Economia & Lavoro

Olivicoltura, Azienda Agris di Villasor: il Superintensivo a confronto con la varietà greca koroneiki

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di Martino Muntoni e Piergiorgio Sedda
Agris Sardegna – Servizio ricerca nelle filiere olivicola-olearia e vitivinicola
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Nel 2018, grazie a una collaborazione spagnola con la società di servizi in arboricoltura e vivaistica Agromillora, vengono messe a dimora alcune tra le principali cultivar adatte (per spiccata fertilità, veloce e costante messa a frutto) a questo sistema colturale, investendo complessivamente poco meno di 1 ettaro.

Si tratta delle varietà Arbequina, Arbosana, Lecciana e Oliana.

Il sistema colturale in Sardegna interessa attualmente circa 200 ha, situati prevalentemente nei comprensori olivicoli della Nurra di Sassari e Alghero, nella parte sudoccidentale della Sardegna (Santadi, Villaperuccio e Sarroch) con impianti di piccole dimensioni nel centro del Campidano di Cagliari.

Si tratta di un sistema colturale ad alta densità 1500-2000 piante /ha sin anche 3.000 disposte a file distanziate 3,8-4,00 metri e distanti 1,5/ 1.00 metri tra le piante lungo la fila.

Fornisce alte rese produttive, ma necessità di ampie superfici pianeggianti irrigue e di media-elevata fertilità e importanti dotazioni di interventi tecno-agronomici (precisione nella difesa, irrigazione e fertilizzazione), corretti e precisi interventi di potatura sia meccanizzata che manuale abbinati a una raccolta precoce e tempestiva della produzione.

Di contro, il sistema si caratterizza per un basso costo di produzione dovuto a contenuti interventi di manodopera e facile meccanizzabilità di pressoché tutti gli interventi colturali e precisione nella gestione anche con sistemi di “agricoltura 4. Zero”

Per la sua competitività stante gli elevati investimenti necessari sia di impianti sia di macchinari, deve essere praticato su base comprensoriale e con moduli minimi di 20-25 ha.

Infine occorre ancora un importante lavoro di definizione dei genotipi più idonei sia per gli aspetti quantitativi che soprattutto qualitativi.

Oggi le varietà utilizzate (prevalentemente di origine spagnola) soddisfano gli aspetti quantitativi, lasciano a desiderare ancora su quelli qualitativi (contenuti medi di biofenoli e modesta shel-life dell’olio ottenuto).

In conclusione, il sistema superintensivo rappresenta, dalle nostre prime valutazioni, una delle opportunità per garantire un’adeguata reddittività agli olivicoltori in quelle aree di modesto valore paesaggistico e con più forte propensione all’investimento, adatto ad un’agricoltura a carattere specializzato e di tipo industriale.

L’olivicoltura tradizionale merita ancora tutte le attenzioni legate alla sua forte aderenza e resilienza al territorio e al paesaggio rurale, potenziali elementi di valorizzazione in chiave multifunzionale e di salvaguardia dell’importante patrimonio olivicolo, storico-culturale e di biodiversità, che ha caratterizzato nel tempo i nostri territori, influenzandone positivamente gli aspetti sociali e di sostenibilità, con forti valenze anche ai fini turistici.

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