di Dario Frau
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Sarà inaugurata sabato 18 maggio, alle 16, la particolare mostra documentale dedicata all’antico lavoro delle donne pabillonesi che hanno dato lustro all’economia del paese.
Tra le varie iniziative di Monumenti Aperti, una novità per questa edizione, che si terrà il 18/19 maggio, è la mostra, nella biblioteca comunale, sulle donne pabillonesi, che fino ai primi anni Sessanta, sono state protagoniste dell’economia, tutta al femminile, andando a biaxi, nei paesi dell’isola per vendere Is pingiadas e tianus, realizzati dagli artigiani di stoviglie del paese.
Per soddisfare la richiesta del mercato isolano e rifornire le famiglie di questi indispensabili utensili da cucina, una buona parte della comunità pabillonese era mobilitata ed organizzata nel settore della vendita.
Le donne, in particolare, furono protagoniste determinanti nel commercio di pingiadas e tianus, con la vendita porta a porta, nei paesi dell’Isola dei prodotti tipici pabillonesi. Insieme a is carrettoneris (i venditori con i carri carichi di pentole che arrivavano in ogni parte della Sardegna), anche le donne furono elementi trainanti e determinanti in questo commercio, che ruotava intorno all’intraprendenza di decine e decine di madri di famiglia e di ragazze.
Per certi versi, una forma di “emancipazione” del lavoro femminile in Sardegna per quei tempi. Emancipazione, poiché, spesso, vista anche la mancanza di lavoro dei mariti, furono loro, con un duro e faticoso lavoro, a garantire un “pezzo di pane” ai figli, che attendevano, con particolare aspettativa, il ritorno della loro mamma che, in cambio delle vendita delle pentole portavano olio, lardo, salsiccia, frutta e anche pane.
I soldi, infatti, erano pochi e quelli che ricevevano, servivano, in gran parte a pagare il padrone del forno che aveva fornito, a credito, le pentole.
Partivano prima dell’alba e si dirigevano, a piedi, qualcuna anche scalza, (se le scarpe le avevano, le toglievano per non consumarle in strade accidentate e le mettevano di nuovo quando arrivavano a destinazione), con in testa sa crobi in equilibrio o il sacco a lia conca, nei paesi più vicini, Gonnos, Villacidro, Guspini, Sardara, San Gavino, Arbus, Montevecchio, ma anche in quelli più lontani della Trexenta e della Marmilla, Sanluri, Morgongiori, Mogoro, Masullas, Usellus e Lunamatrona.
Partivano alle 3 o alle 4 del mattino, a seconda della stagione e percorrevano anche 30/35 km al giorno, con un carico di pentole in testa, camminavano 4/5 ore e riuscivano a rientrare in paese a tarda sera con le corbule piene di provviste che avevano scambiato. Alcune prendevano il treno fino a Oristano o a qualche stazione più avanti e a piedi giravano i paesetti dell’alto oristanese: Bonarcado, Norbello, Solarussa, Bauladu… Anche da quelle località riuscivano a tornare in giornata, e se per caso non riuscivano a vendere tutte le pentole, lasciavano il carico presso una famiglia di fiducia e riprendevano la vendita il giorno dopo.
Qualcuna riusciva a dormire anche in qualche casa che le ospitava, altre si arrangiavano anche all’addiaccio: “mia nonna Giuseppa Cirronis era molto coraggiosa e non aveva paura di niente, raccontava infatti che, certe volte, passava la notte in sa gecca de is campusantus perché in quel posto, nessuno l’avrebbe disturbata”, riferisce il nipote Pierangelo Orgiu.
Sono una quarantina le testimonianze raccolte nella mostra, in altrettante schede biografiche, dove vengono raccontati gli aneddoti, le curiosità, peripezie e le fatiche della vendita a biaxi, oltre alle modalità di commercio. Nella mostra, organizzata dal Sistema Bibliotecario Monte Linas, con la collaborazione di esperti locali e il patrocino del comune, che verrà allestita e inaugurata nella biblioteca di via Su Rieddu, in occasione di Monumenti Aperti del 18/19 maggio, ma che resterà aperta fino all’8 giugno, insieme ad attrezzi, costumi, recipienti, crobis e cadinus, pingiadas, tianus, sciveddas e foto, è stata ricostruita la storia, con testimonianze e racconti dei figli e delle figlie e parenti, di una cinquantina di queste feminas che andavano a biaxi, e hanno permesso di rendere giustizia al passato/storico della comunità pabillonese, grazie al sacrificio di queste donne.
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