Intervista ad alcuni protagonisti dell’iniziativa
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di Alessia Vacca
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Nonostante il proibizionismo negli anni del fascismo e il tentativo di sradicare la lingua sarda dal repertorio dei parlanti locali c’è chi, ancora oggi, crede fortemente nel valore identitario e culturale del sardo e ha deciso di “internazionalizzarlo” attraverso il doppiaggio di uno dei cartoni più famosi al mondo: Braccio di ferro. A Pabillonis nel 2021 la Nor edizioni di Francesco Cheratzu ha deciso di avviare il progetto e produrlo grazie al supporto dell’associazione Tramudadas di Maurizio Foddi, la voce del protagonista, Braccio di ferro. Abbiamo intervistato alcuni dei protagonisti del progetto per comprendere meglio come si sia sviluppato e in che cosa li abbia arricchiti.
Come si è sviluppato il progetto?
«A noi, appassionati di lingua sarda, di cinema e di musica non ci è sembrato vero quando la Nor, con la quale avevamo già lavorato in precedenza, ci ha contattati. Una volta avuta la certezza che il cartone animato Popeye fosse privo di diritti d’autore e quindi doppiabile senza incorrere in sanzioni o altro tipo di violazioni abbiamo cominciato a provare a lavorare ad alcune puntate. Fatte le dovute prove e tirate le somme abbiamo approfittato di un bando regionale per la valorizzazione della lingua sarda. Da qui partiamo con la formazione della squadra che avrebbe dovuto avvicinarsi e calarsi pianeta Popeye. Abbiamo visionato tutti gli episodi in lingua originale per poi sceglierne 20 che avrebbero dato il senso di quel che è stato un “big” dei cartoni. Attraversando tutta la sua storia, partendo dalla striscia a fumetti Thimble Theater, passando per il primo bianco e nero fino alle puntate più moderne. Fatta la scelta il lavoro più difficoltoso è stata la traduzione dall’America anni 30 al sardo. Ci siamo dovuti calare in una lingua particolare con delle forme linguistiche quasi sconosciute a chi ha studiato l’inglese. Altrettanto difficile è stato il lato culturale del cartone anni Trenta non privo di allusioni razziste verso indiani o nipponici. Comunque, una volta eseguito questo lavoro il doppiaggio è stata la parte più divertente. Assegnati i ruoli siamo entrati nella parte ed è venuto fuori, a mio avviso, un lavoro di buona qualità», ha affermato Foddi.
Quanto le piacciono progetti del genere? E quanto pensa possano essere utili alla promozione della lingua e della cultura sarda?
«L’associazione Tramudadas di cui sono presidente nasce proprio per poter partecipare a questi progetti! Per noi la valorizzazione della lingua sarda è importante. Diventa quasi una missione. Quando ti poni come obbiettivo il fatto di dover fare capire che una lingua che, per anni, la cultura italica ha voluto relegare a dialetto, impedendo persino il suo uso all’interno della scuola o di uffici pubblici, possa essere utilizzata in un qualsiasi contesto. Se vuoi cercare di farlo capire in particolar modi ai giovani che la stanno snobbando, devi trovare contenuti appetibili a loro e non è facile. Poi chi lo sa, in futuro, potremmo doppiare in sardo anche un film di Hollywood», ha concluso il presidente di Tramudadas.
Altri protagonisti del progetto sono stati i registi Nicola Porcu e Gabriele Cossu, i doppiatori Eleonora Chighine (Olivia), Veronica Obinu (Olivia), suo padre Piero Obinu (Bruto), Sebastian Foddi (Pisurci), figlio di Maurizio, e il tecnico del suono Flavio Colombo. Com’è composto il format e com’è stato selezionato il cast?
«Il format è composto da 22 puntate disponibili su YouTube, composte da un’introduzione realizzata in lingua sarda dal giornalista ed esperto di lingua sarda Antonio Ignazio Garau e da un episodio di Popai doppiato in lingua sarda. Il cast composto da doppiatori, redazione, presentatore e staff tecnico è stato selezionato dall’editore e produttore Cheratzu. Il set delle riprese e il doppiaggio degli episodi di Popai sono stati ospitati dal comune di Pabillonis. L’intera realizzazione ha richiesto più di un anno di lavoro» – ha spiegato Nicola Porcu.
Com’è stato lavorare a questo progetto?
«Per quanto mi riguarda è stata un’esperienza sfidante ed entusiasmante, nonostante fosse la nostra prima esperienza di una produzione di questo calibro l’editore ha voluto affidarsi a noi e ci ha dato l’opportunità di lavorare insieme a professionisti di tutto rispetto che mi hanno arricchito oltre le mie aspettative. Fin dal primo giorno delle riprese abbiamo parlato esclusivamente in sardo tra di noi, con il doppiatore e con il presentatore, siamo rimasti tutti affascinati dall’incredibile padronanza della lingua di Antonio Garau che ci ha stimolato puntata dopo puntata a parlare sempre meglio la lingua mi ha confermato che anche in un contesto prettamente tecnico e lavorativo può e deve essere usata con efficacia e divertimento» – ha concluso il regista.
Per Flavio Colombo, presidente dell’associazione Benas, la partecipazione al progetto è stata frutto del caso: «Ero fan sfegatato dei progetti di doppiaggio in sardo che l’associazione Tramudadas portava avanti da tempo. La lingua sarda, soprattutto quella campidanese, troppo spesso ormai scade nel ridicolo e demenziale; quindi, mi è piaciuto fin da subito il proposito di fare un progetto serio e ho messo a disposizione la mia attrezzatura per iniziare subito il lavoro di doppiaggio» – ha spiegato Colombo.
Piero Obinu, che prima di questo progetto si era cimentato solo altre due volte nel doppiaggio, ha commentato: «Mi sono divertito tanto, il mio personaggio, “Bluto” era simpaticissimo. Progetto molto interessante, ha dimostrato che la lingua sarda si può utilizzare anche in espressioni di altra lingua madre».
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