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RUBRICA

Pandemia: feste, sagre, musica, ballo e occasioni di incontro rimandate

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di Antonio Corona
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Il Covid-19 ha cambiato la vita di tutti, tant’è che si vive con maggior ansia, con più inquietudine, con minor tranquillità se non con la paura del quotidiano e del futuro. Ci mancano tante cose alle quali eravamo abituati ed in nome della salute dobbiamo sacrificare modi di vita, abitudini e tradizioni. Abbiamo rinunciato alle riunioni parentali, alle manifestazioni d’affetto e di amicizia, agli incontri nelle solennità, alle manifestazioni culturali, alla scuola con la didattica in presenza, agli anniversari, alle feste di matrimonio e a molto altro ancora, contribuendo a mettere in ginocchio una economia già precaria, sopravvissuta tra mille difficoltà alla prima ondata di coronavirus.

Abbiamo detto, nostro malgrado, no alle feste paesane, alle sagre, alle feste religiose di santi patroni o meno. Abbiamo rinunciato, obtorto collo, agli incontri allietati dalla musica in piazza. Tacciono gli strumenti come le campane il venerdì santo. Fisarmoniche e launeddas non si son fatte più sentire in pubblico per non creare assembramenti, soprattutto nelle afose serate d’estate, ma neppure nelle più rare feste primaverili o autunnali. Niente musica, né tanto meno balli e men che meno balli sardi in tondo come siamo abituati da sempre.            Ma la mancanza di aggregazione si fa sentire, la mancata musica delle varie suonate di ballo sardo che abbiamo nel sangue forse già prima di venire al mondo, ci rende meno gioviali. In molti contesti è la fisarmonica che la fa da padrona, in altri sono le launeddas ritmate dai maestri suonatori nelle pastorali di accompagnamento processionale, nel ballo ordinato e cadenzato in piazza, nel ballo effettuato negli spazi aperti delle chiese campestri per i tre giorni canonici di festa prima del rientro del simulacro alla parrocchiale. Chi ha qualche capello bianco non può dimenticare i valenti suonatori del passato che animavano come a Collinas ed in altri contesti il carnevale o che erano di casa con contratti annuali in tutte le stagioni. Qui sono passati valenti fisarmonicisti come Ignazio Erbì scomparso di recente, Fiorentino Piras, Galdino Musa, e abili suonatori di Launeddas come Efisio Melis, Antonio Lara, Aurelio Porcu e più di recente Luigi Lai, Stefano Pinna, Franco Melis, Orlando Mascia, Giancarlo Seu, Andrea Pisu e altri.

Sono stati messi definitivamente nelle custodie questi strumenti e nessuno più si esercita? Fortunatamente no. Molti ragazzi e molti giovani nei vari contesti della Marmilla e del Medio Campidano si sono avvicinati alla musica della tradizione sarda e con grande passione seguono, almeno nel periodo precedente la pandemia, le lezioni dei più abili suonatori. Coltivare quest’arte che viene da lontano è una vera passione; è una passione per la quale molti giovani sacrificano il loro tempo libero e con tenacia studiano la teoria e la storia, ascoltano le suonate dei maestri del passato e si esercitano quotidianamente per diverse ore anche in tempi di Covid-19. Tutto questo senza trascurare lo studio e la frequenza scolastica.

Nello studio teorico, molti giovani hanno appreso anche la costruzione dello strumento a tre canne. Per la costruzione delle launeddas va utilizzata la canna di fiume”arundo donax” che cresce soprattutto nel territorio tra i paesi di Samatzai, Sanluri e Barumini. La canna comune si utilizza solo per la costruzione de “Su tumbu”e delle ance, quella detta “de Seddori” invece per la mancosa e per la mancosedda poiché ha una distanza internodale maggiore ed è più spessa, fattori  questi che rendono lo strumento più robusto dandogli un timbro particolare. Importante è anche il periodo in cui debbono essere tagliate le canne: a luna calante tra gennaio e febbraio.

Su questi giovani, che sovente abbiamo incontrato a suonare nelle feste paesane (quando c’erano), c’è da scommettere che manterranno alta la tradizione della musica e del ballo sardo. Saranno i maestri di domani che insegneranno ad altri l’arte della musica sarda. Abbiamo la convinzione che su punt’e organu, su fiorassiu, mediana pipia, fiudedda e altre varie suonate non si perderanno ma continueranno, suonate dalla fisarmonica e soprattutto dalle launeddas, questo significativo strumento, che animava forse le cerimonie cultuali nuragiche legate alla fertilità. Ed è in questo lontano passato che affondano le nostre radici.

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