Emigra da ragazzo, combatte in Russia, carabiniere nel Sifar, scrittore e giornalista
__________________________________
di Dario Frau
______________________
Antonio (noto Antonino) Tuveri è un personaggio che a Pabillonis pochi hanno conosciuto, ma che tanti anziani ricordano. Una figura straordinaria non solo per il suo paese, dove era nato nel 1922, ma anche per le sue vicissitudini, nel periodo prima, durante e dopo l’ultimo conflitto bellico. Lascia giovanissimo il paese e raggiunge Verona, combattente con l’Armir nella Campagna di Russia, antifascista, sfugge alla deportazione in Germania, si arruola poi nei carabinieri, nel Sifar. È autore anche di diversi romanzi oltre che giornalista; per i suoi meriti è stato insignito del titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
FIGLIO DEL COMMERCIANTE
MICHELE TUVERI
Antonio (Antonino) Tuveri, classe 1922, era il terzo figlio di Michele e di Anna Laura Zara, di Samassi. Prima di lui erano nati Evangela (1913) e Laura (1914), deceduta a 18 anni nel 1932, Pinuccio (1924), e Giovanni (1928). Il padre Michele era un importante commerciante di generi alimentari, ma due gravi episodi familiari scossero la serena esistenza di tziu Micheli: prima scomparve la figlia Laura e l’anno dopo morì la moglie Anna Laura Zara, che si era ammalata gravemente. Il triste fatto scosse Michele Tuveri e creò anche problemi per la gestione alla sua attività commerciale, tanto che dovette vendere la casa e il negozio di via San Giovanni, nel 1933 a Francesco Secchi di Guspini, che in seguito la cedette, nel 1939, alla sorella Bonaria, sposata con Guglielmo Mugnai e continuare l’attività di commerciante in sa buttega che aveva in via Roma. Fu un periodo molto difficile per Micheli Tuveri che rimasto vedovo, doveva seguire anche i figli, ancora piccoli: Antonio 11 anni, Pinuccio 9 e Giovanni 5; in questa fase, un importante supporto venne dato dalla primogenita Evangela che allora aveva 20 anni e “fece da mamma ai fratellini”, spiega la figlia Fanny Murru. Tziu Micheli dopo pochi anni si risposò con Felicina (Peppina) Troncia di Cabras, da cui ebbe Mario e Maria Lucia. I figli avuti dal primo matrimonio, sebbene ancora giovanissimi, chi più chi meno, dovettero ingegnarsi e pensare a se stessi. Dopo varie peripezie, Giuseppe riuscì ad aprire con la moglie Anita Steri un bar e un negozio di coloniali, a sua volta, Giovanni ottenne una licenza per la vendita di questi prodotti nella via Argiolas. Evangela, l’unica figlia femmina, invece, si sposò con un possidente di Segariu, e seguendo la tradizione di famiglia aprì un grande negozio di alimentari, in questo paese.
LASCIA GIOVANISSIMO IL PAESE
Anche Antonino lasciò giovanissimo il paese natìo: «A 17/18 anni si trasferì a Verona dove faceva alcuni lavoretti, ma non smise mai di studiare e di documentarsi», racconta la cognata Vittoria Pia, moglie di Giovanni. A Verona l’emigrato pabillonese, lavorava e studiava, finché nel 1942 dovette partire militare e fu inviato con l’Armir sul fronte russo. Il giovane ventenne, a metà dicembre, insieme alla sua armata che si era schierata sul Don, incalzato da una possente offensiva sovietica, fu costretto a una disastrosa ritirata. L’Armir perse 85.000 uomini tra morti e dispersi e 30.000 feriti. Antonino Tuveri si salvò e rientrò in Italia. Meno fortuna ebbero altri suoi compaesani: Dante Podda, Gerolamo Matta e Anselmo Floris. Antonino raccontò poco in famiglia di questi fatti drammatici: tra le peculiarità del padre, la figlia Roberta (dottoressa in anestesia e rianimazione) ricorda, infatti, la sua discrezione nel parlare della propria vita.
ANTIFASCISTA SFUGGE
ALLA DEPORTAZIONE IN GERMANIA
Antonio Tuveri, tornato dalla guerra in Russia, nel 1944 fu arrestato a Verona, per le sue idee antifasciste e fatto prigioniero; in seguito sfuggì, per caso, anche alla deportazione in Germania. «Nostro padre non aveva mai raccontato tutti i particolari, ma le sue idee antifasciste le ha sempre manifestate», rimarca Roberta. Il giovane pabillonese, d’altronde, come detto prima, era sempre stato riservato e misurato, nel parlare della sua vita, soprattutto dopo il lavoro che svolse, nel Sifar (Servizi Segreti).
SPOSA LIDIA DONATI
E SI ARRUOLA NEI CARABINIERI
Finite le vicende belliche, si sposò a Verona, con Lidia Donati che discendeva da una illustre e antica famiglia veronese. E un anno dopo, nel 1945, si arruolò a Verona, nell’Arma dei carabinieri e frequentò l’Accademia a Firenze. In questo periodo nacque anche Najda la seconda genita. Tra le caratteristiche di Antonio Tuveri è da mettere in evidenza lo studio, la lettura e il desiderio di essere sempre aggiornato su tutto: «la cultura rende liberi e importanti nella vita», diceva sempre. A questa voglia di cultura, si aggiunge anche il grande senso del dovere: «A noi figlie raccomandava sempre: prima di tutto occorre fare il proprio dovere, poi viene il resto», riferisce ancora Roberta che “fece proprio” questo prezioso consiglio: «Dopo il diploma al liceo classico, nonostante la nascita di un figlio, mi sono iscritta all’università e mi sono laureata in medicina, sono diventata anche primaria, in anestesia e rianimazione al Fatebenefratelli di Milano: ricevetti anche i complimenti di mio padre».
AGENTE SEGRETO DEL SIFAR
E COMANDANTE DI CASERMA A MILANO
Antonio Tuveri, grazie alla sua cultura e capacità organizzativa in cui si era distinto, dopo il trasferimento da Verona a Milano, venne nominato anche comandante della caserma vicino a piazza Napoli, come ricorda la figlia. «Sapevo che faceva il carabiniere, ma a casa era sempre in borghese: la prima volta che l’ho visto in divisa, è stato quando siamo andati a trovarlo in caserma». Discrezione e riservatezza caratterizzavano, infatti, Antonio Tuveri, in famiglia: «ma, qualche volta, mi era capitato, di sentire di notte, le conversazioni con mia madre a cui raccontava di inseguimenti e di indagini», ricorda Roberta. Intanto per Antonio, questo lavoro, nei Servizi Segreti, diventava sempre più faticoso, anche perché soffriva di cuore, infatti all’età di 40 anni, un medico gli riscontrò una patologia al cuore. Nel 1984, mentre la figlia Roberta era in vacanza a Clusone, la mamma la chiamò da Milano, proprio il giorno di Ferragosto: “Vieni papà si sente male». Portato in ospedale fu operato d’urgenza al cuore.
DOPO 40 DI SERVIZIO SI CONGEDA
SCRITTORE E GIORNALISTA
Antonio Tuveri aveva 62 anni e a causa del problema al cuore dovette lasciare l’Arma dei Carabinieri, si congedò dopo quarant’anni di servizio, con il grado di tenente. La vita di pensionato non fu, però, priva di operosità. Anzi, il suo interesse per la cultura, la letteratura e la scrittura, che aveva sempre coltivato, aumentò ancor di più. Nonostante la sua formazione di autodidatta, Antonio Tuveri era diventato, infatti, un uomo erudito e colto, che lo portò anche alla pubblicazione di libri: nel 1953, a Verona, editore Ghidini e Fiorini, aveva pubblicato “Brani del triste passato”; nel 1964, fu la volta di “Le mie cugine”, (La Parrucca); “Papà non vuole”, 1973 (Zanzari) e Il lenzuolo sardo (GME) nel 2000, oltre all’attività di giornalista ne La Gazzetta di Parma.
LA NOSTALGIA DEL PAESE NATIO
Ma di Pabillonis, Antonio Tuveri, nonostante fosse diventato una figura importante, non si era mai dimenticato, tornava, ogni tanto, con la famiglia e qualche volta anche da solo, per rivedere i fratelli, gli altri parenti e gli amici della sua infanzia. «Alloggiava da noi con la famiglia e veniva soprattutto nel periodo di Pasqua perché gli piacevano tanto is pardulas, il dolce che in tutte le famiglie non poteva mancare», racconta la cognata Vittoria Pia. Antonio Tuveri scomparve nel 2006, all’età di 84 anni e anche lo Stato che aveva servito, con alto senso del dovere ed efficienza, riconobbe i suoi meriti, onorandolo con il titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Aggiungi Commento