di Anna Luisa Garau
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Anche Pabillonis si avvia verso la Pasqua, ripercorrendo le tradizioni. Durante la settimana, che precede la domenica delle palme, le abili mani di chi possiede l’arte di intrecciare le palme hanno elaborano piccoli capolavori, rifacendosi ai vecchi modelli e alle antiche tecniche, eseguite da pochissime persone. Le tecniche di intreccio sono numerose e l’estro di ogni intrecciatone crea un’opera d’arte usando tecniche antiche e personali, ricche di simboli, tramandate da padre in figlio. Le tecniche sono molteplici: dalle più semplici (ad annodatura, a raggiera, ad avvolgimento, a intreccio diagonale e perpendicolare, a incastro), per poi passare alle più complesse (incrocio tubolare, a raggiera bi-frontale, a cornetti, a mezza foglia, a treccia, a mazzetti, avvolgimento a spirale, triangolare e a ripiegamento).

Uno di questi artisti è Domenico Pia, 54 anni, che ha imparato l’arte di intrecciare le palme dal padre Antonio, scomparso diciotto anni fa. Viene aiutato dalla madre Iolanda Atzeni, 84 anni, che si occupa de “su sperramentu”, che precede la lavorazione delle palme, e dal fratello Giuseppe. Anche quest’anno si è occupato personalmente di tagliare le palme per evitare di danneggiare le piante. Le palme vengono messe in un recipiente colmo d’acqua e tenute rigorosamente al buio sino a quando assumono il colore giallo. Le abili mani di Domenico piegano e incastrano le foglie, che secondo la lavorazione prendono un nome specifico: ”su siddu”, “Sa rosa”, “sa nuxi”, che simboleggia l’unico Dio, i vizi capitali, la resurrezione, “su caboru” simbolo del peccato, ”sa cruxi” simbolo di sacrificio e di forza, e “su pàssiu”, il ramo più lungo e giallo, è riservato al sacerdote che lo usa per le cerimonie della domenica delle palme. In attesa del giorno della benedizione, le palme vengono depositate in un recipiente pieno d’acqua.
La palma ha sempre avuto un posto privilegiato nelle case dei pabillonesi: sul crocifisso appeso sopra la spalliera del letto o sui mobili e nella cassa del corredo della sposa. Si regala ai ragazzi e alle ragazze come simbolo di buon augurio. Gli uomini la conservano nel taschino del gilet o della giacca per proteggersi dal male o dalle disgrazie. La palma benedetta viene donata agli ammalati o alle persone anziane, come dono di consolazione, di liberazione dalle pene e delle sofferenze o alle persone con cui si è avuto un diverbio in segno di pace. È tradizione che alla vigilia della domenica delle palme, la vecchia palma venga bruciata, in quanto oggetto sacro non deve essere profanato. Nelle parrocchie, la cenere ottenuta bruciando le palme benedette dell’anno precedente, viene posta sul capo dei fedeli durante la cerimonia del mercoledì delle ceneri.
Le confraternite danno ancora un notevole contributo affinché questo rito si ripeta in tutta la sua solennità. Sebbene l’intreccio artistico delle palme non sia stata mai considerato “bene culturale”, costituisce indubbiamente un patrimonio di cultura popolare e ambientale validissimo, sia sul piano antropologico culturale sia ecclesiale, come espressione di religiosità popolare, la memoria del proprio passato e della propria identità collettiva, in un’epoca che sembra averli perduti entrambi.
La lavorazione delle palme dovrebbe essere insegnata alle nuove generazioni affinché non cada nell’oblio.
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