di Sandro Renato Garau
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1°novembre è Ognissanti una festa cristiana in cui la Chiesa celebra tutti i santi cioè gli onomastici di chi non ha il nome nel calendario cristiano. La commemorazione religiosa e pagana pare risalga al IV secolo a.C.
Il 1°novembre la Chiesa ricorda la Consacrazione di una cappella, a San Pietro, alle reliquie “dei Santi Apostoli e di tutti i Santi, Martiri e Confessori”, fatta da Papa Gregorio III (731-741)
Nel 835 d.C. papa Gregorio IV chiese il re franco Luigi il Pio di ufficializzare questa celebrazione come festa di precetto fissandone la data il 1° di novembre di ogni anno.
Nel 1475 la festività di Ognissanti venne resa obbligatoria in tutta la Chiesa d’Occidente da Sisto IV.
Il 1°giugno 1949 la Costituzione Italiana inserì il giorno di Ognissanti tra quelli considerati festivi.
Fra il 31 ottobre e il 1° novembre, Calan Gaeaf è il primo giorno d’inverno (1° novembre), secondo le antiche credenze celtiche, si chiamava Samhain, i defunti tornano dall’oltretomba e camminano fra i viventi. Festa pagana che celebrava la fine dell’estate e la fine dell’anno vecchio.
Il culto pagano, sopravvive nella cultura dei popoli europei fino ai giorni nostri.
Ciò che avviene nei giorni tra il 31ottobre, l’1 e il 2 novembre nelle varie culture è quanto di più affascinante e misterioso; la cultura cristiana ha cercato di conciliare l’eredita dei riti pagani nel festeggiare Ognissanti con la nuova cristiana.
Si seguono, tradizioni diverse da regione a regione; per esempio in alcune zone della Sardegna c’è l’usanza di lasciare la tavola imbandita per le anime dei morti che possono tornare in quella notte; in Sicilia c’è l’antica convinzione che durante la notte di Ognissanti i defunti portano dolciumi ai bambini che si sono comportati bene; in Friuli Venezia Giulia una bacinella d’acqua, un pezzo di pane e una candela accesa, rimangono a disposizione dei morti, qualora tornino dall’aldilà.
Il 2 novembre di ogni anno è dedicato alla commemorazione dei defunti.
Nel X secolo Sant’Odilone, abate di Cluny, varò una legge affinché in quella data tutti i monasteri della sua congregazione ricordassero il giorno dei propri morti.
La commemorazione si diffuse in tutta la Chiesa. Questa la storia, le due date sono vissute in modo diverso a seconda delle comunità e delle sensibilità di ciascuno. In altre culture non sono presenti in questa forma.
L’occidente le vive come un continuum tra tradizioni pagane e cristiane. Tralasciando i riti e le leggende: per le comunità cristiane è una delle feste più importanti perché celebra tutti i santi quelli morti e quelli vivi. Chi non crede, è forse coinvolto molto più emotivamente dal 2 novembre.
L’affluenza e il decoro che si dà ai luoghi dove riposano i defunti ne sono testimonianza. Prima della situazione attuale era l’occasione per tornare ad incontrarsi tra persone che non si vedevano da molto tempo, stare insieme con parenti e amici con i quali si è condiviso un pezzo di strada, vivere momenti conviviali.
Oggi la situazione è più complessa e delicata, essa va vissuta con responsabilità e consapevolezza senza rinunciare alla speranza che non può essere sogno ma desiderio di tornare alla “normalità”, non sarà quella pre covid 19, sarebbe impossibile, ma “normalità”.
Sandrorenator@gmail.com
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