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ATTUALITÀ

Odio e razzismo

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di Desiderio Segundo

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Nel preambolo della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata dalle Nazioni Unite nel 1965, si dichiara, come convinzione di tutti i firmatari, che qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze è scientificamente falsa, condannabile moralmente, ingiusta e pericolosa socialmente, perché nulla può giustificare la discriminazione razziale.
Al momento dell’approvazione della Convenzione, nessuno avrebbe mai detto che oggi, dopo tutti gli sforzi fatti per la costruzione di un ideale di vita comune, che questi argomenti sarebbero stati messi in discussione o che ci sarebbe ancora stato bisogno di interventi di condanna o disapprovazione per atti di discriminazione razziale. Contrariamente a quanto si pensava, invece, proprio in questo momento è d’obbligo più che mai riparlarne.
La necessità di riprendere e ribadire argomenti, che si pensava fossero ormai obsoleti e anacronistici, proviene dal fatto che oggi più che mai il razzismo ha ancora uno spazio nella nostra quotidianità. Questo accade in parte per la permissività dell’attuale contesto sociale e in parte per la sottovalutazione e ignoranza dell’uso di espressioni razziste, che incentivano la diffusione dell’odio razziale. In questo modo si è arrivati a considerare quasi normale avere manifestazioni, espressioni o dibattiti chiaramente discriminatori verso una razza, una etnia, una qualsiasi minoranza, e invece anormale e criticabile chi ancora recrimina e afferma il dovere di essere intollerabili verso ogni comportamento, espressione, pratica ed episodio di discriminazione razziale.
Nel contesto politico e sociale italiano, lo stigma e la discriminazione per questioni legate alla razza sono diventati così evidenti che hanno portato a un facile e veloce cambiamento delle idee e del comportamento delle persone. Siamo ormai passati da un tentativo di difendere l’atteggiamento sbagliato all’erigersi ferventi difensori di ideologie che proclamano dichiaratamente l’odio e il razzismo umano. È qui piuttosto evidente la trasformazione in fanatismo ideologico, anche nella indisturbata costituzione, nonché affermazione e promozione di gruppi e associazioni che difendono ideologie razziste e coltivano la cultura dell’odio. Siamo passati dalla protesta in piazza alla aggressione fisica, verbale e morale diretta non solo a chi è considerato diverso, ma anche a tutti coloro che osano essere in disaccordo e cercano di opporsi a tale cultura. Siamo arrivati, perfino, al punto che non sono più la cordialità, il buonsenso, il rispetto per la diversità, la convivenza con la libertà di opinione e il bene comune a guidarci per discernere cosa sia o no giusto, ma quello che ci guida è il consenso politico; tutto è permesso se porta a un aumento del consenso alle urne.
Dopo questo scenario, non è falso affermare che in Italia gli atti di discriminazione, contro persone di cultura, religione, pensiero, colore della pelle o altre differenziate, siano diventati sempre più frequenti, e, di conseguenza, pericolosi per chi appartiene a certi gruppi o categorie sociali, soprattutto perché in contropartita vi è un silenzio assordante di chi invece, anche non pensandola in questo modo, non riesce o non vuole opporsi, lasciando che l’Italia assuma le fattezze di una nazione razzista. Il razzismo passivo avviene quando i cittadini e le istituzioni di tutela e difesa dei diritti, in presenza di una discriminazione, non fanno niente per fermarla, considerando che questo non sia un problema che gli appartiene, su cui intervenire. Questa immobilità e non partecipazione incentiva e lascia spazio alla discriminazione, spesso a seconda della tendenza del momento, siano essi immigrati o agli stranieri, africani, cinesi, rom, musulmani o ebrei, e allargando poi la categoria: gay, donne, disabili, fino ad arrivare alla divisione geografica.
Si potrebbe negare il contrario oggigiorno? Si potrebbe pensare che non tutta l’Italia sia così, davanti ai fatti che diariamente ci vengono riportati dalla cronaca, anche isolana?
Questo ci porta a riflettere su quale sia realmente il problema attuale, che non è se l’Italia sia o meno una nazione razzista. Il problema reale è la mancanza di un totale intervento da parte di tutti, per invertire questa tendenza e scardinare lo scenario. È evidente che manca la volontà di discutere per trovare una soluzione, di riconoscere che l’odio razziale sia un problema irrisolto, non elaborato e superato. È fondamentale, invece, aprire una riflessione sul comportamento che abbiamo adottato nei confronti del diverso, riconoscere gli errori e trovare soluzioni comuni per superare lo stallo, per consolidare la creazione di una società che si evolve nella diversità, facendone un grande spazio di sviluppo economico e sociale.
Una società aperta che si basa sul rispetto reciproco e sul multiculturalismo, in cui diversi modi di vivere si incontrano e convivono nella diversità, datata di regola che tutti rispettano e di diritti di cui tutti godono allo stesso tempo, ci conduce a uno sviluppo socioeconomico completo, durevole e sostenibile. Una società in cui l’accettazione dell’altro avviene reciprocamente, indipendentemente delle origini, perché l’altro è visto come un essere umano con capacità e limitazioni, qualità e difetti, ma anche diritti e doveri come cittadino e uomo.
Il dominio della paura ci impedisce di conoscere e rispettare l’altro, giudicandolo per qualcosa che presumiamo ma non per quello che la persona realmente è.
La costruzione di una società più giusta ed equa necessita pertanto di una presa di posizione netta contro il razzismo (attivo e passivo), in cui tutti fanno la propria parte, come elementi di una multipla unità, in cui nessuno può essere escluso e in cui tutti abbiamo l’obbligo di impegnarsi affinché nessuno lo sia.

RIPRODUZIONE RISERVATA
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