel periodo mi hanno stimolato a migliorare e continuare a studiare attraverso letture specifiche e tanto tanto esercizio. Tutto è iniziato cosi, mi sono scoperto astrofotografo dilettante senza accorgermene.
Quando è stata pubblicata la sua prima foto?
Una volta effettuati i primi scatti ho subito condiviso i risultati amici e parenti stretti, dapprima su whatsapp, poi incoraggiato dai riscontri spesso positivi anche su Facebook. Un giorno mio fratello commentò l’ultima foto che gli inviai e che ritraeva la via lattea ripresa da Solanas con un “proponila a qualche rivista”. Ero consapevole del fatto che sarebbe stato difficile ottenere un riscontro vista soprattutto la tanta concorrenza e ancor di più vista la mia inesperienza pressoché totale nel campo ma decisi di seguire il consiglio di mio fratello ed inviai lo scatto all’attenzione della rivista italiana di fotografia “Fotocult”. Fui ricontattato dopo pochi giorni dalla redazione con la richiesta di maggiori dettagli sullo scatto e sulle tecniche utilizzate e mi ritrovai quindi, per la prima volta, su una rivista di fotografia con addirittura un’intera pagina a mio nome. Inutile descrivere la soddisfazione del momento, soddisfazione che ha contribuito ad alimentare ancor di più la voglia di proseguire sul binario intrapreso. Era il novembre del 2015 e da allora gli scatti si sono susseguiti uno dietro l’altro cosi come le pubblicazioni su riviste del settore nazionali (“Coelum Astronomia”, “Nuovo Orione” e “Le Stelle” il mensile fondato da Margherita Hack) ed internazionali (ESA – Agenzia Spaziale Europea e “Amateur Astrofotography E-zine”).
Cosa preferisci fotografare?
Sono un raro caso di astrofotografo che con il passare del tempo è diventato astrofilo. Normalmente il processo di mutazione è contrario. A fine 2015 divento socio dell’“Associazione Astrofili Sardi” di Cagliari e grazie alle competenze dei soci esperti che la compongono inizio a studiare più a fondo la base stessa dell’astrofotografia ovvero l’astronomia. Un aspetto di essa che adoro particolarmente è la stagionalità degli oggetti del cosmo che la compongono: ciò determina quindi cosa possa fotografare durante l’anno. In estate mi piace concentrarmi sulla Via Lattea, la nostra galassia e su tutti gli oggetti del catalogo Messier in essa contenuti. Attendo l’autunno per riprendere la galassia di Andromeda così come in inverno mi dedico alle Pleiadi e ad Orione. Oltre gli oggetti del cielo profondo tipicamente stagionali trovo interesse nel fotografare la luna, soprattutto al primo quarto, nonché immortalare i passaggi visibili della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) soprattutto se questi avvengono, raramente, davanti al sole o alla luna.
Quale costellazione o stella preferisce?
Adoro le Pleiadi. Non so nemmeno il perché, ma queste famose “sette sorelle” mi affascinano sin dalla prima volta che le osservai. Sono un ammasso aperto visibile facilmente ad occhio nudo nel cielo autunnale ed invernale dell’emisfero boreale e distano da noi “solo” 440 anni luce. È una zona della nostra galassia particolarmente ricca di “vita” e di nuove stelle che si formano e si “accendono” illuminando di una splendida luce azzurra le numerose nebulose a riflessione presenti.
Ed ora, un’ultima domanda che non posso proprio non farla. Dopo tutti i suoi viaggi virtuali con il telescopio ed i suoi studi sull’argomento, crede che ci siano altri mondi abitati oppure pensa che siamo soli nell’universo?
Credo proprio di no, è statisticamente impossibile non ritrovare nella vastità intera dell’universo un altro sistema composto da una stella ed un pianeta roccioso idoneo allo sviluppo della vita. La visione che ci vede al centro dell’universo come unica forma di vita presente è sbagliata. Sono però altrettanto sicuro del fatto che il sogno di entrare in contatto con un’altra forma di vita extraterrestre sia destinato a rimanere tale in quanto richiederebbe un’esistenza di due specie “tecnologicamente evolute” contemporanea. Per rendere più comprensibile questo requisito, se considerassimo il tempo trascorso dal Big Bang ad ora pari ad un anno solare, la nascita di Cristo sarebbe avvenuta giusto 6 secondi fa, e dal lancio della sonda Pioneer 10 (avvenuta nel 1972) con la quale abbiamo iniziato ad inviare messaggi nello spazio nella speranza di intercettare altre civiltà intelligenti, sarebbero trascorsi a malapena 130 millesimi di secondo! In pratica sarebbe necessario che un’altra specie di vita si fosse evoluta in maniera intelligente e che avesse allo stesso modo sviluppato tecnologie e mezzi per captare la nostra esistenza giusto in questi ultimi 130 millesimi di secondo di esistenza dell’universo: non è impossibile certo, ma è altamente improbabile.
Si è documentato, ha studiato, scatta foto bellissime che vengono pubblicate nelle riviste di astronomia: il cielo per lei è veramente una grandissima passione e la sta condividendo con gli altri…
Mi piacerebbe che in tanti iniziassero ad osservare il cielo con maggiore attenzione di quella attualmente dedicata ad esso. Sono felice quando chi osserva le mie foto si stupisce del fatto che, ciò che vede, esista realmente. Credo che, osservare tale stupore negli occhi dell’interlocutore alimenti ancor di più la mia voglia di far conoscere le meraviglie del cosmo. Penso che conoscere, anche se in parte, l’universo e ciò che sta attorno al nostro pianeta, la sua storia, la sua origine, il suo destino e di conseguenza quello dell’intero genere umano, non possa che aiutare a comprendere ed apprezzare maggiormente la singolarità dell’esistenza della specie umana. La visione antropocentrica del mondo, una volta osservata con gli occhi di un astrofilo, si mostra nella sua totale deformità. Non rappresentiamo il centro dell’universo, siamo solo una sua eccezionale singolarità. Cito una frase di Margherita Hack a cui sono particolarmente affezionato perché penso racchiuda ciò che credo di aver compreso in questi anni: “L’astronomia ci ha insegnato che non siamo il centro dell’universo, come si è pensato a lungo e come qualcuno ci vuol far pensare anche oggi. Siamo solo un minuscolo pianeta attorno a una stella molto comune. Noi stessi, esseri intelligenti, siamo il risultato dell’evoluzione stellare, siamo fatti della materia degli astri”. In pratica non siamo altro che polvere di stelle che ragiona e si affascina su di esse, e personalmente trovo tutto questo fantasticamente romantico.
Francesca Murgia
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