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Cultura

Pabillonis, la storia dei dipinti e degli artisti della chiesa Beata Vergine della Neve

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di Dario Frau
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Chi entra nella chiesa parrocchiale della Beata Vergine della Neve, alzando lo sguardo nota alcune immagini nella volta della navata: sono dipinti che raffigurano i quattro evangelisti e la Beata Vergine, patrona del paese. Nella chiesa, realizzata alla fine del XVI secolo o, al più tardi, agli inizi del XVII secolo, come si evince dalla testimonianza dello storico e teologo padre Salvatore Vidal (1575-1647), durante il corso delle varie fasi dell’ampliamento, non furono mai messe “in opera”, progetti e/o iniziative per la realizzazione di abbellimenti pittorici: solo in qualche cappella vi erano alcune decorazioni.

I PRIMI DIPINTI NEL 1929

Dopo trecento anni, nel 1929, con il parroco Raimondo Pirri, vengono realizzati alcuni dipinti: i quattro evangelisti, il tetramorfo (dal greco antico tetra, “quattro”, e morfé, “forma”) e la Vergine Maria. Non si sa come avvenne questa decisione, ma la frequentazione di parecchi ragazzi e giovani molto attivi, nell’ambito delle attività culturali dell’oratorio, prima promosse dal rettore Fausto Matzeu (1914- 1926) e poi dal nuovo parroco Raimondo Pirri (1926-1933), forse spinsero alla realizzazione dei dipinti. Grazie, anche a questi collaboratori, entusiasti e disponibili, fra i quali Attilio Cara, molto dinamico e volenteroso nell’ambito dell’oratorio, il nuovo parroco rev. Raimondo Pirri, prese la decisione di rendere bella la chiesa, con questi affreschi. I fondi economici a disposizione, purtroppo, come nel passato, non erano molti e quindi risultava impossibile affidare questo incarico ad artisti esterni, titolati e di esperta fama. Per questo motivo venne deciso di affrescare la chiesa con pittori locali.

AUGUSTO CONTINI E ATTILIO CARA

In paese era noto, per le sue doti artistiche, Augusto Contini, che aveva acquisito ed ampliato queste competenze dal padre Mattia, noto maestro di scuola elementare e uomo di cultura, oltre che in possesso di particolari abilità artistiche.Il figlio Augusto con queste competenze ereditate dal padre, affrontò insieme ad Attilio Cara, che a sua volta dimostrava capacità nel settore edile, e una certa preparazione tecnica (aveva frequentato anche dei corsi professionali),la realizzazione degli affreschi. L’esecuzione dei lavori non fu facile poiché l’allestimento del palco, dovuta all’altezza delle pareti e della volta (sei/otto metri), e la logistica, comportava qualche difficoltà. “Mio padre Augusto, raccontava sempre, che la parte più impegnativa e faticosa era stata la raffigurazione dell’immagine della Beata Vergine poiché bisognava dipingere, sdraiato supino, con il viso a poca distanza della volta a botte”, spiega il figlio Benito Contini. Alla fine, il detto “nemo profeta in patria”, venne smentito: le immagini/affreschi vennero realizzati con successo, dai due artisti locali e anche con una certa valenza artistica.

DIPINTI REALIZZATI IN UN MESE

L’esecuzione dei lavori non durò molto tempo; in poco meno di un mese, infatti, le cinque immagini, furono terminate e come si ricava dalla data impressa in ogni dipinto, dal 2 marzo dell’A.VII dell’era fascista (1929), al  23 marzo dell’A.VII (1929), vennero tutte realizzate. Se il Contini, soprattutto, insieme al Cara, furono i principali protagonisti, non bisogna dimenticare altri lavoratori che collaborarono a questa impresa, tra questi, Giovanni Cossu, come racconta la nipote Maria Cossu: “Zio Nicu era fratello di Massimino mio nonno paterno, che allora svolgeva l’attività di campanaro, sagrestano e altre funzioni nell’ambito della parrocchia e poteva essere definito il factotum delle chiesa parrocchiale”.

IL TETRAMORFO: I QUATTRO EVANGELISTI

I soggetti scelti dal parroco per gli affreschi furono: l’effige della Vergine Maria, patrona della chiesa e il tetramorfo. Nella tradizione cristiana e nella storia dell’arte, tetramorfo viene normalmente utilizzato per indicare l’immagine biblica composta dai quattro simboli degli evangelisti. Entrando dal portone principale della chiesa parrocchiale, all’interno di una pseudo cornice dipinta, si evidenziano, in ordine: il primo a destra, San Matteo che secondo la tradizione, gli viene associato l’uomo alato o l’angelo, perché il suo Vangelo è incentrato sull’umanità di Cristo, come asserisce San Girolamo; nella rappresentazione non figura, però, alcun simbolo. Matteo è presentato con il Vangelo (Evangelium), chiuso, ben in evidenza come messaggio/cammino per i cristiani. Nella parete di fronte, a sinistra, è rappresentato San Marco, simboleggiato nel leone, con la scritta Pax tibi perché il suo Vangelo rimarca la maestà di Cristo e la sua regalità. Il leone è tradizionalmente considerato come il re delle belve. Nell’ultimo a destra, è rappresentato San Luca con il bue, perché il suo Vangelo è incentrato sulla natura sacrificale della morte di Cristo. Il bue è da sempre considerato l’animale sacrificale per eccellenza. Nell’ultimo, a sinistra, San Giovanni, è simboleggiato con l’aquila, perché il suo Vangelo si apre con la contemplazione di Gesù-Dio: “In principio era il Verbo … e l’aquila è simbolo, per eccellenza, di ciò che viene dall’alto. Per quanto riguarda i soggetti scelti per le pitture, si ha qualche indicazione. “Le immagini realizzate sono state disegnate ispirandosi a santini o immaginette che i due artisti presero come riferimento adeguandole alle loro abilità”, spiega Bonuccia Cara, figlia di Attilio, uno dei pittori. Questo è confermato anche da Benito Contini, figlio di Augusto, l’altro artista: “mio padre raccontava sempre che i dipinti rappresentavano le figure viste nelle immaginette, con alcune varianti personalizzate in corso d’opera”. Chi osserva la posizione dei quattro evangelisti può notare una certa razionalità: ogni figura occupa uno spazio nella parete di una navata, (delle tre che compongono la chiesa), al di sopra di una cornice aggettante in pietra a vista, che si dilunga per tutto l’edificio.

LA VERGINE MARIA CON IL CRUCIGERO

La navata centrale è stata riservata, invece, all’immagine della Vergine Maria, dipinta sulla sommità della volta, quasi a dominare, dall’alto, il luogo sacro. La Vergine è rappresentata, all’interno di una cornice con foglie di alloro, con Gesù Bambino in braccio che mantiene il globo crucigero (globus cruciger), una sfera con in cima apposta una croce. È un simbolo cristiano usato sulle monete, nell’iconografia e nelle insegne regali. Esso rappresenta il dominio di Cristo (la croce) sul mondo (la sfera). L’origine di questo simbolo di potere è romano. Nella religione cristiana, che aggiunse la croce al globo, risale, probabilmente, dopo l’affermazione del cristianesimo, sul paganesimo, con l’imperatore Teodosio II, alla prima metà del 400 d. C.

GLI AUTORI

Augusto Contini era nato a Pabillonis il 31 maggio 1903. Suo padre Mattia, nato nel 1870, era un maestro elementare e uomo di cultura che influenzò il percorso artistico del figlio. Augusto che fin ragazzo dimostrava particolari doti nel disegno, ampliò queste, anche con i consigli di un professore dell’Istituto tecnico commerciale di Oristano, dove si era iscritto. Nel 1928 si sposò con Evelina Erdas da cui ebbe quattro figli. Un anno dopo, dipinse le immagini della chiesa parrocchiale. La vita di Augusto Contini è stata particolarmente avventurosa; nel periodo prebellico intraprese la carriera militare e la famiglia lo seguì nelle varie sedi di servizio: Ascoli Piceno, Siena, Roma. Durante la guerra, rimase, per alcuni anni, prigioniero degli inglesi, in Etiopia. Al ritorno, lavorò, come impiegato, nell’Ente lotta contro la malaria, ad Arborea e Oristano e poi nella cantina di Terralba: suoi i disegni delle etichette, nelle bottiglie. Tornò in paese, con la famiglia, nel 1960. Nel corso della costruzione della chiesa campestre di san Lussorio, realizzò la pergamena posta nella prima pietra. Morì nel 1970 all’età di 67 anni.

Attilio Cara nacque a Pabillonis il 16 gennaio1911. Frequentò la scuola elementare con particolare profitto, in “Aritmetica-sistema metrico e geometria”. Frequentò, in seguito, le scuole di avviamento professionale e acquisì anche diversi diplomi, in vari corsi tecnici e poi anche l’abilitazione di daziere. Da ragazzo frequentò, con altri giovani, le attività dell’oratorio con il parroco reverendo Fausto Matzeu, molto attivo nelle attività culturali, tra cui si ricorda anche un famoso gruppo teatrale. Le dinamiche culturali e l’entusiasmo dei giovani e di Attilio, continuarono anche con il nuovo parroco Raimondo Pirri promotore dei dipinti. “Mio padre è stato molto attivo, leggeva e si documentava sempre: il suo punto di riferimento era il dizionario storico-scientifico-geografico Melzi d’Eril”, ricorda la figlia Bonuccia. Nella sua vita lavorò tanto per mantenere la famiglia composta da sei figli e la moglie Mariarosa. Era un bravo muratore e viste le sue competenze tecniche, nei cantieri di grandi imprese, svolgeva il compito di capocantiere/capomastro. Tra i lavori significativi, la costruzione dei ponti sul fiume Bellu e Malu e alcuni anni a Oristano e ad Arborea (allora Mussolinia dove si recava in bicicletta), Per il suo carisma fu nominato anche presidente della coop. Patiossu dove molti contadini coltivavano le terre comunali. Era conosciuto anche per le sue idee socialiste e contribuì alle dinamiche politiche del paese. Morì il 5 maggio 1988 all’età di 77 anni.

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